5 giugno 1997
VIII Seminario 'Sui margini dell'Assenza' 1996-1997
Il pensare di Homo Sapiens (=morire in assenza) è uno scandalo che tuttora sfida le leggi immutabili e fisse di cui il sistema vivente è il prodotto lungo le diverse fasi del tempo dell'evoluzione
Paolo Ferrari Allora siamo giunti all'ultimo Seminario di quest'anno; per quest'ultimo Seminario ho deciso, abbiamo deciso, una collocazione di questa nuova attività in maniera un po' spostata prima, intanto ho fatto la prima trasgressione e sono passato dall'alto invece che dal basso, invece sono sempre passato dal basso; in secondo luogo nel titolo parto col dire del pensare come attività principale di Homo sapiens la quale attività si pone già in un contesto particolare che è quello che ho chiamato 'morire in Assenza, morte in Assenza ', oppure precedentemente l'ho chiamata 'morte astratta' perciò colloco la questione del pensare umano già sulla strada, sulla pista di quello che fu, quello che sarà o quello che potrebbe essere quella nuova condizione più astratta, più vuota o vuota in assoluto o altra o a-sistemica che è quella dell'Assenza.. Come al solito dopo questa breve introduzione parlerà Susanna, poi parlerà Luciano Eletti e qui è stato a voi consegnato il sunto fatto da lui sul " IV° saggio dell'Assenza ", era già stato distribuito in parte durante i Seminari precedenti, mancava un' ultima parte, in questo ci sono anche la traduzioni in francese e inglese che ci occorrevano per una certa operazione che stiamo conducendo nelle altre lingue. E' importante porre quest'ultimo punto del fatto del morire in Assenza come principio dell'attività pensante e perciò questo venir meno di cui abbiamo parlato tutto l'anno come fondamento e come analogo, come equivalenza a quello che il sistema umano vive come morire, di questo Susanna ha illustrato lungo il percorso. Susanna credo che delineerà un percorso lungo diverse tappe di questo iter, i diversi segnavia come li ha chiamati una volta Luciano Eletti prendendo in prestito da Heidegger. Quello che mi colpisce è il fatto che queste parole, che questi oggetti astratti, a poco a poco svuotati dal loro essere enti concreti ed enti mentali, divenendo anche elementi a-mentali, questi a poco a poco entrino nel parlare anche delle persone, delle scienze, del metodo, del teatro; - oggi per esempio avendo noi mandato i titoli ai giornali - uno dei giornali nazionali nella sua cronaca cittadina, negli incontri intitolava questo nostro Seminario: 'morire in Assenza ' e questo mi ha colpito molto nel senso che colui che ha fatto questa sintesi ha dovuto astrarre ed estrarre un elemento così fondante o così fondamentale e porlo in termini come titolo di questo incontro a differenza di una serie di altri titoli che erano invece legati al luogo dove avvenivano; invece morire in Assenza era un alcunché, un astrazione posta su questa pagina di giornale e questo mi colpisce perché morire in Assenza è già il fatto di morire in Assenza è già un elemento lessicale molto particolare perché uno potrebbe dire che in italiano uno se deve morire deve morire di qualcosa non in qualcosa e questo è già un fatto, è già un invenzione di questo nuovo vocabolario* morire in A, ,questo morire in A è un qualcosa molto particolare ed è quello che segna e ha segnato il passaggio per arrivare a questo altro tipo di sistema, questo (a) sistema, morire in Assenza significa già formulare formare questa * A, questa dimensione A, questo che abbiamo chiamato fattore o funzione A che fa parte di un sistema diverso ma che non è diverso da tutti gli altri sistemi intermedi che Homo sapiens attraversa per poter arrivare al fatto di poter pensare in termini simbolici, ovvero a nominare le cose ovvero a concettualizzare ovvero ad avere quella razionalità che gli permette di definire e di fare una specie di contratto con il mondo facendolo a mano a mano esistere. Allora è interessante che quest'ultimo Seminario di quest'anno venga chiamato "morire in Assenza" perché questo è un luogo unico, è un luogo mai esistito in questi termini perché anche dal punto di vista del mio lavoro terapeutico vedo che in fin dei conti il lavoro è il fatto che l'altro, che la patologia regredisca, ma regredendo cosa significa: che il corpo, l'essere, l'onnipotenza, la tendenza pulsionale, la montagna, la concretizzazione, la pulsionalità a poco a poco possano venire meno cioè possano morire in Assenza, morire in Assenza significa che muoiono di quel sistema nuovo senza che debba esistere il fatto che debba necessariamente avvenire una morte fisica, la morte fisica è una delle tante possibili morti, morire in Assenza è una morte più complessa della morte fisica, la morte fisica è una morte semplice ma di questo ne parleremo probabilmente il prossimo anno, di tutti i vari tipi di morti. A questo punto preferisco passare la parola a Susanna che parli appunto dei vari passaggi; credo che sia il suo tema, i vari passaggi che abbiamo compiuto quest'anno lungo questo itinerario, nell'assentarsi all'interno del contesto scientifico in cui il mondo attuale si muove
Susanna Verri: Questa sera come ultimo intervento dell'anno io avevo pensato un intervento che più che altro rendesse il senso globale di tutti gli interventi precedenti, cioè un intervento da cui si capisse anche perché e come nei miei interventi mi ero trovata a parlare di temi che provenivano dalle scienze della complessità, che provenivano molto anche dalla psicanalisi qualche volta dalla psichiatria e che cosa poi siano centrati questi temi all'interno dei 'Seminari sui margini dell'Assenza' . Ero partita dal programma dei Seminari- nel mio primo intervento- perché avevo evidenziato l'area della rivoluzione culturale e antropologica proposta dal sistema sui margini dell'Assenza e poi mi ero proposta di andare a reperirne alcuni concetti e poi cercare di spiegare questi concetti andando all'origine della loro provenienza. Cioè siccome nell'area del sistema dell'Assenza alcuni concetti utilizzati provengono modificati poi nel campo dell'Assenza da discipline già esistenti, mi era sembrato utile andare coi miei interventi a definire il significato di origine, di provenienza nei campi da cui appunto provenivano questi concetti e il loro significato, cioè andare a spiegare che cosa fosse il senso del termine complessità a che cosa si riferisse in particolare e quindi con un accenno a tutta la questione delle scienze, della complessità, al senso del loro sorgere, al significato di alcuni concetti principali come quello di autoreferenzialità, di autoorganizzazione che poi avremmo ritrovato nel campo sistema ai margini sull'Assenza con un altro significato perché comunque una delle caratteristiche di questo sistema di cui ci occupiamo ad alta specificità è che ogni termine deve avere chiara - come anche nelle traduzioni quando si deve tradurre - la radice di provenienza affinché poi possa essere portato nel campo nuovo; - e quindi pensavo estremamente utile che fosse capito anche per poi essere eventualmente abbandonato comunque il significativo iniziale perlomeno a grande linee perlomeno, che fosse compreso il fatto che il termine complessità proveniva dall'ambito delle scienze che aveva costituito nell'ambito dello sviluppo della scienza e della storia dell'epistemologia anche una svolta di significato e l'entrata del senso dell'incertezza nell'ambito della scienza che si interrogava su se stessa e su come procedere alla ricerca anche di nuovi modelli e di nuove leggi su cui fondarsi e attraverso cui scegliere gli oggetti del suo procedere per poter spiegare un mondo, una realtà che con lo sviluppo delle conoscenze diventava sempre meno spiegabile attraverso parametri riduzionisti che proponevano dei criteri di linearità di semplicità e di unificazione per poter essere compresi. Così questa avventura, questa sfida della complessità è entrata nel mio discorso, dicevo per poter essere poi abbandonata e fare posto successivamente ai temi a me più vicini, anche più vicini ai miei interessi che sono quelli che abbiamo toccato provenienti dall'ambito della psicanalisi, in particolare partendo da quella che avevo evidenziato come questione nodale, cioè quella di eros e thanatos; cioè avevo prefissato l'intento di andare un pochino più da vicino a capire che cosa fosse questo thanatos o questa pulsione di morte o questa morte concreta di cui più volte poi abbiamo parlato o questo equilibrio vita-morte che fissa Homo sapiens a una storia passata e che invece nel programma dei Seminari pensavamo di proporre, potesse essere poi superato all'interno della rivoluzione di cui stiamo parlando. Allora mi è interessato il saggio di Freud 'al di là del principio di piacere' in cui vi è posta la nascita di thanatos insieme a quella della pulsione di vita e anche in cui thanatos o pulsione di morte è avvicinata o letta come "coazione a ripetere" perché la fissità prodotta nel sistema Homo sapiens dalla coazione a ripetere è quella con cui tuttora e continuamente ci confrontiamo è quella con cui il pensare gioca la sua sfida continuamente, per in qualche modo fare un varco, per far sì che questa tendenza alla fissità, al ritorno comunque immutabilità delle strutture dominanti possa in qualche modo recedere. Avvicinandomi alla psicanalisi avevo poi pensato che potesse essere interessante procedere e infatti me ne sono interessata per quattro interventi perché mi era venuta questa idea di seguire un filo logico mentale mio che fosse quello di rintracciare come delle premesse all'interno del discorso psicanalitico, cioè concetti che potevano essere letti dallo specifico punto di osservazione nostro, dal campo, cioè del campo mio anzi in questo caso, perché mi facevo lettrice di questo punto di osservazione; allora quei concetti che nella psicanalisi potessero costituire in qualche modo una premessa ai temi di cui ci occupiamo nel campo dell'Assenza. In altri termini sono andata a cercare alcuni dei punti principali, negli autori principali, per una lettura che cercasse anche di essere sufficientemente a maglie larghe e quindi adatta anche ai non addetti il più possibile per lo meno, i punti in cui il venir meno, la mancanza la frustrazione o diciamo o comunque la citazione di un'angoscia di una perdita diventassero un punto di trasformazione del soggetto o comunque di identificazione del soggetto, di strutturazione e di formazione di una premessa di un rapporto con la realtà e con l'altro; e così ci siamo avvicinati al pensiero della Kleine e poi di Bion e poi di Lacan, seguendo questo filo di un'angoscia, di una perdita che portava per esempio nella Klein alla possibilità della formazione del rapporto con l'altro o del pensare sé separato dall'altro e quindi dalla formazione della relazione della madre come oggetto differente da sé, non solo come oggetto parziale sodddisfatore di un desiderio attraverso le posizioni schizoparanoide e poi depressiva, quindi attraverso la posizione depressiva nasce la madre come separata da sé, - attraverso l'angoscia anche di morte che si vive in questa situazione nasce la madre come separata da sé per la Klein in una dimensione relazionale che ho introdotto in quel caso all'interno del Seminario in cui si iniziava a parlare di affettività, di una affettività di tipo particolare perché parlare di affettività nell'Assenza non è il senso comune in cui si intende comunemente, ma nel mio discorso comunque ho seguito questo accostamento , e quindi nel Seminario in cui c'era la citazione dell'altro e quindi l'avvicinamento anche al tema anche dello scarto costituito dal sistema Assenza rispetto al sistema dominante, ma in una prospettiva affettiva, ho proposto questo discorso della psicanalisi Kleiniana e della formazione della relazione con l'altro da sé. Con questo esempio voglio anche indicare come io abbia cercato seguendo tutto il filo poi anche di tutti gli altri temi e quindi anche come è avvenuto poi con formazione dell'identificazione del soggetto che passa attraverso l'Edipo tra l'immaginario, al simbolico, attraverso la castrazione e altri temi ancora. Comunque come ho cercato sempre due cose principalmente, il primo di parlare dei temi di cui mi occupavo ma il più possibile da un punto di osservazione, che vi dicevo prima essere privilegiata, e quindi all'interno del discorso specifico che questi temi richiedevano e quindi nel loro linguaggio il più possibile da un certo punto di vista, quindi con il più possibile rispetto diciamo dei termini e delle logiche psicanalitiche, dall'altro però con una prospettiva orientata verso il campo dell'Assenza che è quella di cui noi poi ci occupiamo sostanzialmente; quindi con uno scarto dentro di me se posso usare questo termine che è stato uno dei temi principali dei seminari di quest'anno comunque con una differenza, con una distanza comunque rispetto a questi temi che pure usavo ma che andavo osservando e proponendo dal punto di vista specifico nostro di osservazione. L'altra cosa era la relazione che dovevo comunque porre col tema del Seminario e quindi col tema alto del 'pensare in Assenza' partendo invece dalla mia proposta di un pensare diciamo ordinario e di temi proveniente dalla cultura esistente, cioè ho cercato di far sì che i miei temi si iscrivessero all'interno del tema ampio del Seminario, formassero quindi con questo come una linea a due voci, - se posso dire così - in cui il mio discorso procedeva per la sua linea variando cioè continuando a produrre da Seminario in Seminario sia una progressione logica che è quella a cui vi ho accennato sia anche una variazione di temi e di concetti all'interno invece del discorso globale del Seminario che in qualche modo si può leggere come sempre lo stesso, come comunque un unico tema oscillante che viene riproposto ogni volta ad ogni Seminario variando o con articolazioni diverse o con declinazioni diverse ma sempre restando nella sua centralità di tema dell'Assenza. Questa differenza delle due linee diciamo, delle due voci proprio per la loro differenza intrinseca, proprio per quello che è il tema del Seminario di questa sera, cioè del pensare di Homo sapiens che ancora è scandalo, e quindi che ancora sfida o deve sfidare queste leggi immutabili e quindi ancora dal mio punto di vista per relazionarsi col sistema più amplio aveva bisogno di tutto questo lavoro, di tutto questo variare, di tutto questo cercare anche nuovi concetti da proporre in modo da poter rientrare all'interno del progetto più amplio che era quello che veniva proposto nel Seminario. Io dire, mi fermerei a questo punto perché ho dei problemi di non occupare troppo tempo relativamente anche allo svolgimento dell'intervento anche degli altri. Luciano Eletti: Il tema è pensare = morire in Assenza. Visto che si tratta del Seminario di chiusura anch'io (farò), mi ricollegherò a due volte fa visto che l'ultima non è riuscita. Sempre restando su quel margine e quel richiamo che contiene una differenza totale rispetto al nostro discorso. Per esempio due mesi fa avevo accennato a quel curioso passo di Platone nel Fedone in cui si dice che pensare è meditare sulla morte, io a questo punto direi meditare la morte, esercitarsi a morire, anzi detto tra virgolette, Platone a un certo punto, Socrate per lui afferma che filosofare altro non è che prepararsi a morire. Nietzche affermò una volta che Socrate volle morire, penso che avesse ragione nel senso che da questo punto di vista anche il pensiero Platonico ha questo contenuto che poi prende altre strade, d'accordo stoiche in filosofia non lo vedo lo vedo però esiste. Come avevo accennato anche ha quello strano percorso che il concetto percorre nella filosofia Hegeliana in cui la vita dello spirito, Hegel usa questa parola ormai desueta per affermare questo percorso faticoso, del concetto che deve accettare la morte, dimorare presso la morte, deve sopportare la morte per poter essere ciò che è . Però ci sono anche altri, Hegel poi lo riprenderò dopo, ci sono anche altri temi che ricorrono questa strana modalità nuova che Homo sapiens tutto sommato ha dentro di sé, che deve sviluppare, per esempio nella religione, nella nostra tradizione culturale esiste questo tema ovviamente sottaciuto, non bene indagato. Pascal che era uno che non temeva di dire cose un po' crude disse per esempio anche che la religione cattolica è una grande religione, ha grandi esempi di santi, profeti, miracoli, però tutto questo, questa saggezza che è implicita nella tradizione biblica, di tutto ciò la religione a un certo punto si disfà, non ne sa nulla più né di saggezza né di miracoli perché quello che conta è la croce la follia della croce; e qui Pascal si rifa' come ovvio a San Paolo soprattutto alla prima lettera ai Corinzi, una lettera chiave nella storia del cristianesimo,, tanto é vero che per riprendere Nietzsche; Nietzsche asseriva che fu Paolo a fondare il cristianesimo. E c'è questa ripresa, questa parola che è usata anche dal titolo, dello scandalo che è la pietra d'inciampo;. nella prima ai Corinzi in un discorso che era difficile da sopportare, è molto rozza e molto geniale allo stesso tempo; San Paolo però pone una questione molto semplice uno non viene a portare la saggezza, lui dice i Giudei cercano i miracoli, i Greci la sapienza, il nostro messaggio invece è Cristo crocefisso, che scandalo per i Giudei e follia per i Gentili e qui mi ricollegherei facendo un salto un po' grande ma che sta nel discorso di un autore medioevale che secondo me ha capito benissimo quello che è la scoperta Paolina, che Eckart che pure era stato ricordato due mesi fa, in una predica in volgare proprio sulla folgorazione sulla via di Damasco ha una interpretazione che non va letto da nessuna altra parte e che rende bene questo scandalo del messaggio di San Paolo. Il passo normale della vulgata dice che quando Sauro si alzò da terra non vide nulla, invece Eckart vede tutt'altro, cioè quando Sauro si alzò da terra benché avesse gli occhi aperti vide il nulla, riconobbe che il nulla era Dio, riconobbe che tutte le cose in Dio sono nulla, e non si capisce secondo me lo scandalo della croce di San Paolo se non si ha l'esatta interpretazione di Eckart. Eckart che poi è un autore chiave anche nella formazione al pensiero Hegeliano che ha grandi influssi dal neoplatonismo ed Eckart era un mistico speculativo come piaceva ad Hegel, in Hegel c'è questa altra curiosa affermazione veramente scandalosa che cioè Dio è morto, questo evento duro e assolutamente totale perché questa morte di Dio è una differenza assoluta, Hegel dirà che questo avviene alla religione, nella religione storica del cristianesimo come fatto che giunge storicamente con l'incarnazione di Gesù Cristo, in realtà la cosa è ancora più scandalosa e si ricorda che per Hegel la religione è una raffigurazione del concetto, che nel concetto è la verità della religione, quindi vuol dire che il concetto è in sé l'assoluta differenza, era quel dimorare presso la morte che dicevo prima, che è il percorso del concetto nella fenomenologia; occorre guardare in faccia il negativo e dimorare in esso, questo è il senso di questa fatica che occorre intraprendere, perché non si tratta secondo Hegel, se voi vedete ci siamo spostati e il problema è più cruciale perché riguarda il pensare nel senso stretto, non riguarda più la morte di Dio che è solo una raffigurazione perché il pensare non può limitarsi a dire se qualcosa è vero o falso; non c'è nulla di vero o di falso bisogna accettare di stare, di stare nel negativo così come Gesù Cristo nella raffigurazione della religione assoluta accettò la morte, se non si ha pensare speculativo, e questo è il modo che è noto d'intendere fenomenologia che però credo non sia poi nei fatti veramente preso in considerazione. Questa morte di Dio che è il venir meno del concetto è la stessa cosa di quella stoltezza della croce di cui parlano Pascal e San Paolo ed è la stessa cosa della morte di Dio, allora mi sembra che ci sono diversi elementi nella storia della cultura che in qualche modo prefigurano il "morire in Assenza " anche se poi le strade sono diverse, neppure Hegel dice stare nella morte, questo è noto, poi tende a rinchiudere in un sistema questa scoperta che è notevole perché si inserisce veramente in una tradizione plurimillenaria, guardando bene come ho tentato di fare prima e allora nella morte di Dio hegeliana c'è il morire della specie, invece riguarda il nostro discorso, cioè pensare in Assenza oltre a raccogliere il testimone per così dire di queste strane annunciazioni che alcuni dotti diciamo da un secolo all'altro si sono rimandati, occorre pensare che questo pensare equivale al venir meno dell'animale in noi, della vecchia specie, vecchia specie che come è detto invece all'inizio del IV° saggio ha una incredibile tendenza ad accumulare, invece in qualche modo l'esperienza umana , questo accumolo non va da nessuna parte, vuole semmai scavare sotto questo accumolo fino a farlo cadere, questa è una scoperta che qui noi sviluppiamo in modo che Hegel avrebbe pensato come una assoluta differenza Paolo Ferrari: Bene, mi piace prendere in mano questo testimone di questa morte astratta che attraversa la storia come potrei chiamarla io. Quello che mi sembra da dover dire è che questo morire in Assenza significa che è quello che abbiamo cercato di illustrare e poi significa molto di più ,ma elementarmente significa il fatto che il pensare non può accadere se nel bambino e quindi nella specie umana avvenga quel fatto, quel fatidico elemento che è il venir meno di un qualche cosa e quindi che è il venir meno dell'animalità, il venir meno della pulsione è l'accettare che la madre esca dalla porta, è l'accettare il venir meno della schizofrenia dell'animale stesso, dell'animale uomo, teniamo conto che in generale si dice che l'animale sia un essere felice e che l'uomo si sia trovato a metà strada e che quindi sia un essere infelice, l'animale molto probabilmente nella sua naturalità è un essere che non è felice né niente siccome non ha consapevolezza o autocoscienza non è né l 'uno ne l'altro e quindi la natura non è felice né infelice, ma la natura che rimane all'interno del sistema umano Homo sapiens ,nel procedimento evoluzionistico, questa natura rimane come elemento schizofrenico, come elemento di scissione, di frammentazione di quello che è la possibilità di un pensare che invece pone a al suo interno l'unità o la doppia unità, la complessità vuota e quindi la liberazione dal momento naturale o naturalistico. Perciò già come mi pongo io, ci poniamo, è il fatto che tutto questo è già contrario a tutti i moti o ai movimenti che ci sono in generale gradualmente? nel mondo di certi tipo spiritualistico, di questa tendenza al ritorno alla natura, ritorno alla mamma, ritorno alla terra, di quello che è il ricordo, di quello che è la memoria, tutto quello che noi poniamo qua è già un andare oltre, un andare avanti e questo è un elemento che è estremamente distintivo rispetto a tutti quelli che sono i movimenti alla ricerca di quello che è stato chiamato lo spirito; lo spirito di cui noi parliamo è lo spirito assente, cioè lo spirito che non è, capace di non essere. Allora da questo punto di vista è uno spirito che accetta anche esso stesso di scomparire, cioè è uno spirito che è capace di morire come la natura è capace di morire, cioè tutti questi enti sono capaci di morire, cioè morire vuol dire venir meno. Il morire di cui noi stiamo parlando, questo morire in Assenza significa che non ha degli equivalenti, diciamo nella evidenza dello cose concrete, cioè che non è equivalente al morire concreto, cioè non è il morire fisico - intendiamoci bene -, perché è comunque spostato su un altro piano che è un piano più astratto, non è il morire che segue il vivere, noi continuamente pensiamo essendo figli dell'animale o della natura pensiamo prima il vivere, in seguito a questo pensiamo dall'altra parte il morire, come il vivere che scompare, che viene meno, che s'interrompe, s'inciampa; * Queste equivalenze, questo è il ciclo normale della natura che ha come ciclo come procedimento il fatto del morire e che poi s'interrompe, che si chiude talvolta con il morire, già tutto il processo in Homo sapiens questo è già un procedimento molto più complesso, quando una persona anche in terapia oppure quando il bambino cresce, quando si dice che cosa significa maturare, è molto difficile spiegare a una persona cosa significa arrivare a poco a poco, poter conquistare a poco a poco dei pezzetti della sua maturazione psicologica, mentale, a-mentale, affettiva, perché sono dei piccolissimi elementi che sono stati chiamati fino adesso in generale che è una maturazione affettiva, una maturazione intellettiva, una maturazione razionale; questa maturazione significa che il sistema ha accettato di venir meno, cioè di morire di quel vivere che gli è in eccesso, cioè di poter sottoporsi e diventare quindi soggetto, il vivere diventa soggetto, a mano a mano se ci fosse soltanto la totalità del vivere nessuno sarebbe soggetto, non sarebbe nata la storia, non sarebbe nato il pensare, non sarebbe nata la storia, non sarebbe nato il soggetto;- soggetto vuol dire essere soggetto a sé , è già un alcunché che si piega come il bambino e nasce dall'altra parte, ruota e nasce. Allora abbiamo queste varie mosse sulla scacchiera, quello che dicevo prima del fatto che lo spirito impari a venire meno questo potrebbe essere un suggerimento a Hegel, non so se Hegel accetterebbe questo spirito che è capace di venire meno probabilmente sì, è la morte dello spirito, morte dello spirito, ma il quale spirito non è che muore nella non complessità, muore nell'altissima complessità, cioè oltre natura, allora noi quello che stiamo disegnando sono tutti elementi, elementi che sono oltre natura, cioè a noi non importa più che cosa sia il corpo, che cosa sia una faccia, che cosa sia un piede, che cosa sia una sessualità, che cosa siano tutti gli estremiti, ma c'importano nella loro unità e nella loro complessità, cioè il corpo la mente, il sesso, la gamba il piedi, tutti questi devono essere capaci di trasfigurarsi in una entità più complessa per avvicinarsi al fatto che sono capaci di venire meno, cioè di morire, morire del loro eccesso di vita che si portano appresso dall'antica natura; ovvero Homo sapiens ha il terribile destino il fatto di essere in eccesso naturale rispetto a quello che sarebbe la sua capacità, la sua capacità di esistenza che è una capacità di esistenza che è molto più umana in un certo senso, è molto meno eccitata di quello che invece è il vivere che nasce dalla cellula la quale invece ha bisogno di moltiplicarsi, la quale cellula non ha solo bisogno di moltiplicarsi ma che impara anch'essa ad autodeterminarsi, a determinare i sistemi pluricomplessi accettando anche la cellula stessa un fenomeno di cui abbiamo già illustrato l'anno scorso,che prenderemo anche questo, l'apoptosi e cioè la cellula impara nella relazione con altre cellule essa stessa a morire per potere dare luogo a sistemi più complessi. Allora quello che noi vediamo è che c'è questo morire in giro nella storia umana, ma è questo morire è un morire affettivo, è un morire d'altro tipo, non è il morire che sarebbe l'opposizione della vita eccitata con la morte la quale soffoca questa vita eccitata, cioè la rende quieta, cioè rende possibile il fatto che l'evoluzione possa continuare il suo tragitto. Allora dicevo che il nostro percorso è un percorso in un certo senso rettilineo, pur diceva Susanna giustamente che quello di cui stiamo parlando è sempre in un certo senso la stessa cosa la quale ha continuamente un piccolissimo scarto, passa da questo punto qua, questo punto qua, punto qua, sono questi piccolissimi scarti, ma questi piccolissimi scarti sono degli infiniti, sono degli universi, ogni volta che io parlo produco conduco l'esistenza di un universo, perché questo è un piccolissimo scarto, ma questo piccolissimo scarto è all'interno di un processo svincolato dalla vecchia natura quindi è capace di questo venir meno dello spirito, questo venir meno di Dio e quindi questo potere diciamo di poter produrre un universo in Assenza e quindi di produrre un concetto che è capace di svuotarsi di se stesso e di produrre un'alterità questo è un pensare in Assenza, un pensare in astratto, è un morire continuamente in Assenza, per dare luogo a questa alterità che è lo scarto di cui continuiamo a parlare. Ora anche questo come pensare è uno scandalo rispetto alla natura, rispetto all'evoluzione, anche questo di cui sto parlando è uno scandalo, nel senso che siccome di questo non si ha avuto realmente un'esperienza , una esperienza continuativa, cioè una esperienza continuativa, cioè un esperienza autoconsapevole realmente; come diceva Luciano e mi interessava molto ci si è molto avvicinati, cioè i miti umani, le religioni umane , i miti, la storia, la filosofia, queste grandi concettualizzazioni si avvicinano, cioè dicono: 'guardate che c'è un qualche cos'altro", c'è un qualche cosa che implica questo scarto, cioè per esempio la morte in croce è probabilmente uno scarto, uno scandalo rispetto a quello che fino a quel momento storico era successo, ma questi miti, queste religioni non adombrano in un certo senso, o Platone stesso dice il mito della caverna, cioè c'è una dimensione che molto probabilmente è diversa da quello che il pensiero umano riesce per il momento a vivere o a esigere o a produrre in termini di realtà, questa alterità, questo ulteriore fatto è quello che io ho chiamato Assenza,? perché Assenza , perché in realtà essa non è esperibile nell'ambito dell'autocoscienza del sistema come funziona adesso, perché è un (ha-)sistema, io ne ho autocoscienza, io ne posso parlare ne sto continuamente parlando. Ma allora si pone questo problema in generale, io non è che avendo incontrato questo sistema o avendolo insieme costruito, vissuto, esperito, esperito continuamente questo morire in Assenza, che questo sia realmente il fatto che questo si possa incontrare, questo è una cosa che in un certo senso non so, non so perché io non lo sapevo prima, sapevo che a mano a mano esisteva un sistema diverso, perché io vivevo contemporaneamente l'esistenza di due sistemi, un sistema complesso dell'organizzazione di Homo sapiens come era, e contemporaneamente un sistema che stavo sviluppando che sentivo che era più complesso, che aveva all'interno questo elemento di vuoto che era lo scarto, che aveva la differenza, in un certo senso la differenza assoluta, anche non mi era così chiara questa differenza assoluta, ma questo poi ha prodotto a mano a mano, è diventato esso stesso la differenza, io sono entrato in questa differenza, io non so se questa differenza sia conoscibile attualmente da Homo sapiens, chi sia questo Homo sapiens, questo Homo sapiens da che parte possa realizzarsi, anche perché quello di cui stiamo parlando in fin dei conti come vi siete ben accorti non è un pensiero consolatorio, io dico questa differenza di cui vi sto parlando, questo mi permette di discutere, di produrre, di dare luogo a tutti questi altri sistemi di cui la storia si è occupata per cui da questo punto di vista è interessante vedere come Lacan pensa la differenza, oppure come la ripetizione di Derida come funzioni, oppure perché Hegel pensi così, oppure perché nel cristianesimo c'è lo scandalo della croce, oppure perché nel buddismo c'è il vuoto o cosi via; cioè da questa posizione è interessante vedere questi sistemi come funzionano, è interessante e si capiscono, finalmente cioè si collocano, però nello stesso tempo il fatto che questa differenza non è nel punto del raggiungimento in un certo senso, questa differenza è la possibilità eventuale di un incontro, porta con sé la differenza nel senso che questa essendo la differenza assoluta in un certo senso non è mai consolatoria, cioè io dico qui noi possiamo incamminarci possiamo dire che facciamo questo pezzettino, la maturazione, questo sistema muore in Assenza, un pezzettino muore in Assenza e infatti io vedo che nel lavoro terapeutico un pezzettino del sistema muore in Assenza, si forma una maturazione , l'onnipotenza viene meno, il linguaggio si forma, una realtà più unitaria si forma, l'elemento magico tende a scemare, si afferma di più un procedimento razionale, la testa si apre, la relazione con la realtà come alterità si forma, e così via. Tutto questo io dico:* è nell'ambito assente, è Assenza, già ci sono in Assenza , già questo pensare che ho posto oggi come morire in Assenza cioè questo è un piccolo ambito, ma questo non è consolatorio nel senso che non c'è consolazione nella maturazione, la maturazione è dolente, è dolorosa, cioè imparare ad esistere per Homo sapiens è dolente anche se questo dolente porta con sé il fatto che è comunque luminoso, è luminoso nel senso che non è più animalesco, cioè non è più schizofrenico, non è più frammentario, non è più anaffettivo; allora tutto questo è un paradosso nel senso che io dico: 'c'è uno scarto comunque tra il pensare Homo sapiens di cui abbiamo detto rispetto a questa differenza assoluta', c'è comunque uno scarto, per arrivare a questo scarto non lo so quale sia la strada perché uno scarto, quindi è un'alterità, è probabile che questa situazione di autoorganizzazione nel nostro cervello ci sia già, ma come dicevamo già anche nel Seminario dell'anno scorso, non dell'anno scorso ma del mese scorso in tutto il sistema del cervello funziona secondo certi schemi che si porta ancora appresso dall'evoluzione dell'animale, cioè dalla cosa cioè dalla pianta chissà da dove se lo porta dietro. Qui ci sono una serie di schemi che impediscono la possibilità di uno scarto perché lo scarto significa il fatto che il sistema accetterebbe in sé stesso di morire fino in fondo che è un morire molto più grande, molto più aperto, molto più consapevole che non il morire fisico, è un altro tipo di morire, è una totalità, è una differenza totale, allora io ho detto una volta: occorreranno quattro milioni di anni, però contemporaneamente io dico: "guarda che strano, questa parola Assenza incomincia a girare per il mondo, uno ne parla, nel teatro se ne parla, si parla del teatro dell'Assenza, si parla del teatro del nulla, oppure l'altra volta avevamo visto il fatto che il nulla sta diventando l'elemento fondante del pensare filosofico, sta diventando del pensare politico, sta diventando questo nulla, che comunque essendo nulla , è comunque rispetto al pensare umano nel pensare una cosa è comunque uno scarto e quindi un principio di uno scarto. Allora c'è un grosso paradosso, c'è il fatto che questo sistema che io una volta ritenevo più facile da comprendere in un certo senso, da avvicinare perché c'era uno scarto talmente grande che paradossalmente mi sembrava più semplice, adesso mi sembra sempre più difficile ci nel senso che occorre proprio un pezzettino, cioè la persona accetti di fare un pezzettino di strada, cioè fare un piccolissimo passo di maturazione, la maturazione nel fatto che questa persona diventa un pochetto più affettiva, diventa più razionale, diventa più capace di riconoscere l'altro questo è un pezzettino di questo pensare in Assenza,, è un pezzettino di un autoconsapevolezza maggiore autoconsapevolezza anche di sé che viene meno, io credo che a un certo punto la persona possa intuire il fatto di che cosa vuol dire venire meno, che cosa sia questo morire in Assenza da un punto di vista della complessità ma nello stesso tempo come questo diventa sempre più complesso e quindi l'accettazione di piccolissimi passi, io mi pongo la domanda: è possibile arrivare a questa differenza assoluta? Esiste questa differenza assoluta? In certi momenti mi pare che il cervello sia preparato, sia autoorganizzato, però ci sono tutti una serie di schemi che lo riconducono sempre dentro la sua gabbia diciamo di non trasgressione ma nello stesso tempo nella realtà, nel mondo da quando abbiamo incominciato a parlare di questo sistema, questo sistema il nulla, l'Assenza incomincia a essere parlato come se fosse una cosa abbastanza ovvia mentre fino a dieci anni fa, quindici anni fa nessuno ne parlava, si vede che storicamente siamo alla fine di un secolo, c'è un passaggio da un secolo all'altro, ci sono una serie di elementi che vengono meno, c'è una caduta di un qualche cosa, c'è una crisi di un qualche cosa, questa crisi sta facendo venire alla luce questa possibilità di oscillazione maggiore di differenza. Tutto questo tema anche quello politico, quello sociale che sarà anche lo studio di queste crisi del sistema, lo studio del nulla, della morte, anche dei diversi stadi di questo non essere sarà il tema del prossimo ciclo. Un ultima cosa mi sembra interessante vedere da questo punto di vista che mi sembra che, quello che riuscivo a formulare l'altro giorno, era che il cervello cosa faceva in questa fase? Cosa aveva fatto fino adesso nella storia, nella evoluzione, nella situazione di Homo sapiens,, cioè questo mondo che il cervello si è costruito, che si è fatto sembra che sia nella sua parte più evidente, nella sua parte più concreta , che sia continuamente la risposta di un cervello , della neocorteccia che ha incominciato a essere consapevole di sé , consapevole della sua possibilità del non essere, al fatto che la vita, comunque perché la neocorteccia che è la parte più sviluppata del nostro cervello, l'ultima parte che si è sviluppata , con lo sviluppo della neocorteccia la vita quella che era la vita animale, quello che era la vita naturale, quella che era la vita biologica, ma anche quella che era la vita dell'universo, quello che è la materia dell'universo ha dovuto accettare di venir meno, a mano a mano in un certo senso sta accettando di venire meno, mentre sta accettando di venire meno il cervello, in cui alcune sue parti e non nelle sue parti più sviluppate non può fare a meno di buttare fuori immagini, forme, figure. Cioè quello che noi vediamo, questa rappresentazione che io dico che da un altro punto di vista dal punto di vista vuoto, dell'Assenza è vuota, dal punto di vista degli schemi del cervello è come se fosse l'ultimo tentativo che il cervello fa per far esistere una cosa perché sta accorgendosi, essendo il cervello ancora figlio da un punto di vista della natura, si sta accorgendo che la natura si sta ritirando, che la natura sta morendo, sta venendo meno e allora il cervello è obbligato in un certo senso è spinto a costruire questa rappresentazione che in realtà è ancora una finzione, non è una realtà più sottile, non è una realtà di questo tipo, non è questa realtà vuota, questo (a-)sistema di cui stiamo continuamente parlando. Cioè tutto questo mondo che abbiamo costruito, anche concetti, fanno parte del tentativo del il cervello di compensare in continuazione il fatto che la vita sta imparando a venire meno almeno di quella sua parte in eccesso. Mi fermo
A voi la parola
Allora se non si sono domande faccio un po' di musica
Nadia Morandotti: Per pensare in Assenza potrei augurarmi che come vivessi in quel quadro però sono anche fuori dal quadro, cioè per pensare in Assenza vedo anche una realtà magari che vuole ma la vedo dall'esterno non so come dire e come se fossi fuori dal quadro, che vedo il quadro da lontano e vedo una globalità più complessa, che non è semplice come se fossi dentro il quadro a guardare. Paolo Ferrari: Non è proprio così, quello significa il fatto che è comunque una posizione che ha preso la visione del mondo da una collina come vedere le cose poste in alto e vedere gli oggetti come si muovono o il mondo come si muove, siccome non è concepibile dal punto di vista esperienziale, mi sono accorto a mano a mano che non è concepibile, questo pensare in Assenza significa, prima di tutto vediamola da un altro punto di vista, siccome non è un oggetto, non è una cosa è un elemento a diversissime facce quindi di grande complessità, di una trama molto complessa allora quello che semmai è più interessante vederlo da un punto di vista che cosa potrebbe essere rispetto al quadro e quindi che potrebbe essere anche giusto rispetto al fatto di vedere un certo tipo di distanza cioè di poter vedere l'altro non essendo dal didentro poter uscire di fuori ma questo è soltanto un esempio, pensare in Assenza sarebbe in un certo senso il passaggio, cioè uno se lo può non prefigurare ma comunque la differenza che un uomo adulto può rispetto al bambino impara a concettualizzare , cioè un uomo adulto invece che segnare un oggetto con un dito incomincia a saperlo nominare, il fatto per esempio di nominare un oggetto che il bambino non è capace di fare, che l'animale non è capace di fare, questo qua è già, è una prefigurazione di quello che potrebbe essere il fatto che oltre che concettualizzare si potrebbe fare un qualche cos'altro che è ancora più astratto che non il concettualizzare, cioè il linguaggio che gli umani che gli uomini hanno rispetto a quello che sono i versi animali questi qui è già un assenza cioè un pensare in assenza rispetto a quello dell'animale, per pensare, per fare un ulteriore passo sarebbe come se questo linguaggio facesse un ulteriore passaggio, che è lo stesso passaggio che è avvenuto tra quello che era un verso animale e quello che è il linguaggio umano, ma è per quello che io dico che non voglio neanche prefigurarlo, perché non si può prefigurare; significa il fatto, è un passettino per volta , è il fatto che se una persona a mano a mano non so nella sua vita si accorge che vede appunto uno spazio in maniera più complessa, in maniera più unitaria, non è più appiccicato per esempio questo è già un pezzettino di quello che io chiamo 'pensare in Assenza'. Nella sua formula assoluta uno non si può immaginare perché dovrebbe aver trasformato completamente tutta la sua struttura corporale come l'animale ha dovuto trasformare tutta la sua struttura corporale per diventare un umano. Perciò se uno vuole comunque per forza prefigurarselo perché questa comunque è la tendenza umana è il fatto di come quando una persona prima non sapeva sviluppare una serie di concetti in astratto, poi improvvisamente si accorge che una serie di concetti riesce a formularli, il fatto che se una persona non so prima non riusciva a parlare con l'altro perché si proiettava nell'altro invece riesce a rimanere al suo posto questo riesce a rimanere al suo posto questo è già un pezzettino di questo che io chiamo in assenza, nel senso che ha già capito qualche cosa di più cioè ha già imparato ad essere più astratto, il fatto che per esempio prima una persona vedeva il mondo tutto chiuso, tutto molto concreto, tutto molto legato a una sessualità primitiva, questa sessualità che si sviluppa diventa più affettiva, diventa più emozionale, diventa più integrata nella sua femminilità, prende degli elementi o maschili o di altro tipo questo qui è già un elemento che si può prefigurare come un cammino verso quest'altro campo che è più vuoto che è più assente; quello che io chiamo in Assenza poi è un ulteriore passo che non voglio neanche che sia in discussione, quello che mi interessa è parlarne da questo altro punto di vista e dire 'guardate che c'è questo ulteriore punto" attraverso questo si possono vedere molto meglio gli altri fatti, come se fosse un punto di osservazione di cui mi sono posto, ma adesso non è il momento di passare su quest'altro piano non è possibile, non è possibile prefiguraselo, per quello è preferibile dei piccolissimi punti e una persona incomincia ad avere una consapevolezza, per esempio sente che è più unitario, che è meno scisso, che non ha bisogno di rispecchiarsi nell'altro per riconoscere, tutti questi sono dei pezzettini assenti; se questo portasse nella sua differenza assoluta questo è l'assenza. Fabrizio Stangalini: Paolo, a me sembra che nella tua reticenza voluta nel dare delle definizioni del "pensare in Assenza" mi viene naturale quasi pulsionale pensare che una parte di questo, non della tua reticenza, ma che il pensare in assenza sia comunque il superamento dell'astrazione, cioè che ormai l'astrazione faccia parte di un passato, cioè che il pensare in Assenza richieda comunque il superamento già della capacità che l'uomo dovrebbe avere o possiede di astrarre. Paolo Ferrari: Sì semplicemente non è una mia reticenza, io dico che è un (a-)sistema , quando dico un (a-)sistema vuol dire che un non sistema che quindi è un'alterità, è quello che diceva Luciano prima è una differenza assoluta, l'unica cosa che posso dire che siccome è un sistema che è al di fuori del sistema l'unica cosa è dire la differenza, se uno è capace di entrare in questa differenza vive questa differenza certamente, ulteriormente ha questa capacità di astrarre perché di solito tra le altre cose nell'astrazione, nel processi di astrazione umano di solito l'astrazione è molto poco affettiva manche questa capacità di entrare in una relazione affettiva complessa , già questo cammino indica il mio modo di comunicare il fatto che o la mia musica, in qualsiasi delle mie espressioni questi visi che io faccio, nella pittura, nella mia percezione alta dello spazio, tutto quanto ha questa chiamiamola tra virgolette "vibrazione assente affettiva", e quindi che è ben altra l'astrazione, certamente quello che io dico l'astrazione è il cervello che sente che la vita, che è dentro il cervello che sta per finire o che deve finire butta fuori questo elemento sottratto che è il tentativo di pensare questo suo finire. Certamente è il superamento di questa astrazione ma nel senso che non è la reticenza, è il fatto che essendo un (a-)sistema, un sistema altro è inutile che andiamo a definirlo per forza, nel senso invece quello che mi sembra più interessante, quello che sto cercando di fare il fatto di vedere tutti i valori che questo (a-sistema) può porre nel senso di osservare tutti gli altri campi come si muovono nel fatto che l'unità maggiore di un individuo, la capacità di relazionarsi con lo spazio in maniera diversa, la temporalità sui diversi piani, sono già fatti che io chiamo astrazione ma perché non ho altro termine, chiamo astrazione nei termini che in un certo senso dicendo astrazione chiamo ciò che Hegel chiamava "essenza", l'essenza ma in questo caso è l'essenza dell'ente, diciamo per esempio dello spazio è lo spazio che si fa essente, che è nella sua sintesi massima ma nel momento stesso che è anche sintesi che è anche spirito diventa (a)spirito, diventa assente, cioè diventa (a- sistema) ma ultimamente nell'ultimo anno mi sono fermato su questa soglia perché prima credevo che questo elemento fosse ente comunicante, se ne potesse avere l'esperienza, io dico se ne può avere un esperienza perché il cervello umano, probabilmente lo contiene già come un ante, è già un elemento ante, però essendovi tutti gli schemi, tutto gli elementi, tutto l'inconscio, tutti gli elementi, non può averne l'autocoscienza Fabrizio Stangalini: Anche perché il nostro linguaggio al massimo che si riesce è esprimere questo ma almeno per quanto mi compete con il superamento della parola astrazione, però tu stesso dicevi, non esiste ancora un termine, non ci sono le parole, non c'è ancora il linguaggio Paolo Ferrari: No, non è mica vero perché il linguaggio (c'è) se non potrei parlare, io invece parlo in questo (a-)sistema, adopero il vecchio linguaggio in questo (a-)sistema non solo, non è vero, non è vero che non ho linguaggio, sto costruendo a mano a mano un linguaggio il quale linguaggio per le sue relazioni particolari attraverso cui ho costruito i saggi, attraverso cui costruisco le poesie, costruisco i quadri, la musica, sono tutti linguaggi che hanno delle relazioni particolari, le quali sono capaci di (a-comunicare), cioè entrare in questo (a-)sistema e produrre una risposta sul cervello dell'altro su questo livello, anche se infinitesima, anche perché mi accorgo che questo è infinitesima pero' la producono ovvero producono uno stato una condizione nel cervello dell'altro, quello che manca a l'altro e' quella di poterla mettere fuori e poterla osservare , gli manca perché non ne ha linguaggio, Homo sapiens non ne ha linguaggio però il linguaggio in un certo senso io lo sto costruendo se no non potrei parlare; questo mio usare queste parole mi permette il fatto che queste parole io so come usarle, come metterle in relazione e metterne anche il suono anche in relazione tale per cui ci sia comunque una linea continua interrotta, per cui questa linea continua interrotta produca questa alfa, alfa privativa a questo (a-sistema) che io metto in questo luogo, questo luogo questo (a)-sistema è quello che implica il fatto della difficoltà di poter parlare in questa dimensione di (a-sistema),, quello che ha implicato la difficoltà l'altra volta di Luciano di poter entrare con la struttura filosofica la quale invece è sistematica dentro questo (a-sistema), quello che è il lavoro continuo che ho dovuto fare con Susanna perché potesse, potessimo condurre questo intreccio, questa trama con quello che era il contesto attuale, quello che é contesto delle scienze o delle filosofie o delle religioni attuali, tali per poter produrre questo connubio, anche se questo è comunque altro, questo ha il suo alfa privativo che produce comunque uno spazio o un tempo che sono diversi, però attualmente non dico più che non ha linguaggio, ha linguaggio però questo linguaggio è un linguaggio particolare, tant'è che lo sto costruendo , stiamo facendo le traduzioni stiamo facendo di tutti i colori tale per cui questo linguaggio possa parlare, possa avere una sua lingua anche se non sarà mai una lingua evidente, non sarà mai una lingua susseguente, sarà la relazione tra questo* tutti questi segni producono un alcunché che è questo altro, questo altro dire che parla comunque in questo (a-)cervello) un (a-)cervello) è quello che nel IV saggio ho incominciato ad accennare il fatto che probabilmente c'è un sistema che potrebbe parlare questo però non parla ancora perché c'è tutto il mondo visto dalla parte della vita non è visto dalla parte dell'assenza, della non vita, dell'altra vita, dell'alterità. Ancora adesso mi sembra strano guardandomi in giro mi sembra veramente strano e dico ma guarda che strano perché si vede da questo punto di vista non si vede dall'altro punto di vista dell'A, si vede continuamente dal punto di vista che la cosa c'è, se si cominciasse a vedere dal fatto che la cosa è comunque una proiezione del cervello, incomincerebbe a vedersi bene 'altro, però tutto questo implica tutto questo di cui stiamo parlando Fabrizio Stangalini: Quindi quasi il pensare in parallelo, in serie prima hai detto diverse relazioni, non conseguenti Paolo Ferrari: Non mi sembra una discussione...Sì se la vogliamo chiamare così, ma non parliamo di corrente elettrica, ma è una trama, una trama complessa anzi è una (a-)trama) complessa, Adesso proviamo a fare una (a)trama) complessa con la musica. Paolo Ferrari: Avevo preparato due pezzi: uno era un pezzo per strumenti elettronici che poi volevo coniugare con il pianoforte, invece quest'altro che è una trama complessa a più livelli ed è un pezzo divertente secondo me perché è fatto a tanti livelli perché è miscelato in maniera particolare che adesso non sto a spiegare, ma comunque su un livello c'è il canto di uccelli equatoriali, ci sono gli strumenti elettronici miei, ci sono gli strumenti etnici che faccio io, c'è qualche soffio, qualche accenno di voce mia e poi all'interno di tutto questo 'è intrecciato un pezzo che suona Carlo Balzaretti di un autore spagnolo del ' 700 che si chiama Matteo Albeniz che non è l'Albeniz quell'altro più noto, questo qui è un clavicembalista e questi livelli formano questo intreccio che è carino che è divertente perché Carlo Balzaretti anche suona in maniera così brillante, così divertente, così affettiva E adesso qui aggiungerò qualche pezzo, qualche elemento con gli strumenti elettronici perché come ho lasciato detto è ancora da completare, mi ero dimenticato c'è anche il canto di Loretta.[Paolo Ferrari raddoppia con gli strumenti elettronici il pezzo miscelato da lui presentato durata' e 30''circa ]
Paolo Ferrari: Ci risentiamo verso metà ottobre, a metà ottobre fatevi vivi per telefono, organizziamo poi il giorno d'inizio del nuovo ciclo che sarà poi in novembre, come l'anno scorso verso metà ottobre fatevi vivi, ics sunt leones, adesso possiamo ritirarci, addio a tutti