09/02/95
IV Seminario 1994-1995
Paolo Ferrari:
Il tema di stasera é la congiunzione, io l'ho chiamata in termine latino
coniunctio. Vorremmo illustrare, Susanna e io, il rapido procedere del
fenomeno che deriva dal campo vuoto dell'assenza. Non so Susanna che cosa abbia
poi da dire, ma io la introduco in questo modo.
Quello che voi avete sentito prima mentre aspettavate - che abbiamo diffuso
attraverso gli altoparlanti esterni - era una composizione per congiunzione,
una coniunctio che ho composto ieri. Intendo dire, per coniunctio,
una composizione di questo tipo, una composizione per cui due enti, due condizioni
musicali si congiungono; prima ho composto una sezione fatta dagli strumenti
elettronici, in cui uno era quello che é chiamato sul Roland 'fantasia',
l'altro era un pianoforte elettronico di tipo rock, e già fra questi
due strumenti c'era una sorta di congiunzione, cioè c'era un'attrazione
reciproca, una condizione di adattamento reciproco fra le due fonti. La composizione
per pianoforte rock derivava dallo strumento Yamaha, quell'altra derivava dallo
strumento Roland, che sono due strumenti concepiti in maniera differente, e
già queste due condizioni musicali avevano sì questa reciprocità,
che é diversa da come di solito viene concepita la musica, la reciprocità
degli strumenti: gli strumenti di solito si intersecano, uno entra all'interno
dell'altro, rimangono comunque su uno stesso piano; quello che intendo fare
quando faccio o un raddoppio o una congiunzione é il fatto che uno strumento
comunque agisce sull'altro, l'altro agisce sul primo e insieme producono un
evento nuovo, cioè producono una dialettica. Di solito, mi sembra - é
una cosa che mi viene in mente al momento - se io ho una composizione per pianoforte
e violino, per esempio, ho i due strumenti che producono fra di loro una certa
condizione o struttura o fenomeno armonico, ma in un certo senso i due componenti
si elidono per dare luogo a un nuovo evento, che é l'evento della suonata
per violino e pianoforte, cioè in un certo senso c'è una sottrazione,
una sottrazione degli elementi, una sottrazione senza un movimento in mezzo
che si ponga in mezzo tra il violino e il pianoforte, senza un sufficiente distacco
- quello che io ho chiamato poi in tutte le mie manifestazioni 'il distacco'.
Nelle composizioni che io faccio ogni strumento ha una validità di per
se stesso, questa validità non la perde mai, tutt'al più entra
in relazione con l'altro, entrando in questa relazione con l'altro mantiene
il distacco oppure produce un ulteriore livello di distacco fra i due enti;
questo distacco a sua volta si mette a musicarsi, a produrre una nuova condizione
di musica e questo distacco é quello che parla, é quello che é
il nuovo linguaggio che nasce. In questa composizione che avete sentito il primo
livello era stato fatto attraverso strumenti elettronici, il secondo livello
é stato fatto attraverso il pianoforte Steinway. Una volta, nelle composizioni
precedenti, fino al compact disc 03, il fenomeno era detto Raddoppio, cioè
era detto il fatto che il pianoforte entrando in relazione con gli altri strumenti
li scavava, scavava gli altri strumenti, si scavava esso stesso, diventava a
mano a mano sempre più complesso, sempre più silenzioso, in modo
che in mezzo ci fosse questo elemento che possiamo chiamare il distacco, la
separazione, il nulla e questo ente vuoto si manifestava agli altri. Per farla
breve, perché poi deve parlare Susanna, il processo che io faccio adesso
é una congiunzione, cioè i due strumenti possono dialogare fra
di loro, non c'è un eccessivo scavo di uno strumento sull'altro, la struttura
timbrica non tende a scomparire, anzi tende a moltiplicarsi, cioè c'è
un processo di moltiplicazione degli elementi timbrici, di variazione degli
elementi timbrici, invece che il procedimento di silenziosità degli elementi
timbrici per arrivare all'assenza. Il procedimento di congiunzione implica il
fatto che ci sia una moltiplicazione dei fenomeni, per cui introduco degli echi,
introduco anche dei riverberi, introduco delle voci alternative, introduco altre
combinazioni di elementi; questi elementi si congiungono e incominciano a ruotare
e, per esempio in questo caso, ad andare per il Centro, entrare nella testa
in ognuno di voi producendo un fenomeno nuovo che ho chiamato congiunzione il
quale, pur essendo anch'esso nella dimensione dell'assenza, nella dimensione
del nulla, é capace tuttavia di non produrre un eccessivo distacco, in
modo tale anche da potere starci, da poter rimanere, da poter essere, in qualche
modo, in qualche parte dell'essere, ricordato pur nella sua assenza.
Non é ancora chiarissimo questo processo perché é un processo
che io sto facendo in queste fasi, anche perché é tutto comunque
nel campo dell'assenza, perciò é un'esperienza comunque altra,
un'esperienza in un altrove; io so che la combinazione di questi suoni produce
un nuovo evento, questo evento so che é quello che mi serve per congiungere
ulteriori processi, ulteriori fenomeni che stanno nel mondo degli uomini, nella
realtà così come essa é stata. Il processo del Raddoppio
mi induceva una trasformazione negli elementi della realtà così
come essa é, ma in una situazione ancora molto distaccata; la congiunzione
mi produce un fenomeno di congiunzione sugli elementi congruenti ad esso stanti
nella realtà, anche se c'è una leggerissima differenza ancora.
Tutto questo discorso serve a introdurre il concetto, il fatto che tutte le
operazioni che sto facendo - anche il discorso che sto facendo stasera e il
discorso che farà Susanna su un altro piano - indicano che il lavoro
che adesso è in atto sta agganciando in maniera strettissima quelle che
sono le maglie di una realtà fino adesso stante nel mondo, una realtà
che si é presentata, per il momento, nella fase evolutiva della specie
in modo concreto. Io con i miei mezzi, con il suono, con la musica, con la pittura,
con la parola, con il pensiero, con la mente, con il vuoto, con la clinica,
con lo studio che sto facendo, per esempio sulle malattie della schizofrenia,
sto congiungendomi su un certo piano di quello che é la realtà
attuale, la situazione attuale della specie, il mondo della specie, dalla specie
creato, in modo che ci sia una congiunzione tale per cui questo mondo attuale
possa in breve termine trasformarsi e diventare altro, cioè agganciarsi
a un piano più assente, diventare un piano dell'assenza.
Adesso per il momento finisco qua, do la parola a Susanna che probabilmente
vuole introdurre questi temi di congiunzione in termini molto più concreti.
Susanna Verri: Sì, in effetti intenderei parlare di questo processo
dal mio punto di vista, quindi dal punto di vista di quello che mi si sta rendendo
evidente in questo periodo e quindi dal punto di vista di quello che posso spiegare
con i miei mezzi di esperienza e con i miei mezzi di espressione.
Un primo fatto di cui voglio parlare é quello che sta avvenendo qui al
Centro; penso che sia anche per voi di facile comprensione il discorso preso
da questo punto di vista, perché riguarda l'esperienza quotidiana anche
di ciascuno, visibile, esperibile nella frequenza qui al Centro, in ogni successivo
incontro con la realtà e con la struttura del Centro. Quello che avviene
nell'ultimo periodo, che vi dicevo mi risulta a mano a mano evidente, é
una maggior fruibilità della struttura, del luogo, del posto, delle opere
esposte, ma soprattutto dell'intera situazione, da parte di tutte le persone
che vengono qui. In altri termini voglio dire che l'intera struttura si mostra,
comincia a essere visibile e le persone che vengono qui per vari motivi, i più
svariati motivi, iniziano a vedere che cosa sta loro intorno, a percepirne l'insieme,
ma anche i singoli episodi, i singoli elementi, cosa che prima non avveniva
o avveniva in misura molto minore ed era un fatto abbastanza particolare d'altro
canto. Vale a dire che in precedenza le persone venivano al Centro, ma, esposte
alla quantità di informazioni che qui si trovano, non sempre o difficilmente
riuscivano a cogliere se non qualche elemento; magari percepivano la bellezza
del luogo, percepivano il silenzio, percepivano la possibilità di stare
in questo luogo attendendo incontri di diverso tipo nella sala grande, oppure
facendo varie attività, percepivano un luogo in cui si poteva stare in
modo diverso o in modo più libero; ma difficilmente si soffermavano poi
sulla realtà della struttura, a vedere, a osservare, a intelligere anche
che cosa li circondava.
Nell'ultimo periodo invece inizia a prodursi un'attenzione precisa, specifica,
riguardo a tutti i vari elementi che si trovano qui al Centro; parallelamente
a questa maggior attenzione che si produce si é intervenuti sulla struttura
anche con una serie di indicazioni: avete visto all'ingresso le Stazioni dell'Assenza
che sono quei cartelli il primo dei quali é addirittura fuori dalla porta,
un altro é sotto una Sconfitta sulla soglia d'ingresso sotto la segreteria,
il terzo all'interno dell'opera, posta al centro del salone, che si chiama 'Teatro.
Stazione dell'altare-mercatino dell'Assenza'. Questi cartelli sono piccoli interventi
sulla realtà, sulla struttura, tali per cui sia possibile una lettura,
cioè chi entra, chi si sofferma - e come vi dicevo e come vi dirò
più avanti questo avviene sempre più spesso - legge e leggendo
interagisce con un elemento, per cui la persona stessa che legge entra in relazione
con la struttura che sta leggendo. Quello che voglio dire, che mi capitava di
osservare anche, é che questi cartelli operano una modificazione della
realtà e fanno sì che divenga evidente la modificazione della
realtà continuamente operante all'interno del Centro. E' come se senza
questo elemento di lettura le persone precedentemente non si soffermassero,
ma adesso si soffermano non perché ci sono i cartelli, bensì perché
c'è in atto questo processo cui accennava prima Paolo e perché
tutta la realtà più assente e le relazioni complesse all'interno
della struttura del Centro si stanno rendendo più evidenti e maggiormente
conoscibili; dunque il cartello in un certo senso é un'occasione di fermata
- la stazione appunto -, é un pretesto affinché si evidenzi una
maggiore attenzione, sia leggibile questa maggiore attenzione, venga in rilievo.
Notavo in questi giorni, per esempio, le persone ferme a guardare quest'opera
qui al centro, 'L'altare-mercatino dell'assenza': lì avviene un evento
di estremo interesse, non sempre nello stesso modo, che varia anche a seconda
del modo in cui si pone la persona, in cui avviene questa osservazione della
realtà: in ogni caso è un'opera di grande complessità in
cui le operazioni effettuate sono di vario tipo - a partire dall'arte concettuale
fino ad arrivare invece a delle operazioni relative alle relazioni dell'assenza
-, quindi un'opera estremamente complessa con questo cartello al centro. Avviene
che la struttura del Centro sia sempre di più una struttura interattiva,
cioè sempre di più una struttura in cui sono operanti relazioni
di tipo nuovo, sono evidenti queste relazioni di tipo nuovo e chi entra in relazione
con queste relazioni di tipo nuovo e ne produce di nuove, entra a far parte
della struttura e delle relazioni che sono continuamente interagenti all'interno
della struttura. E' la moltiplicazione a cui accennava prima Paolo.
Allora io vedevo l'altro giorno una signora anziana, non un'intenditrice d'arte,
una paziente di Lorenzo che era in attesa di andare dal suo medico la quale,
già che si trovava qui, si era posta nella situazione di osservare la
struttura in cui si trovava ad agire e si era soffermata su quest'opera. Io
passavo sulla scala sovrastante seguendo le mie cose, la mia attività,
i miei pensieri anche, e mi sono accorta, mentre passavo al di sopra della signora
- perché lei stava sotto e guardava l'opera - che questa signora ferma
al centro, davanti all'opera, assolutamente intenta a leggere il cartello e
ad osservare l'opera, in questa sua attenzione, in questo suo stare ad osservare,
in questo suo vivere, stare lì, essere lì perché doveva
andare dal dottore e intanto avere incontrato quest'opera e stare lì
ad osservare e a pensare tutto questo - perché stava leggendo -, faceva
parte di quest'opera. Cioè quest'opera era l'opera di prima, più
la signora, più io che passavo sopra e la guardavo, più tutto
l'insieme della struttura che ci stava intorno in cui tutto ciò avveniva,
come in un grande contenitore. Questo luogo in cui si moltiplicano queste relazioni
di tipo nuovo si vede, mentre prima questo probabilmente avveniva, ma avveniva
in altro modo, avveniva in modo in cui la specificità e la complessità
di questi atti non era conoscibile, non era visibile cioè ogni attività,
ogni passaggio ogni relazione che avviene in questo punto risponde nell'intera
struttura, risponde nel senso che vive anche della qualità dell'intera
struttura.
Questo é un discorso che a me interessa molto perché lo vivo,
lo vedo, quindi mi porta continuamente, nel corso della giornata, una serie
di osservazioni di estremo interesse e anche un arricchimento all'interno di
quello che già sto facendo: per esempio in quel momento, vi dicevo, stavo
andando e seguendo i miei pensieri e ho visto quest'altra cosa che era interessantissima,
perciò vi dicevo che é un discorso che mi interessa molto e che
per il momento voglio però limitare per non portare via troppo tempo.
Vorrei aggiungere a fianco di questa osservazione delle relazioni presenti qui
al Centro un corollario, se vogliamo, un altro aspetto di questo evento, e cioè
che a mano a mano tutto il nostro discorso, tutto il nostro lavoro, tutta la
presentazione del Centro stesso, dell'attività che vi si svolge stanno
diventando, di giorno in giorno, sempre più facili, più possibili,
nonostante anche la complessità del discorso. E in particolar modo sono
molto interessanti, da questo punto di vista, le relazioni con le persone di
vario tipo che vengono qui perché vogliono sapere cosa facciamo, perché,
per qualche differente via o progetto o percorso, si avvicinano al Centro per
la prima volta e ci chiedono di sapere che cosa avvenga qui; e noi ci troviamo
sempre a dovere spiegare da capo a un interlocutore che non sa nulla, di cui
sappiamo magari anche poco come provenienza, come formazione, e quindi dobbiamo
ogni volta produrre un discorso modulato via via anche sulle capacità
di conoscenza, di relazione dell'interlocutore. Una volta questi discorsi erano
di una complessità, di una difficoltà estrema perché era
come parlare di un qualche cosa che al mondo non c'era, o incominciava a esserci,
ma di fronte a cui l'altra persona aveva tutta una serie di difficoltà,
o comunque di distanze, che poi magari superava a mano a mano, ma attraverso
una grande fatica. Ultimamente invece, nell'ultimo incontro che mi ha colpito
e che é avvenuto la settimana scorsa, sono bastati venti minuti circa
di un processo che normalmente richiedeva ore, venti minuti di un discorso certamente
molto serrato e ad alto contenuto di comunicazione, ad alto impegno, però
venti minuti di colloqui in giro per il Centro, perché una persona di
estrazione lontanissima, di formazione lontanissima abbia potuto nel suo sistema
recepire e accogliere, ma neanche accogliere, capire direi, recepire, vedere
qualcosa di tutto un sistema così nuovo. E di volta in volta anche nei
vari contatti, con le persone, per telefono, per le varie iniziative, per i
dischi o per altre cose, avviene proprio questo processo dove non c'è
resistenza.
Io mi dilungherei molto, ma mi sembra il caso di fermarmi.
Paolo Ferrari: Vorrei dire, vorrei far comprendere - perché poi
volevo anche suonare -, voglio far comprendere una cosa, cioè come questo
processo, come questa nuova condizione di realtà, questa nuova tappa
evolutiva possa farsi e in un certo senso si stia facendo. Una cosa che mi sembra
interessante da vedere é che il modo in cui ci siamo mossi, mi sono mosso
nella mia ricerca o, diciamo, nella ricerca dell'esplicazione del livello che
conosco del campo dell'assenza, di questo campo vuoto che poi si sta manifestando,
é che non ha importanza che questo fatto, questo ente, questo fattore
nuovo di per se stesso si manifesti e questo faccia succedere una serie di conseguenze
limitate in un certo campo.
Beethoven si mette a scrivere le sue Suonate, e produce un grandissimo livello,
secondo me, dell'attività mentale umana, ed é una tappa fondamentale;
Dante scrive la Divina Commedia e produce un fatto fondamentale dell'attività
umana; Marx fa un certo tipo di lavoro e produce un altro tipo di attività;
Keynes ne fa un altro, Kant ne fa un altro, oppure una persona scrive una canzone
e questa canzone diventa importante; Mozart scrive un'opera; oppure un'idea
filosofica a mano a mano si manifesta e produce storia, un certo evento storico
a sua volta produce storia, eccetera. Questo é il modo in cui la storia
ha proceduto, ma io mi son trovato in una condizione molto più complessa
- già questa non è semplice, insomma -, mi son trovato in una
condizione per cui una cosa, un'anticosa, un essere altro, un'attività
del pensiero, che non era più quella conosciuta dai più, doveva
entrare nella storia e la storia doveva diventare questa cosa. E' quello che
dicevo prima in maniera non ancora molto chiara: quando faccio il raddoppio
di un pezzo di musica, il secondo pezzo attrae a sé tutta l'altra musica
che ho scritto precedentemente, la rende nulla, a sua volta diventa nulla e
produce un nuovo evento, mentre di solito se si fa un pezzo di musica per piano
e si mette il violino, questi due suonano insieme, ma non succede niente di
particolare, diventa una sonata per violino e pianoforte e si immette storicamente
- può essere bella, può essere brutta. Invece quello di cui parlo,
gli enti, gli eventi, gli antieventi, gli antienti che sto producendo producono
non solo storia, ma portano la storia a sé. Sto facendo un discorso che
é radicale, insomma, però questo fa parte del principio fondamentale
che é il 'principio d'inclusione' di cui ho parlato diverse volte: cioè
se un sistema é diverso, se un sistema é più ampio dell'altro
e questo sistema entra in relazione con l'altro più piccolo, lo trasforma
e l'altro sistema entra in relazione con questo sistema più ampio, più
assente, più vuoto e si trasforma in un ente più vuoto.
Io ho compiuto una serie di atti nella mia vita, nella mia storia, nella mia
pittura, nella mia musica, nel mio rapporto clinico, nel mio rapporto con voi,
ho fatto dei segni, dei disegni, questi non si immettono nella storia, ma tentano
- dico tentano perché faccio il modesto -, si mettono lì, aspettano
che la storia vada verso questi segni; cioè l'attività che sto
ponendo in atto, l'attività vuota che sto ponendo in atto é questa
che si include - diciamo adesso da questo altro punto di vista - nella storia
come é stata fino adesso, nell'evoluzione umana come é stata fino
adesso e la porta a sé, la porta verso il vuoto, verso una maggiore assenza.
Perché? Perché fino adesso gli atti che sono stati compiuti storicamente
erano comunque parte della storia così come essa era; questi atti, gli
atti più complessi della mente umana, molto probabilmente avevano un
principio di assenza - in Beethoven ritrovo dei punti di assenza, in Nieztsche
li ritrovo, in Kant li vedo, in Hegel, nelle grandi rivoluzioni, nella Rivoluzione
Francese ci sono - però sono dei pezzetti e questi s'includono nella
storia e lavorano nella storia. Io sono fuori dalla storia, mi son posto al
di fuori, nel distacco dell'assenza, pongo queste anticose, antieventi, aspetto
che la storia entri qui dentro ed é quello che in un certo senso sto
osservando, quello di cui Susanna diceva in termini semplici: questo centro,
questo universo, che noi abbiamo compiuto qua, é un universo, un universo
di una complessità estrema in cui sono riassunti tutti gli universi precedenti
e sono sussunti su un livello più complesso, più vuoto. Allora
capite che questo é un progetto di cui uno dice: “questo qui é
matto”, ma di fatto so di non esserlo, so di aver prodotto un livello superiore
più astratto, più vuoto. La difficoltà di tutto ciò
è che questo si pone al di fuori della storia e aspetta che la storia,
che fino adesso si é fatta negli uomini, diventi antistoria, cioè
non che questo diventi storia, ma che la storia diventi antistoria.
A questo proposito in questo periodo mi sono messo a studiare le grandi patologie
umane, la schizofrenia, la depressione endogena, sto capendo cose molto importanti,
molto interessanti, mi sembra; per esempio recentemente sto capendo, ne discutevo
proprio anche oggi, il fatto che il cervello umano nasce ammalato, cioè
nel passaggio dall'animale all'uomo, in tutti i vari passaggi che avvengono,
la nascita di questa astrazione, di questo elemento più vuoto rispetto
all'animale che é il pensiero umano - quello di homo sapiens o
di homo erectus,, nei vari passaggi -, produce nel sistema precedente,
nel sistema concreto precedente una serie di buchi, una serie di alterazioni;
perciò il cervello, cioè la formazione della neocorteccia con
i vari substrati, con i vari elementi neurochimici, neuropsicologici produce,
nell'avvenire di tutto ciò, il fatto di una situazione che é totalmente
incongrua rispetto a tutta la struttura della materia precedente. La struttura
della materia precedente é arrivata al cervello animale, che in qualche
modo era il sistema nervoso, ma che era congruo con quello che poteva essere
il mondo concreto; con la nascita dell'astrazione, la nascita del linguaggio,
il sistema nervoso superiore diventa non congruo, totalmente incongruo. Questa
fa sì che il cervello umano sia, nasca ammalato, ma non perché
si é ammalato, ma perché nasce schizofrenico; cioè io dico
che gli uomini sono schizofrenici, soprattutto gli uomini antichi, gli uomini
primitivi di centocinquantamila anni fa, poi a mano a mano il cervello ha tentato
di guarirsi e allora ha incominciato a buttare fuori in continuazione delle
idee, ha costruito prima un pezzo, ha costruito la pietra, poi l'ha levigata,
poi ha costruito le cattedrali, ha costruito la pittura, ha inventato la filosofia,
ha inventato tutto ciò, che é un modo del cervello per curarsi.
Gli uomini, poveretti, si sono trovati in una situazione pazzesca, per cui quello
che mi chiedevo oggi è come mai c'è un uomo che é deficiente,
quell'altro é più intelligente, quell'altro é un coglione,
quell'altro invece comincia a capire le particelle, quell'altro si mette a studiare.
Come mai c'è questa varietà così incongrua per cui non
é che siano tutti intelligenti, tutti capaci e ognuno poi ha una specificità,
ma c'è una totale disomogeneità, proprio dei buchi, per cui uno
é una tappa più avanti rispetto all'altro, per esempio? Allora
é probabile che ci sia questa materia, la materia del cervello che é
tutta bucata, e il cervello ha continuato a buttare fuori, cioè ha costruito
la storia, ha costruito il linguaggio, continua a specchiarsi in quello che
butta fuori, questi oggetti, questo mondo che si é costruito, e in questo
rispecchiamento cerca di formare in qualche modo la sua stessa astrazione: é
un feedback questo, cerca di diventare più omogeneo. Il piano di cui
sto parlando, il piano su cui in questo momento sto parlando é di una
totale omogeneità, é assolutamente chiaro, é assolutamente
limpido, assolutamente vuoto e su questo piano posso generare quello che voglio:
mi metto al pianoforte e immediatamente creo una melodia, in questo momento
sto creando, sto generando un certo processo scientifico, ma sono assolutamente
certo che sia così - adesso poi dovrò rivederlo, verificarlo,
andarmelo a studiare - e questo é uno degli elementi che produce congiunzione,
cioè sto producendo uno spazio, un vuoto tale per cui questa storia,
che é completamente disomogenea, vada verso questo luogo e diventi più
omogenea, ma questa congiunzione venga a me in un certo senso, cioè venga
in questo luogo molto più astratto, molto più vuoto, molto più
limpido, molto più aperto, senza incongruità. Durante la giornata,
durante la mia vita, il processo é limpido, é chiaro, non ci sono
alti e bassi, non ci sono vuoti, é sempre continuamente nella sua evoluzione
lineare, perfettamente lineare, in una linearità che però é
altra, cioè é vuota; mentre di solito, noi lo vediamo storicamente,
c'è un passaggio, c'è una guerra, c'è la paura, c'è
l'angoscia, poi c'è una costruzione, ma tutto é un tentativo,
come se ci fosse una sostanza che é bucata, é bucherellata, che
butta fuori qualche cosa per riprenderselo, per curarsi. Mi sembra di vedere
l'uomo come un animale ferito che butta fuori le sue ferite, poi se le riprende
un po' più costruite, quasi che il mondo esterno in fin dei conti fosse
un po' più costruito di quello che é il cervello umano, cioè
gli uomini sono molto più nevrotici del mondo che hanno costruito; gli
uomini hanno molta maggiore schizofrenia, dissociazione, disgregazione del mondo,
di un certo livello del mondo - quando io dico il mondo vedo un certo livello
del mondo -, di un certo piano della realtà con la quale io sto cercando
la congiunzione.
Io sono assolutamente certo adesso che ci sia un piano che, immettendo in continuazione
questi nuovi valori, questi nuovi enti, queste nuove anticose, si faccia tale
per cui questa congiunzione sia maggiormente possibile, cioè io produco,
si produce un arricchimento continuo attraverso tutta questa attività,
questo arricchimento permette che la congiunzione sia più facile e ci
sia anche una maggiore stabilità, un maggiore senso di un equilibrio
vuoto, astratto.
Adesso volevo suonare un pezzo che fa parte di questo discorso da un ulteriore
punto di vista. Adesso sto facendo una serie, chiamiamole, di performance
per pianoforte; stiamo lavorando anche con i video, abbiamo fatto recentemente
una ripresa televisiva per mostrare anche questo altissimo livello tecnico della
tecnica pianistica, di una tecnica pianistica che non esiste ancora in questo
tipo di forma, cioè della ideazione simultanea con me, in me con il pianismo,
con la struttura del pianoforte, con la tastiera, con la formazione delle note
perfettamente in sintonia con quello che sto pensando, con l'ideazione e quindi
con le dita che toccano questa ideazione e l'ideazione che si fa suono: quindi
con questo tipo di simultaneità, cosa che nel cervello umano non esiste.
In questi giorni c'è Keith Jarret che suona alla Scala, che é
un grande tecnico, che, dal punto di vista del suo mondo piccolo, é un
grande musicista, ma non ha questo spirito, il fatto della creazione immediata,
della relazione immediata con l'idea. Cioè io suono un'idea: nel momento
stesso che io metto le mani sul pianoforte suono questa idea, la quale idea
in quel momento diventa concreta, diventa suono, diventa nota ed é questo
uno degli elementi che ha permesso tutto il lavoro - anche quando il mondo era
ancora molto distante - con Carlo Balzaretti che come pianista, come interprete,
come compositore non riusciva a capire come questa congiunzione potesse esserci,
però, come persona molto intelligente, ha incominciato a capire e a lavorare
insieme.
Allora io adesso farei un pezzo: ho registrato l'altro ieri un pezzo per pianoforte
che diciamo che essere un primo livello, contemporaneamente mi siedo e mi metto
a suonare; questo pezzo di primo livello ha dei punti ad altissima concentrazione
tecnica, anche di tipo spettacolare - adesso mi interessa mettere fuori determinati
elementi che sono anche spettacolari in modo da mostrare sempre di più
questi livelli di tipo tecnologico, tecnologico della mente, della nuova mente
- e io simultaneamente a questa mi metto a suonare e vediamo che cosa succede.
Apro questo microfono?
Lorenzo Giubileo: Sì
Paolo Ferrari: Maurizio non c'è?
[Paolo Ferrari esegue al pianoforte un pezzo di 'Musica dell'assenza' - durata
circa 13 minuti]
Paolo Ferrari: Come si sentiva con l'apertura di questo microfono?
Partecipanti: Benissimo!
Paolo Ferrari: Dicevo oggi a Susanna che mi piacerebbe un giorno suonare
con due pianoforti con qualcuno che suonasse una 'Musica dell'assenza' a questo
livello tecnico e riuscire - quando Carlo Balzaretti si sarà messo a
studiare tecnicamente - a suonare a questa velocità; e allora sarebbe
interessante dal punto di vista proprio della performance musicale. C'è
il fatto appunto che la specificità, la grandezza di questo elemento
della 'Musica dell'assenza' é che non c'è una nota sbagliata,
cioè non può essere sbagliata una nota, non esiste nella sua condizione
l'errore, perché tutto è come se fosse continuamente compreso,
ricompreso in ogni suo luogo e riportato fuori, riportato dentro, come un grandissimo
contenitore che si va a congiungere con l'altro, lo porta, lo allarga, si congiunge,
si stringe, si ama, si dissolve e non può capitare che la nota sia sbagliata,
pur essendoci questa grande quantità di note, di informazione. E questa
é una delle caratteristiche: immaginatevi appunto che l'evoluzione portasse
gli uomini su quest'altro piano, la realtà su quest'altro piano, la quale
non ha possibilità dell'errore perché l'errore é completamente
ricompreso, cioè non esiste l'errore, l'errore é continuamente
risolto in altro, risolto in nuovi suoni, in nuovi fatti, in nuovi eventi, in
nuove musiche, in nuovi segni: l'errore scompare come scompaiono tutti gli elementi
che fino adesso hanno bloccato l'esistenza, per cui il dolore diventa un'altra
cosa, il dolore scompare come dolore e diventa un altro tipo di fenomeno; la
morte diventa morte astratta, diventa un altro tipo di fenomeno; tutti i fenomeni
vengono trasformati.
Questo é il nuovo piano, questa antistoria, questa antievoluzione che
stiamo fondando e questo tipo di congiunzione, come dicevo prima, adesso sta
avvenendo ad un'accelerazione molto grande, mentre prima tutto ciò era
in un mondo totalmente distaccato, in un mondo altro, con una grossissima differenza
di potenziale, enorme; invece adesso i due mondi incominciano a andare l'uno
con l'altro, ma non tanto il mondo della realtà quotidiana, il mondo
della realtà generale umana, perché quello che osservo e quello
con cui mi congiungo non é il mondo degli uomini, non è il mondo
della realtà nota di solito. Io mi congiungo con un altro livello della
realtà nota, ma che non é nota: cioè, é come se
ci fossero due mondi, il mondo distaccato, il mondo dell'assenza che si congiunge
con un altro livello che é il mondo della realtà umana che non
é già più umana, che é già trasformata. In
altre parole, in altro modo - lo vedo nel lavoro che compio, nel lavoro quotidiano,
anche proprio nel lavoro clinico - io mi congiungo su un altro livello che non
é più quello del mio paziente, mi congiungo su un altro livello
che é quello del mio paziente che é già trasformato, che
é già diventato altro. In questo altro, in questo altrimenti i
due mondi si congiungono e allora c'è la possibilità della guarigione,
ma la guarigione totale, globale, cioè una guarigione che comprende tutta
l'area; non é la guarigione di un sintomo, o il fatto di un pezzo di
un piede che cambia, oppure un occhio che ci vede meglio, oppure un affetto
che si apre un poco di più, cambia radicalmente la questione perché
c'è questa congiunzione su un altro livello, che non so bene esattamente
che cosa sia, so che c'è un livello di congiunzione, diciamo, tra me
il campo dell'assenza, il campo della realtà, la quale realtà
é comunque altra da quanto é stato osservato fino adesso, é
già di per se stessa altra. Io non so se questo derivi dal fatto che
sia nato il livello dell'assenza, questo abbia fecondato in continuazione l'altro
livello in modo che altro sia fatto, oppure che questo altro sia parte di un'evoluzione
che non si é mai manifestata. Noi conosciamo un'evoluzione manifesta,
un'evoluzione che ha seguito le leggi della selezione della specie, della selezione
dei sintomi, della contingenza, quello che è l'evoluzione normalmente
osservata dagli scienziati, dai biologi; ma io credo che esista un altro livello
dell'evoluzione, la quale non si é manifestata, ma non si é mai
manifestata perché é troppo complessa per manifestarsi, perché
ha in sé un mondo ancora molto più complesso del mondo che noi
osserviamo giornalmente o nella nostra realtà, ed é probabilmente
un livello in cui c'è comunque una condizione di maggiore sanità;
probabilmente nell'evoluzione è avvenuta un'altra via assente che non
si é mai congiunta con quello che é la contingenza del reale.
Non so se sapete che si dice, nell'evoluzione, che noi siamo vivi come siamo
vivi, che abbiamo il cervello, il sistema nervoso come l'abbiamo, che il mondo
fatto in questo modo é una pura contingenza, cioè é una
pura casualità, che la via poteva essere benissimo un'altra: si sarebbero
potuti formare degli esseri completamente diversi, se una certa alga si fosse
comportata in un altro modo, o un certo pesce avesse avuto una struttura nervosa
diversa per cui avrebbe nuotato in maniera diversa. Ma tutto ciò dal
punto di vista dell'osservazione dell'evoluzione, di come il mondo viene osservato
da un cervello che é fatto da questo tipo di evoluzione; ma é
probabile che ci sia un altro livello dell'evoluzione che non é mai stata
osservato, cioè un'evoluzione che non é osservabile direttamente,
ma che é più complessa e questo sia probabilmente il mondo altro,
quello che é l'ideazione con cui io mi congiungo ogni giorno.
Cioè la domanda che io mi facevo quando ci sono stati i vari passaggi
che ho vissuto era: “Ma come mai su questo passaggio, dopo aver vissuto la disgregazione,
la rottura di certi processi del mondo, come mai adesso mi trovo bene? Come
mai sto benissimo? Perché tutto questo é così pieno di
benessere, così intelligente, così vuoto, così astratto,
chi l'ha fatto? Come mai? Perché esiste già e io mi sto congiungendo?”
Suppongo che ci siano questi livelli di congiunzione altra per cui si sia continuamente
formato, nell'evoluzione della specie, nell'evoluzione di tutti gli esseri,
un altro livello, però che questo non sia congiunto. Io, muovendomi in
un certo tipo di condizione, mi sono congiunto, ho prodotto questa congiunzione
per cui c'è stata una rotazione e si é formato il piano vuoto,
il piano vuoto che vivo quotidianamente; qui intorno vedo il piano vuoto, voi
non lo vedete, però pezzi di questo piano vuoto stanno entrando e incomincia
questa congiunzione. Ma questa congiunzione é difficile da osservarsi
in un certo senso in ognuno di voi, perché é talmente radicale
che cambia completamente l'essere, ma lo cambia qualitativamente, non quantitativamente,
per cui la qualità non é osservabile, é osservabile su
un altro piano. Ci vuole un altro tipo di congiunzione da parte dello stesso
tipo di osservatore, cioè il soggetto si osserva, ma deve capire quell'altro
tipo di livello di qualità, però deve avere già la possibilità
di congiungersi con se stesso su un altro livello: vedo infatti e mi accorgo
che ci sono dei fenomeni, delle persone che sono già a un altro livello
di assenza o di qualità altra, però non sono congiunte con se
stesse o non sono congiunte con il mondo esterno, e allora mancano ancora dei
tasselli; mancando questi tasselli l'individuo continua a comportarsi con l'abitus
mentale, con le strutture vecchie, e il mondo continua a comportarsi con le
strutture vecchie. Adesso stiamo a vedere come queste strutture vecchie entrano
in questo nuovo tipo di relazione.
Vi saluto. No anzi, chi vuol far domande? Io mi dimentico di questo altro pezzo.
Maria Luigia: Volevo chiedere una cosa.
Paolo Ferrari: Ah, sei arrivata.
Maria Luigia: Sono arrivata.
Paolo Ferrari: Aspetta che mettiamo il microfono.
Maria Luigia: Ho la voce molto alta, essendo sorda ho la voce alta. Questa
musica mi ha come strappato dal mio equilibrio, ma non mi ha buttato nel caos,
mi ha buttato in una cosa sospesa, era lo scopo di questa musica oppure no?
Cioè, a me ha tolto completamente il mio equilibrio, mi ha buttato in
su, senza mettermi in una situazione di caos o di disperazione o di altro.
Paolo Ferrari: Meno male.
Maria Luigia: Certo. Voglio dire però, lo scopo di questa musica
era di togliermi dalla mia situazione e quindi é un primo passo diverso
o ...?
Paolo Ferrari: No, no, io non ho scopi; è questo il fatto. L'altra
cosa che bisogna capire bene è che io non ho nessuno scopo. Io mi metto
a suonare, e mi metto a suonare; Beethoven fa la trentaduesima Sonata, ma non
per mettere nel caos una persona o per sospenderla, la fa...
Maria Luigia: La mia reazione é normale a questa musica cioè
normale tra virgolette, o l'hanno avuta anche altri, o ...?
Paolo Ferrari: E' interessante perché questo mi può far
spiegare che tutti i miei atti, che sia la musica, che sia anche lo stesso atto
clinico, che sia un disegno non sono intenzionali, cioè io non vado dietro
a un'intenzione: siccome la mia azione, il mio pensiero si muove su un campo
dove non c'è questo tipo di errore, non c'è neanche tipo di intenzione,
cioè non ha importanza che cosa succederà, perché intanto
succederà. Dico che il campo dove io mi muovo, dove per esempio si produce
questa musica, é talmente vasto che tu probabilmente ti sei trovata in
un campo totalmente vasto, completamente nuovo, e siccome probabilmente hai
un certo tipo di sensibilità o anche di resistenza - può essere
tutti e due gli elementi, un elemento di sensibilità o di resistenza
- invece di accogliere completamente, anche perché completamente é
molto difficile perché ha una tale quantità di informazioni -
si forma una resistenza e allora tu ti trovi in un certo senso di sospensione.
Se tu l'accogliessi di più, l'accettassi, la portassi dentro, immediatamente
ti troveresti in una situazione di totale benessere - di totale benessere che
significa di attività mentale.
Maria Luigia: Ma non é malessere quello in cui mi son trovata,
mi son trovata sospesa.
Paolo Ferrari: Allora vorrei che fosse capito prima di tutto che io non
faccio mai un atto intenzionale, cioè non vado dietro a una cosa; siccome
é come se io mi muovessi in questa stanza, mi muovo, vado qui, vado là
non con l'intenzione di fare tre passi qua, ma di stare all'interno di questo
mondo grandissimo e in questo mondo grandissimo faccio degli atti: questi atti
producono un movimento in questo mondo, ma una concordanza, questa coniunctio,
ma senza che io abbia una premeditata intenzione; l'intenzione magari é
nell'istante, per cui io dico che adesso vado a parlare in questo microfono
e questo microfono entra in relazione con me, ma é tutta una questione
di simultaneità, di processi simultanei per cui non c'è una pre-intenzionalità,
per cui non mi metterei mai a suonare per fare qualche cosa, mi metto a suonare
per produrre musica, punto e basta. Ma questa musica io so già però
che mi produce una congiunzione molto vasta, cioè nel momento stesso
in cui faccio questo, poi quest'altro e riesco a compitarlo, a strutturarlo
e a farlo emergere, questo mi induce, mi produce una congiunzione su un campo
molto vasto, che può essere su un pezzo del cervello umano in termini
molto grandi dell'evoluzione, non specifici della singola persona, ma diciamo
in campo storico; cioè io mi muovo su dimensioni macroscopiche, non microscopiche
e allora questo pezzo di musica diciamo che guarisce ma guarisce in termini
evolutivi, non sul soggetto.
Adesso sarebbe interessante vedere che cos'è questa sospensione che può
essere due cose: la sospensione può essere indeterminatezza o indeterminazione,
per cui può essere un campo psicologico che si difende, e si difende
in un certo senso indeterminandosi, che é una fase del bambino intorno
ai due anni che poi gli uomini adulti si portano dietro, in cui non c'è
la determinazione perché c'è la paura della scelta, c'è
la paura dell'uscita dal rapporto col padre, la femmina col padre, il maschio
con la madre - l'uscita e quindi il distacco, il distacco che produce una determinazione.
Oppure la sospensione può essere il fatto che alcune parti che ti occupavano
si sono svuotate e tu ti trovi in un vuoto che deve essere ancora pensato, deve
essere ancora strutturato...
Maria Luigia: Dire che è la seconda soluzione.
Paolo Ferrari: ... deve essere fecondato in un certo senso. Ti si svuota
qualche cosa, ma siccome al fondo non c'era nulla, c'era un campo vuoto non
coltivato, manca la coltivazione e allora l'attività rimane un po' indeterminata.
Maria Luigia: Infatti é questa la sensazione.
Paolo Ferrari: Potrebbe essere così.
Andiamo.
Susanna Verri: 9 marzo.
Paolo Ferrari: Ci vediamo il 9 marzo.