16 gennaio 1997

III Seminario 'sui margini dell'Assenza 1996-1997

 

La Post-evoluzione come espressione dell'anti (anti) sistema Assenza: è scarto e radicale mutamento dal pardigma vigente corpo-mente-realtà, eredità evoluzionistica irrisolta e inadeguata




Paolo Ferrari: Siamo al III Seminario. Siamo al III Seminario del sesto anno, se non sbaglio. Ciò che mi sembra interessante - facevo questa considerazione - è il fatto che pur essendo il III Seminario del sesto anno e quindi essendoci stata una successione ormai di moltissime Lezioni e Seminari - e perciò un susseguirsi, e quindi comunque una sequenza temporale di tutta questa dimensione di un nuovo sapere, di quello che è posto nel titolo del Seminario di stasera come il luogo dell'anti(anti)sistema: "La Post-Evoluzione come espressione dell'anti(anti)sistema assenza, scarto e radicale mutamento dal paradigma vigente corpo-mente-realtà, eredità evoluzionistica inadeguata"-, ogni volta, come già abbiamo accennato mi sembra nel primo Seminario, ogni volta è daccapo, ogni volta l'onda ripassa di qui, ogni volta il linguaggio, la lingua si mette a parlare, la mente si mette a comunicare, ad astrarre, a produrre l'anti(anti)sistema, e ogni volta, dico, è come se fossimo daccapo pur non essendo daccapo, e questo è già una contraddizione, è già un fatto assai interessante. Come già avevamo pensato, è come se ci fossero tutti questi vari punti
* che sono le Lezioni o i Seminari lungo questi anni, questi punti formano comunque una sequenza temporale, un seguirsi nel tempo, ma ogni punto è insieme a tutti gli altri e conseguente a tutti gli altri, fa parte di un sistema, di un sistema complesso e astratto, ogni punto però ha anche una validità in se stesso come punto anch'esso di origine. Il sistema di cui parleremo stasera, questo luogo dell'anti(anti)sistema di cui parleremo stasera è comunque un punto primo ed è un punto enne, e daccapo rivoluziona il sistema perché esso si pone e ponendosi modifica un'altra volta anche tutti gli elementi della condizione precedente. E' un sistema che si svolge nel tempo ed è anche un sistema che ha la capacità, essendo nella dimensione intemporale, di sussumere tutta con sé l'astrazione tale per cui tutti questi punti che sono stati posti, questi sistemi o monosistemi unitari vengano contenuti in un'unità pluricomposita capace di essere astratta e capace di astrarre e di produrre un linguaggio che ogni volta si rinnova.
Questo come una prima introduzione. Come vedete, noi andiamo avanti come a produrre, a porre in continuazione introduzioni: introduzione che introduce un'altra cosa, introduce un'altra volta, introduce come conseguenza un'altra introduzione, e tutte queste introduzioni sono come l'entrare dentro a un sistema il quale ogni volta è daccapo, ha la possibilità di avere un inizio e quindi di essere daccapo.
Adesso non voglio dilungarmi su questo argomento perché ci sarebbe da aprire moltissimo il discorso su questo perché questo è anche il modo, il sistema attraverso cui funziona la composizione della mia musica, dei vari picchi, dei vari luoghi, dei vari luoghi intemporali i quali assumono e sussumono tutti i vari luoghi precedenti e quelli successivi. Premetto anche questo perché il Saggio che è stato distribuito ha una prima parte d'introduzione sul problema evoluzionistico, biologico-evoluzionistico, secondo lo studio del nuovo sistema, e la possibilità di sciogliere questo nodo evoluzionistico da cui Homo deriva. Nella seconda parte c'è il discorso sulla musica e sulla intemporalità della musica, sul tempo zero della musica, il tempo estinto della musica. Ma questo della musica è un esempio dell'attività, dei nuovi tipi di attività dei processi mentali di cui ci stiamo occupando, è il tempo estinto nel linguaggio musicale. Questo tempo estinto è anche un tempo estinto che io adopero nella relazione, per esempio, terapeutica; il luogo della terapia è anche questo un luogo di tempo zero ma non tempo annullato, cioè è tempo estinto in questo tipo di situazione in cui il tempo assume una sua validità secondo una forma contestuale diversa da quella normalmente pensata. Dico questo perché nella seconda parte, appunto, del Saggio c'è tutta la discussione sulla temporalità della musica, ma della temporalità in generale, del tempo estinto.
Insieme al Saggio è distribuito anche un sunto fatto da Luciano Eletti che si occupa, in questa fase di studio, diciamo, del problema filosofico - tra virgolette - del nuovo sistema. Lo annetto al Saggio perché mi sembra un sunto fatto molto bene in quanto è anche in un certo senso una traduzione del tema discusso relativamente alla musica. Occorre spesso ai miei scritti, o a questi tipi di presentazione, a questi tipi di introduzione, o a tutto questo tipo... questo anti(anti)sistema, la possibilità di una traduzione da parte di un altro. Penso il fatto che l'altro possa introdurre a sua volta, attraverso le sue categorie mentali, affettive, corporali, questo discorso anti(anti)sistemico che ha bisogno continuamente, nella fase attuale, di produrre questi ponti tra un sistema e l'altro sistema, il vecchio sistema e l'anti-sistema.
L'altra volta avevamo distribuito il sunto della prima parte del Saggio, sempre fatto da Luciano Eletti; per chi non l'avesse, è posto lì, nella sala grande, sul tavolo.
Questi sunti per me sono interessanti perché è come se fossero un'altra lingua che viene a porsi nella relazione con questa lingua mia che ha all'interno questo tipo di complessità, di sistema complesso che è capace continuamente di svuotarsi, di farsi assente, di farsi vuoto per poter preparare la disposizione della mente, del corpo, dell'affetto ad arricchire a sua volta la sua complessità. Lo chiamo in generale 'Assenza' in quanto è un sistema tale per cui, una volta disposto, una volta entrato nella relazione, correlato, è capace di disporsi nel suo non essere, nel suo venir meno tale per cui il sistema che è in atto possa produrre la sua ricchezza, la sua capacità sia di essere sia di non essere. Una delle categorie mentali che noi usiamo normalmente nel sistema attuale corpo-mente-realtà è quella affettiva; è una delle categorie più interessanti, sembra, per la sua capacità relazionale, quindi per la sua capacità, io dico, di astrarre, di essere capace di produrre comunque una ricchezza relativamente a dei sistemi la cui origine è quella animale, biologicamente parlando. Ma anche il linguaggio stesso, i linguaggi astratti, anche quelli matematici, i linguaggi filosofici hanno per il momento necessità di essere come fecondati da questo altro linguaggio che chiamo l'affettività, l'affettività assente. Anche i linguaggi più astratti - matematico, filosofico, fisico, delle scienze dure - nascono comunque su un sistema il quale ha origine da una dimensione animale e quindi da una dimensione evoluzionistica; a causa di questa dimensione evoluzionistica non hanno in realtà una capacità sufficiente di astrarre e cioè di poter essere altro da sé e quindi di produrre eventualmente la possibilità di un sistema diverso da quello che è attualmente vigente.
Un'ultima cosa voglio dire in questa prima introduzione - poi parlerà Susanna Verri, la dottoressa Verri -, ed è questo piccolo scenario, l'esistenza di questo piccolo scenario, così come anche l'altra volta era presente uno scenario fatto di più elementi rispetto a quelli della scena del Teatro di cui ci stavamo occupando, del luogo teatrale. Questa volta nel luogo teatrale la parte sua più complicata è stata tolta, sono stati lasciati soltanto pochi elementi. Questo, perché? perché queste scatole sono quelle che ho chiamato 'scatole occhio': ho disegnato qui sopra degli occhi, e ogni scatola è diversa, o la scatola di destra è diversa dalla scatola di sinistra, come gli occhi che disegno nei vari volti, come i miei occhi stessi: hanno un lato destro completamente diverso dal lato sinistro. Questo che cosa significa? significa che in questa unità che io continuo a porre c'è comunque un'asimmetria. Normalmente il mondo è visto come struttura simmetrica; anche la fisica teorica parla di simmetrie e quindi di continua corrispondenza di elementi. Io parlo di unità composite fatte di asimmetrie: queste due scatole-occhi sono asimmetriche, compongono un elemento asimmetrico. Queste due scatole-occhi, nelle pièces di cui ci stiamo occupando, sono occupate a destra da Messiaen, a sinistra da Stockhausen, due noti grandi musicisti. Io dico che i due musicisti sono posti dentro queste scatole e prima o poi dovranno venire fuori. Messiaen è morto circa un anno fa, Stockhausen è tuttora vivo e vegeto. Stockhausen è quello che attualmente deve in un certo modo manifestarsi secondo questo linguaggio teatrale di cui ci stiamo occupando, deve parlare, deve parlare la sua musica; la sua musica in una pièce dico che per il momento è troppo mistica, è troppo lasciata andare, non è abbastanza capace di correlarsi, non è capace ancora di una sufficiente intenzionalità di relazione, è un po' lasciata nel vago, mi permetto di dire al signor Stockhausen. Ho lasciato qui queste scatole perché con la musica di stasera, se faremo in tempo ad eseguirla, io voglio fare un raddoppio, che è poi la tecnica di cui parlo nel Saggio, e cioè mi metterò agli strumenti elettronici, farò andare un disco che è 'Kontakt', 'Kontakte' anzi, Contatti, una musica composta da Stockhausen nel 1960-'61 e io la raddoppierò con gli strumenti elettronici per dare quest'altro tipo di livello, come io parlo relativamente al fatto del linguaggio o del raddoppio ovvero dell'accoppiamento, per produrre quel linguaggio più astratto, più capace di relazionarsi su quest'altro livello della struttura mentale affettiva, sessuale, corporale, in generale, di cui io parlo nell'ambito dell'Assenza; cioè produrre in questa musica un livello sufficientemente più assente tale per cui questa musica possa relazionarsi diversamente dal sistema entro cui fino adesso si relaziona. Allora ho lasciato questa scatola, così, per indicare questa presenza del signor Stockhausen fra di noi. Ci sono questi altri vari aggeggi, questo qui è un microfono tamburino, ci son questi tipi di accoppiamento, questa è una fotografia dell'Africa, del deserto della Namibia in cui c'è quest'altro tipo di accoppiamento, c'è questa carta millimetrata, questo lucido che fa filtrare o che si accoppia in un certo modo con questi segni, con questo deserto, in modo che questo deserto abbia una possibilità di relazionarsi in assenza. Eccetera.
Adesso volevo che parlasse Susanna Verri.

Susanna Verri: Questa sera io pensavo di cercare di illustrare, di cercare di avvicinarmi, nel mio intervento, a una delle questioni sicuramente più complesse che si pongono nella relazione col sistema ai margini dell'Assenza. Diciamo che una delle questioni principali a cui ci si trova di fronte è il fatto che si tratta di un altro sistema, cioè si tratta, diceva il dottor Ferrari poco fa, di un anti(anti)sistema Assenza, e il concetto di anti(anti)sistema, cioè la scansione a tre tempi di questo termine, rimanda a una differenza, cioè rimanda a quello che è il paradosso fondamentale in cui ci si trova nell'affrontare un sistema che per definizione è altro, nel senso che noi parliamo, pensiamo, ci troviamo a confrontarci - anche con questi Seminari, con questi discorsi, con tutto il nostro pensiero - a partire da quello scarto radicale di cui si parla nel titolo, e cioè noi partiamo dal sistema Homo sapiens, e da questo sistema Homo sapiens cerchiamo di avvicinarci al sistema costruito ai margini dell'Assenza. Che questo sia un altro sistema è pensabile dall'interno del sistema di nostra provenienza, a parer mio, a partire dallo scarto di cui si dice nel titolo, cioè a partire comunque da una differenza, a partire dal concetto di non consensualità che è quello di cui vorrei parlare questa sera. Cioè il sistema Assenza è stato definito dall'inizio, fin dai primi Gruppi che abbiamo fatto, dai primi Seminari in cui abbiamo iniziato un lavoro di concettualizzazione, come non consensuale: non consensuale nel senso che non si preoccupa progettualmente della ricerca di un consenso, quindi che non formula i suoi progetti in funzione del raggiungimento primario di uno scopo, ma non consensuale anche nel senso di questo 'non cum', cioè di un distacco che è implicito all'interno del termine e che è a fondamento di tutto il pensare di cui ci occupiamo, che noi chiamiamo 'pensare' perché dobbiamo utilizzare un termine ma, diciamo, dell'attività del nuovo sistema che stiamo esplorando anche con questi Seminari. Allora questo sistema ha in sé una differenza, può essere pensabile o avvicinabile a partire da una differenza, dalla differenza di questa non consensualità che abbiamo, vi dicevo, esplorato a partire dagli anni '70, e poi dagli anni '80, con una serie anche di concetti, concetti-strumenti che non erano concetti definitivi, erano concetti che appartenevano al segno della definizione di questa differenza, ed erano in quegli anni, negli anni '80, introdotti sempre da un 'non': così parlavamo di non consensuale, parlavamo del pensare non ordinario per distinguerlo dal pensiero consueto, parlavamo di non uomo, per arrivare poi alla definizione dell'unità conoscitiva fondamentale che fu chiamata 'la sconfitta', quindi altro elemento che ha in sé il concetto di una perdita. Ma tutti questi 'non' avevano un senso che non era di negazione, avevano un senso che significava questa differenza, erano dei 'non' privativi in un certo senso, segnavano cioè un qualche cosa di differente dal percorso noto; il non uomo di cui si parlava allora era una condizione pre-evolutiva, era l'uomo còlto nella sua condizione di disposizione al pensare di nuovo tipo che si stava delineando; la 'sconfitta', che era l'unità conoscitiva di cui dicevo, era ed è tuttora anche il nome di una serie di opere che si trovano in questo Centro, di opere che si trovano in particolare in quel cavedio e che segnano, si dice, figurano la sconfitta del pensiero consueto, del pensiero ordinario che si apre a una profondità a più stratificazioni prodotta nell'opera attraverso diverse tecniche e che apre il campo del pensare dell'Assenza.
Sempre tra l'altro le opere pittoriche seguono o hanno seguito negli anni le diverse fasi dello sviluppo del lavoro e dello sviluppo del nuovo sistema, e così questo elemento di non consensualità, questo uomo non consensuale, cioè che si apre alla differenza, è quello raffigurato anche in molte delle opere presenti nella sala, presenti in tutto il Centro, pure nel disegno che è stato distribuito che è leggibile anche come un viso: in questo viso, in questo volto - ma in tutte le opere -, nelle teste diffuse per il Centro vediamo un'asimmetria costante di cui parlava anche il dottor Ferrari: i due occhi sono diversi, l'intera figura non è simmetrica ma mantiene l'unità, e questa asimmetria è quella che include la differenza, cioè è quella dell'apertura alla proprietà dell'Assenza che è definita anche nel programma dei Seminari che avevamo distribuito all'inizio dei corsi. La proprietà dell'Assenza, secondo il modello assente, è un'altra disposizione capace della differenza e del nulla ad esso accoppiato, e questo è un concetto particolare, a mio avviso, di grande complessità ma anche di interesse estremo perché c'è una disposizione costituita da un accoppiamento tra un nulla e una differenza; vuol dire quindi che non è soltanto la differenza consueta, non è la differenza che segna un qualche cosa di 'altro', ma è un 'altro' di particolare tipo, perché è un 'altro' in questa costante, continua relazione con ciò che è nulla, e il nulla di cui parliamo è il nulla del sistema 'ai margini dell'Assenza', e quindi non è il nulla che è stato comunemente, o non comunemente, comunque storicamente pensato all'interno, per esempio, del sistema filosofico o teologico dove pure ha avuto una vicenda di grande complessità e di grandissimo interesse segnando tutto il percorso, anche, del tentativo di allargare il pensiero esistente a ciò che non era, e tutto il dibattito, se questo fosse possibile oppure no.
Leggevo in questi giorni della vicenda complessa di questa rimozione, per esempio, nella storia della filosofia, di quella che è stata definita la continua rimozione e poi comunque emergenza a fasi differenti della storia del pensiero filosofico, del concetto di nulla e delle sue diverse accezioni, e dell'espulsione fatta da più parti, fatta in diversi ambiti, decretata in certi ambiti, e invece poi del prendere l'apertura, prendere il nulla come fondamento dello stesso essere e come liberazione addirittura di certi caratteri di necessità dell'essere. Tutto questo però sempre in un ambito che non ha a che vedere con quello di cui ci occupiamo e quindi che possiamo a tratti considerare, a tratti citare, anche, come capita soprattutto a me di fare nei miei interventi perché comunque il pensiero deve articolarsi a partire anche da alcuni elementi già dati, a partire anche da concetti già dati che poi vanno specificati nella loro differenza. E dunque il senso del non consensuale è sempre quello di avere presente questa differenza, e allora il senso anche di un nostro discorso o di una nostra operatività all'interno del sistema 'ai margini dell'Assenza' è sempre quello di porre ogni atto, ogni intervento, ogni discorso su questa soglia dove avviene questo scarto tra l'anti(anti)sistema Assenza e il sistema di Homo sapiens, e dove questo scarto può essere risolto o può in un certo senso inclinare nelle due direzioni, come noi vediamo anche nel testo che è stato distribuito dove da un lato si pone la non congruità della specie al salto evolutivo perché ha i vincoli di cui si è detto prima, i vincoli della sua sessualità, della sua sensorialità, del suo piano emozionale, di tutto il bagaglio vicino ancora alla provenienza animale, e dall'altro invece si pone la possibilità o l'istanza del nuovo anti(anti)sistema per cui è possibile che questi vincoli vengano invece condotti nel senso di una diversa organizzazione del sistema, e quindi di un diverso accoppiamento con la realtà esistente. E questa questione dell'accoppiamento strutturale di nuovo tipo è interessante perché, come vedevamo l'altra volta, ogni sistema complesso tende a produrre il suo accoppiamento strutturale con la realtà, specificato dalle caratteristiche del sistema stesso; e così, se possiamo pensare il sistema 'ai margini dell'Assenza' come un sistema complesso dalle particolari caratteristiche, allora l'accoppiamento di realtà che da questo sistema si produce è un particolare tipo di accoppiamento che include l'elemento della differenza e del nulla, come vi dicevo prima. Affermare questo vuol dire che all'interno di un sistema 'ai margini dell'Assenza' si produce un adattamento - perché un accoppiamento strutturale è sinonimo di adattamento in senso evolutivo -, un adattamento alla realtà che ha delle particolari caratteristiche relazionali perché il sistema si dispone, ha la possibilità di avere in sé una maggior flessibilità, una maggior duttilità perché vive continuamente la relazione con questo nulla e con questa differenza; quindi già per questo tutti gli elementi di fissità devono essere plasmati a un maggior punto di mobilità, perché differenza è comunque questo elemento di non consensualità che dicevo prima, è comunque un elemento che continuamente interrompe ogni elemento di fissità, non solo ma, all'interno di questo, il sistema si organizza con una modalità, vi dicevo, a minor fissità e a minor presenza degli elementi concreti di provenienza animale o sensoriale perché questo elemento di continua non consensualità è come una continua rottura di equilibrio, è anche uno spostamento dei punti di equilibrio vita-morte. Vale a dire che il sistema a mano a mano si abitua ad avere in sé una minor presenza di quella che è la morte concreta, di thanatos, cioè degli elementi che sono di diretta provenienza non solo dall'origine animale, ma anche dalla tendenza di conservazione di Homo sapiens, e quindi da tutta la sua tendenza ad organizzarsi sui sistemi più fissi possibili e quindi più consensuali possibili. E quindi, diciamo, il senso, nuovamente, dell'elemento non consensuale - così per altri versi anche forse difficile da pensare con continuità - è quello non di un disequilibrio, ma di un equilibrio di nuovo tipo che si produce sulla base di un processo di smaterializzazione.
Io direi che potrei fermarmi qua, per ora per lo meno.

Paolo Ferrari: Stockhausen ha ricevuto anche lo scritto del Seminario.
Quello che vorrei aggiungere a questi due interventi è cercare di far sì che tutto questo di cui stiamo parlando non sia soltanto o soprattutto un evento teorico, cioè quello di cui stiamo parlando è anche una questione esperienziale ma nel senso più alto dell'esperienza, anche nel senso filosofico dell'esperienza, nel senso, diciamo, della costruzione di sistemi esperienziali complessi, ma comunque rimane nell'ambito di una realtà esperienziale. In generale quando si vanno ad esplorare dei nuovi sistemi oppure quando Homo sapiens si pone determinati problemi relativamente al modello, al modo attraverso cui pensa o al modo di come si comporti la realtà, di che cosa siano le cose, di che cosa siano gli oggetti e come possa andare oltre oppure venir meno relativamente a questo suo comportamento mentale, al suo comportamento logico, anche, alla sua struttura razionale, mi sembra che spesso, anche nella storia del pensiero, nella storia filosofica, nella storia delle scienze, la questione sia un fatto mentale o mentalistico, cioè che il pensatore o il momento storico produca una determinata spinta, un determinato moto tale per cui un certo elemento incomincia a mostrarsi, un certo teorema... occorre che questo teorema venga fuori, si manifesti, ma ho l'impressione sempre che il pensiero - ma anche dei grandi pensatori -, il pensiero sia comunque uno sforzo estremo verso il fatto di andare a toccare un alcunché relativamente al quale si vuole porre una dimostrazione, la dimostrazione di un'esistenza, di un alcunché di un certo modo di essere, o esistere, o di conoscere la realtà, soprattutto nel mondo occidentale. Questo io ritengo che sia uno dei grandi limiti del mondo occidentale; d'altra parte come sempre ho detto sono uomo occidentale, amo la concettualizzazione, ma in questa concettualizzazione quello a cui io voglio arrivare è riuscire a far sì che il concetto - e questo è un paradosso - sia in un certo senso materia mentale, cioè venga passato attraverso un'esperienza mentale, che ci sia la pratica mentale, cioè che ci sia la dimensione, come io la chiamo, la dimensione affettiva della mente, che ci sia quello che potrebbe essere chiamato la mente profonda, oppure la chiamerei 'l'altra mente', 'la mente assente', cioè la mente che è capace di venire meno rispetto a quelli che sono i suoi meccanismi di organizzazione normale, solita, di poter venire meno e di poter manifestare un altro livello che è questo che io ho chiamato 'mente assente'. In verità il livello più profondo
* relativamente alla mente assente sarebbe il nulla, quello di cui parlava Susanna Verri poc'anzi. Il più alto livello relativamente alla mente, la quale mente si sottrae, ma si sottrae non perché fugge, si sottrae perché diventa vuota e diventando vuota diventa altra, è il nulla, e certamente non il nulla filosofico, non il nulla pensato fino adesso perché il nulla, proprio per come è fatto, per come è fatta la mente umana, non può essere pensato e quindi è soltanto un'immaginazione. Il nulla è un'immaginazione, in seguito a questa immaginazione c'è il terrore, la paura o l'ambiguità verso il nulla, l'oscillazione di questo nulla, l'ambiguità ovvero la situazione psicologica, quella che è chiamata pre-edipica, in cui il nulla continua a oscillare tra la cosa e il nulla, e il soggetto continua a oscillare in un campo indefinito di fantasia, di realtà, di fantasia, in cui il nulla è la dimensione della non definizione, della non definitezza della persona e del superamento di quello che è chiamato 'il sistema edipico', ovvero l'entrata in una fase di maggiore maturità attraverso il distacco. Il nulla di cui noi parliamo ha la dimensione del distacco, ma questo nulla di cui parliamo, io dico, è pensabile; cioè l'attività della mente, su un certo livello - la quale mente ha imparato a venir meno relativamente a certi suoi meccanismi -, è capace di produrre, cioè di avere esperienza di questo nulla, allora in questo caso è un nulla che supera la dimensione teoretica, filosofica per diventare esperienziale. Questo nulla è anche la differenza, cioè è anti(anti)sistema. Anti(anti)sistema, perché? perché non è l'anti-sistema, non è solamente il sistema che diventa opponentesi all'altro, ma è anti(anti)sistema, è il sistema che include quell'altro e lo prende dentro e lo trasforma, e si trasforma con altro, cioè diventa un sistema più complesso, ulteriormente complesso, cioè si autorganizza, organizza un sistema vieppiù complesso capace di pensarsi e autopensarsi attraverso questo essere nulla; ovvero, uno dei passaggi precedenti a questo essere nulla è la differenza di cui parlava Susanna Verri. La differenza è comunque il distacco:* data una certa situazione, si pone il distacco rispetto a questa situazione, questo distacco è un distacco capace di assenza, cioè è un distacco che pone lo scarto. Il procedimento evoluzionistico di cui noi stiamo parlando, cioè questo passaggio della mente, della mente affettiva - che poi non è mente, vediamo, è mente-corpo, mente, corpo, sesso, occhi, orecchie, mani, piedi, piante dei piedi, per esempio, e la posizione eretta ha una grande qualità, una grande esperienza di questo nulla altro, nulla altro e pure concettuale, perché sto parlando concettualmente -, dicevo, la situazione evoluzionistica, la situazione complessa di tutto questo è il pensare un sistema il quale è capace di venir meno, cioè di sottrarre o sottrarsi e cioè di produrre un'entrata di questo tipo* perché capace di venir meno e quindi in un certo senso di autoferirsi, di ferirsi, di accettare il suo morire e, con questo, avere in sé stesso la capacità continua di autorganizzarsi e di diventare altro in continuazione e quindi diventare auto-uomo, cioè uomo che è capace di diventare molto più complesso dell'uomo. E' quello che, da un certo punto di vista, appunto nella filosofia esperienziale, è il superuomo di Nietzsche che voleva rappresentare questo non uomo, questo altro uomo. Questo è un sistema più complesso del pensiero nietzschiano. Oppure quello di cui si parlava l'altro giorno con Luciano Eletti è, per esempio, una considerazione pratica della filosofia: è interessante andare a cercare dove la filosofia ha tentato questa strada dell'affettività, e cioè di diventare ente affettivo a sua volta, non soltanto ente teoretico: La critica alla ragione pratica di Kant, oppure tutto il discorso di Schopenhauer, La volontà come rappresentazione..
Questo per vedere alcuni fatti.
Oppure nella teologia, quanto sia valido il discorso di Eckhart e di questo nulla, di questa divinità capace di essere nulla: il suo discorso, mi sembra, anche in termini linguistici - dai pochi studi che potevo fare, non sono un esperto linguista certamente, conosco un po' di tedesco -, questa sua lingua, fosse in un certo senso di tipo esperienziale, esperienziale di tipo mistico, ma anche in là rispetto al mistico estatico perché immediatamente Eckhart parla del distacco
*, è questo nulla distaccato, questo nulla assente.
Comunque andiamo oltre.
Quello a cui volevo arrivare, che volevo dire, quello che voglio illustrare, è che in questo ingresso di tale sistema, questo anti(anti)sistema è questo sistema capace di dire di venir meno rispetto a sé stesso e, con il suo venir meno, capace di un'autorganizzazione, organizzazione vieppiù complessa, vieppiù astratta, vieppiù capace di questo essere nulla, di questo oscillare sui margini del nulla ovvero di essere non solo sui margini del nulla ma di essere anch'esso nulla. Questo in alcuni miei quadri è disegnato; per esempio in quello chiamato 'Uomo teatro' c'è sul margine destro questa specie di rientranza
*: è questo svuotarsi, questo sistema che accetta di svuotarsi. Ma svuotarsi non vuol dire impoverirsi, e questo è un paradosso, cioè è il sistema che è capace di venir meno, sottrarre parte di sé, non essere fino ad arrivare a non essere, quello che, come si diceva prima, è disegnato, segnato, raccontato, diciamo, nel foglio annesso al Seminario di questa sera, il fatto di questa smaterializzazione: la materia biologica accetta di venire meno accettando il fatto di diventare attività pensante.
Come abbiamo visto già altre volte, l'attività pensante io l'ho sempre considerata come capacità della materia biologica di venir meno, di accettare di morire, di accettare di venire meno accogliendo un altro livello, questo livello vuoto che è il pensiero: il pensiero è un ente vuoto, non è una cosa che si tocca. Ulteriormente, questo pensiero che viene meno, che è capace di non essere mentalistico, che è capace di non essere oggetto concreto, cioè di non reificarsi - anche nelle sue condizioni più astratte la mente umana è reificata, è un oggetto concreto ancora -, in questo divenire meno oggetto reificato il sistema impara ad essere assente, impara a oscillare e a diventare assente oscillando verso uno stadio di ulteriore allontanamento da un equilibrio biologico primitivo qual è quello ancora del sistema vivente ai primordi. Questa sua nuova capacità di oscillazione lontano dai suoi punti di equilibrio è quella che può portare ad un ulteriore livello di sanità: cioè se la mente umana, se il sistema umano, sessuale, affettivo, biologico è capace di spostarsi, di andare più lontano e quindi di allontanarsi dal punto di fissità attraverso cui è nata la materia vivente - il punto in cui è nata la materia vivente e poi tutti i vari stadi della materia vivente -, con questa lontananza dal punto di equilibrio iniziale e quindi con questa non fissità - il sistema sessuale, la struttura sessuale è molto fissa ma è capace anche di grande capacità di elaborazione se va lontano dai punti di equilibrio primitivi, inconsci -, allora ci si avvicina verso uno stato
*, diciamo, di possibilità di passaggio evoluzionistico, io ho scritto 'di scioglimento del vecchio nodo', del vecchio nodo evoluzionistico, cioè della specie che è ancora una specie animale. La cosa complessa è l'introduzione di questo elemento, di questo 'fattore Assenza', di questo fattore zero dal quale introduce il sistema a essere altro da sé, essere realmente differente, e di pensarsi differente, di pensare l'estraneità di sé a se stesso che è questo nuovo tipo di livello di eguaglianza, di eguaglianza astratta e assente, la sua diversità intrinseca; e questo implica lo scarto, eccetera eccetera.
E poi il discorso diventerebbe ancora ulteriormente complesso, e io per stasera mi fermo qui.
Aspetto le vostre domande e poi, se facciamo in tempo, faccio un pezzo di musica di Stockhausen.

Renata Ranieri: Scusi, che differenza c'è tra il nulla e il nirvana?

Paolo Ferrari: Dunque, bisogna intendersi su quale nulla, cioè se il nulla filosofico, oppure se parliamo di questo nulla di cui io ho parlato adesso, questo livello zero. Non so se ci siano differenze, eppure ci sono, e questo è il paradosso. Il nulla del nirvana, per quello che ne so io, relativamente a quello che sono le esperienze orientali, è il nulla che si raggiunge attraverso il fatto che il sistema impara a ritirarsi e tutta la realtà col sistema impara a ritirarsi. Ma in un certo senso, rispetto al luogo dove mi sono posto a osservare questo e a vivere questo e avere esperienza di questo e a concettualizzare tutto questo, è un luogo che comunque fa parte di un altro tipo di civiltà che è la civiltà orientale, la quale civiltà orientale è quello che è il buddismo con cui pongo molto volentieri un accoppiamento relativamente a tutte queste questioni del nulla, dello zero, del venir meno. Il venir meno dell'orientale, questo venir meno nella meditazione, oppure il passaggio attraverso la meditazione per arrivare a questo luogo assoluto... credo che la differenza sia nel disporsi del cammino, nel senso che il cammino del nirvana è comunque non mediato attraverso tutto questo lavoro di concettualizzazione che sto ponendo: io comunque pongo l'esistenza di questo tipo di concettualizzazione, la qualità di questo tipo di concettualizzazione, la possibilità che nell'ambito del nirvana - e quindi il paradosso -, e quindi nell'ambito di questa zona che è vuota, la possibilità di un concetto che si fa vuoto. Cioè tutti questi elementi di cui ho concettualizzato stasera, comunque, nel momento stesso che io li penso, si fanno vuoti. Un buddista mi direbbe che non ha senso, ma anche un maestro Zen direbbe che non ha senso passare attraverso il concetto, perché il concetto è comunque un atto mentale, ma io sono in grado di produrre questo atto mentale, di produrre nel livello zero, cioè tutto il linguaggio che ho passato stasera - ho passato, ho disegnato, ho formulato, ho comunicato -, è comunque sul livello zero, è comunque su questo livello analogo, accoppiato con questo livello che possiamo chiamare nirvana, oppure possiamo chiamarlo con altri nomi che sono per esempio, non so, di certe condizioni, di certe filosofie o di certe religioni occidentali. Ovvero il nirvana rinuncia a tutto questo*, c'è una rinuncia, una rinuncia che è validissima per quello che è un certo contesto storico, con quello che è un'origine, una delle origini del mondo, dell'universo, dell'universo pensante. Io a tutto questo, questo altro sistema - sono nel mondo occidentale -, non rinuncio; voglio che questa concettualizzazione entri in un sistema complesso il quale sistema complesso sia capace esso stesso ulteriormente di farsi zero. D'altra parte il nirvana è una rinuncia, diciamo, assoluta alla vita. In questo c'è una rinuncia, non è una questione di rinuncia, è proprio un atto complesso della mente o dell'affetto, oppure dell'anti-mente la quale si pone e si dispone tale per cui, in fin dei conti, tutta questa questione di cui sto parlando ha accesso; cioè durante l'esperienza più alta di tutto questo processo, questo poteva essere analogo, in un certo senso, a quello che è il nirvana, cioè il fatto del silenzio più assoluto: il silenzio più assoluto si è aperto e, aprendosi, si è aperto a tutto questo tipo di discorso che è il discorso del mondo occidentale ma che comprende anche il mondo orientale. Adesso sto scrivendo, sto per pubblicare una commedia che si chiama l'Astratta Commedia. L'Astratta Commedia parla comunque del fatto di un intermondo, oppure di uno stadio intermedio, quello che in Oriente i Tibetani chiamano il bardo, lo stadio intermedio, quando le anime passano oltre la morte, sono in un certo stadio, e però prima del fatto della reincarnazione. Ma io ho scritto questo dal punto di vista di uomo occidentale, attraverso tutti i processi di concettualizzazione, attraverso il viaggio di Ulisse piuttosto che la Divina Commedia: infatti l'Astratta Commedia invece che la Divina Commedia. Cioè la storia, il cammino, il percorso contiene delle informazioni, contiene dei bit che sono diversi da quell'altro tipo di percorso. Io ritengo che questo percorso sia più complesso, sia più completo, tale per cui possa portare a questo scarto, a questo stadio per cui ci sia la possibilità di questa modificazione intrinseca della struttura anche biologica. Il nirvana si ferma lì, dice: "Uomo, rinuncia, arriva a questo punto, basta, rinuncia, il mondo finisce". Io dico: "E' probabile che non finisca". Prima pensavo che fosse già finito, il punto zero, il tempo, eccetera. Io dico adesso: "Non finisce", cioè c'è questo ulteriore fatto, questo punto dell'estinzione che dà comunque luogo a questi altri zero*, come se ci fossero 01, 02, 03, come se ci fossero tantissimi livelli di nirvana. Il livello di nirvana, per quello che io conosco della civiltà orientale, è come se fosse un luogo unico; questi sono luoghi successivi, tanti punti di nulla, tanti punti di luogo-nulla, tanti punti di nirvana-nulla. Il nirvana, secondo me, in ultima tesi, è ancora un luogo in un certo senso reificato, è ancora un luogo in cui ci sono ancora delle vecchie strutture del pensiero; non so se in Buddha ci fossero, ma nell'Oriente sono rimaste, e io dico: "Proviamo a fare tutta questa storia per arrivare a quest'altro tipo di nirvana, il nirvana complesso, poi il nirvana più semplice". Questo è un nirvana molto articolato anche perché nasce dall'Occidente e quindi nasce attraverso tutta la sua storia occidentale, attraverso la storia dei concetti, la concettualizzazione, la capacità del concetto di diventare nulla, il concetto affettivo.

Uno studente lettore de 'Il Manifesto': Io mi chiedo, a parte che lei dice che... considera il nirvana come un annullamento della vita e io non penso sia proprio così, io lo penso molto più vicino a un pensiero vicino a quello di Deleuze, tanto per capirci, una deriva. Cioè il nirvana si pone con la ragione per illuminarsi fino all'illuminazione che porta poi a vivere in una continua relazione psicofisica con il mondo. Lei ha parlato di sistema, di concetti e di nulla. I concetti che in un qualche modo lei o voi avete elaborato dovrebbero portare a questa costituzione di un sistema nulla. Un sistema nulla, io mi chiedo, con concetti che sono zero; questo mi sembra più nichilistico, nel senso che mi sembra quasi di sentire questo nulla come un fine, non come un mezzo, da come l'avete introdotto. Io è la prima volta che vengo qui, quindi probabilmente magari sto sbagliando, però questa è la mia sensazione, specialmente proprio nel sentir parlare di sistema e di concetti che portano a un sistema nulla. Per me invece sarebbe più interessante pensare il nulla non come fine ma come mezzo, cioè il mezzo che permette la differenza, non tanto la differenza quanto la sottrazione, una sottrazione che fa sì che ci si allontani sempre di più da, diciamo pure, un sistema, un sistema-io o un sistema edipico, o mettiamola come vogliamo. Capito che cosa voglio dire? Sostanzialmente io mi chiedo: "E' un fine o un mezzo questo nulla?". Mi rendo conto che sono stato molto confuso in questa cosa, bisognerebbe discuterne di più per articolare un po' meglio questa cosa, almeno da parte mia, per esprimere un po' meglio questa constatazione che in fondo non è neanche una domanda. Se vuole parlarne, però...

Paolo Ferrari: Sì, sì, certo, ma è stato chiaro. Vorrei rimandarla a Le lezioni dell'Assenza, che abbiamo pubblicato, in cui si continua a discutere di questo nulla, ma in effetti - io pensavo di essere stato abbastanza esplicito - a me del fine come nulla non me ne importa niente. Cioè, io tutto questo lo faccio per spiegare un processo che è di una complessità spaventosa. Questo processo è già zero, è già nulla, tutto questo processo che faccio è per poter spiegare, quindi esplicitare attraverso i linguaggi e quindi attraverso una continuazione di paradossi, che sono continuamente nulla, un processo che è già estinto, è già un processo-nulla. La mia comunicazione, cioè quello che io sono e quello di cui sto parlando - per questo dicevo dell'esperienza mentale o sovramentale o ultrasimbolica o ultramentale - è il fatto che tutto questo è già estinto per cui però, siccome è estinto, questo sarebbe già nella situazione, come ho scritto nella breve introduzione, è già in un sistema evoluzionistico, cioè è già in una dimensione zero, ma in una dimensione zero ovviamente non ci sarebbe né linguaggio né forma, nessun tipo di parola, nessun tipo di esistenza di comunicazione corporale; e tutto questo è già estinto. Quello che sto facendo è che sto provando, sto cercando ormai da venticinque anni dei mezzi anche attraverso il rapporto con le altre persone... appunto a me interessano questi tipi di intervento, di aggiustamento di elementi in modo che ci sia un aggiustamento della mia modalità di raggiungere il nulla degli altri, perché questo è un sistema che è già nulla, è già perfettamente nulla. Quello che sto dicendo è il fatto che - prendiamo questo nulla*, prendiamo il concetto di nulla - nel momento stesso che penso nulla o il concetto di nulla, concetto di nulla filosofico qualsiasi, immediatamente in questa nuova dimensione di nulla in cui sto parlando è già nulla, è sempre continuamente nulla. Però questo nulla, appunto, è un nulla di un altro tipo, ma siccome in generale non si ha l'esperienza di quest'altro nulla, tranne quello appunto nella modalità orientale - nella meditazione orientale si arriva a questi vari stati di nulla, ma non c'è in un certo senso la possibilità di parlare di questo nulla perché non c'è la concettualizzazione di questo nulla -, allora io dico che questo nulla fa parte già del nuovo stadio evoluzionistico, e di questo nuovo stadio evoluzionistico o di questo livello ho esperienza normale, adesso, in maniera assolutamente normale, e che questo è zero. Ma di questo zero io devo dire: "Va beh, c'è questo zero". A questo punto diciamo: "Come, che ponti buttiamo tra un sistema e un altro sistema?". Perciò gli ho dato il nome 'anti(anti)sistema', per dargli un nome; potevo chiamarlo 'lupettino', non so, 'fariseo' o 'montagna incantata', potevo chiamarlo come volevo; io l'ho chiamato anti(anti)sistema perché è quello più vicino a un'idea di un sistema complesso il quale è capace di autorganizzarsi. Siccome l'attività del pensiero normale, i sistemi biologici pensanti sono ormai pensati come una struttura capace di autorganizzazione e il linguaggio ha una capacità di autorganizzazione, allora ho detto: "Va beh, prendiamo questi vari sistemi inventati dagli uomini, che sono molto interessanti, visto che io nasco come sperimentalista - per cui sono stato in laboratorio dieci anni a fare esperimenti sui topi, sui ratti per vedere come estinguevano le proprie capacità di apprendimento -, allora ripartiamo da lì, visto che ho questo tipo di esperienza, e incominciamo a parlare dei sistemi vari, dei sistemi complessi capaci di autorganizzazione, di auopoiesi, di autoreferenzialità perché sono tutti concetti interessanti, tanto per parlare di questo nulla". Poi se un altro mi dice: "Toh, io sono arrivato... ho dentro di me questo nulla", oh, bene, benissimo, parliamo di questo nulla; però fino adesso non l'ho incontrato. Allora io dico: attraverso questo nulla di cui parlo, quello che spero, o in una situazione di terapia, siccome faccio il terapeuta, oppure in una situazione di Seminario, è di riuscire continuamente a comunicare comunque che esiste continuamente questo nulla, cioè che il medium è questo nulla, questo zero, anzi è questo zero sotto zero. Certamente l'altro mi risponde con i suoi meccanismi mentali, ma questo lo so già perché se no sarebbe già guarito, per cui ci metto tre anni, cinque anni, dieci anni, vent'anni a fare una terapia, oppure per spostare un elemento della schizofrenia da un punto all'altro ce ne metto cinquantamila perché l'altro mi risponde con i suoi meccanismi mentali che sono il suo sistema di vecchia oscillazione sui sistemi anti-morte perché la morte non può essere inclusa perché è un sistema altro. Per esempio la morte è un sistema altro. Se una persona fosse capace di includere questa morte, perché a sua volta è un antisistema, se un antisistema entrasse dentro, questo sistema sarebbe già capace di organizzare, oscillare più verso quest'altro elemento perché la morte è uno degli elementi più distaccati, più capaci di avere distacco perché è altro. Questo, il sistema morte, se è conosciuto, è un altro sistema zero; se non è conosciuto è un sistema ultraconcreto, e per questo l'ho chiamato nei saggi precedenti 'morte concreta', perché questa è concreta, perché la morte che non è pensata, non è realizzata, non è riprodotta all'interno di un'attività pensante è una morte molto concreta, tant'è che, il cadavere, più concreto di così, più entropico di così, non esiste nulla al mondo: è una cosa. Allora se la morte viene inclusa, quindi questo anti-sistema viene incluso, questo può diventare un pezzettino di anti(anti)sistema e allora il soggetto e tutto il sistema diventa anti(anti)sistema e si avvicina verso questo altro tipo di oscillazione. La situazione edipica, per esempio: il figlio che si stacca dalla madre incomincia a oscillare un pochettino più vicino verso la dimensione di distacco, quindi più vicino a questo nulla, a questo zero. Cioè in tutti i sistemi, anche in tutti i vari passaggi che l'uomo fa nel suo scorrere la vita, oppure nei passaggi delle fasi dell'evoluzione dall'animale all'uomo, siamo passati da sistemi che sono molto concreti, quindi molto lontani dal nulla, a sistemi più vicini al nulla: la parola è più vicina al nulla del fatto di un cane che abbaia o di una scimmia che fischia, perché la scimmia che fischia è molto più concreta, la parola è molto più vuota per cui è capace di simbolo, e quindi è capace di rimando mentre quell'altro no, e quindi è più fisso, è più vicino alla cosa, quindi più lontano dal nulla, più lontano dallo zero, eccetera eccetera.
Adesso quello di cui sto parlando è che tutti questi concetti sono già un alcunché, il concetto è già un fatto vicino al nulla, il concetto è già un qualche cosa che tende allo zero, però basta che sia meno mentalizzato, cioè che la mente stia un po' più zitta
*, riesca ad accogliere dentro di sé il concetto, allora il concetto incomincia a diventare zero, e io passo attraverso questi concetti: potrei parlare per via mentale, soltanto per via extra-mentale, a-mentale, però sarebbe inutile; invece parlo attraverso questo, e mi interessa anche perché faccio lo scienziato: visto che ho anche questo tipo di ruolo faccio questo ruolo. Allora cerco per via sperimentale, cognitiva, obiettivistica, attraverso la fisica teorica, tutta una serie di sistemi per poter parlare di questo nuovo nulla che fino adesso non è mai esistito. Può darsi che nel nirvana - ma non ne so abbastanza - ci sia stato. Così complesso non credo ancora.
Proviamo a fare questo pezzo di Stockhausen?


[Paolo Ferrari esegue un Raddoppio per strumenti elettronici e pianoforte di un pezzo di Stockhausen da Kontakte. Durata 12' 49''].

Paolo Ferrari: Mi ero dimenticato di dirvi che era musica per strumenti elettronici e pianoforte, sia la mia che la sua. E' una musica sufficientemente astratta, a più direzioni, una trama a più direzioni, a più picchi, a più direzioni d'intensità e di intenzionalità strutturale melodica; e adesso abbiamo prodotto questo tipo di accoppiamento. Mi fermo qui.
Ci rivediamo il... tredici?

Susanna Verri: Giovedì, tredici febbraio.

Paolo Ferrari: Giovedì, tredici febbraio. Comunque sul tavolo ci sono le date dei prossimi Seminari.
Arrivederci.