16/6/94

IX SEMINARIO 93-94

Paolo Ferrari: Perciò siamo all'ultimo seminario di quest'anno. Riprenderemo il 20 ottobre con un ulteriore progetto.
Stasera avrei voluto non parlare io, non procedere oltre, anche perché di quantità di informazioni ce ne sono tantissime nel lavoro posto quest'anno. Basterebbe un centesimo di queste informazioni per produrre una grossissima capacità nell'attività pensante, nell'attività affettiva di ognuno di voi.
Come sapete, il mio pensiero, la mia comunicazione progettano delle condizioni in cui non sono possibili tragitti privi di significato, ogni attività è significativa e in quanto tale produce moltissime informazioni su un livello astratto e concreto simultaneamente.
Forse dovremo fare a meno anche di Carlo Balzaretti stasera perché è all'esame di ammissione agli anni alti per la direzione d'orchestra in quanto quest'anno lui, oltre che essere diplomato in pianoforte, si diploma in composizione e allora, diplomandosi in composizione, se passa un certo esame gli abbuonano quattro o cinque anni di direzione d'orchestra, a quello che ho capito; oggi c'era la prova.
Mi dispiace che non ci sia lui perché dovevamo finire insieme l'attività, come l'attività è stata sviluppata insieme.
Mi sembra abbastanza particolare dover parlare o lo star parlando dell'attività di cui mi occupo, che è l'Assenza, dopo giovedì 9 giugno - l'altra settimana - quando c'è stato questo piccolo convegno in cui ognuno dei componenti, degli studiosi dell'Assenza ha preso parola e ha portato avanti il suo discorso in maniera molto autonoma, molto indipendente, capace di produrre parola, linguaggio attorno a un tema che è il tema più paradossale che ci sia, ed è totalmente paradossale anche per la struttura linguistica, per la struttura del pensiero del mondo occidentale in quanto si pone nella condizione del non essere, si pone a dover parlare di ciò che non è, si pone a dover dire di qualche cosa che non ha o non ha avuto fino adesso esistenza. Ed è perciò il massimo paradosso che implichi l'attività pensante del mondo occidentale. Dire di qualche cosa che non ha esistenza è sempre stato il problema grossissimo di fronte al quale mi sono imbattuto avendo esperienza già da diversi anni di un livello, sia della coscienza sia della realtà, della conoscenza della realtà, differente da quello che la condizione umana fino adesso aveva posto.
L'iter attraverso cui mi sono sviluppato e ho sviluppato questo pensiero, è stato quello di dover produrre costantemente dei linguaggi diversi, dei linguaggi nuovi tali da poter dire qualche cosa e immettere qualche cosa dentro la realtà, rispetto alla quale cosa la realtà non aveva fondamento e non aveva esistenza.
Vedete che già ho ribaltato la questione, cioè io dico: "La realtà non ha fondamento rispetto a quello che è l'Assenza, cioè il campo di cui io mi occupo.". Ritengo che la realtà così come è stata pensata fino adesso abbia ben poco fondamento rispetto al livello che io conosco, e ciò in cui mi sto sforzando in questi anni è di poter produrre un qualche cosa che possa rendere sempre più oggettivabile, sempre più visibile, quasi evidente, ciò di cui l'evidenza non si occupa, ed è un paradosso anche questo.
Sento proprio la mancanza del mio amico pianista perché mi accompagnava; mentre parlavo spesso sentivo la musica che avremmo dovuto fare, perché la musica è uno di questi linguaggi, la musica che io faccio al pianoforte - o con la voce o col pianoforte - è uno di questi linguaggi, è uno dei linguaggi per-Assenza, ma questa Assenza non si trova da nessuna parte, ed è questo il paradosso: questa Assenza non si trova a livello subliminale, sovraliminale, oltre il confine della realtà, questa Assenza è tutt'altro, è completamente un'altra cosa, perciò non è sopra e sotto.Io ho dovuto indicare spesso 'sovraliminale, sottoliminale, subliminale' per dire qualche cosa circa questo, per spiegare e partire da quello che è la realtà e da questo astrarre e dire di un alcunché che è diverso da questo. Quello che voglio dire è che ciò di cui sto parlando è completamente diverso, ma la mente umana di solito è abituata a pensare al diverso come a un qualche cosa di irreale, qualche cosa di iperbolico, qualche cosa di fantastico, qualche cosa di, direi, barocco. Il sogno è spesso nella realtà umana un mondo ricco di eventi, molto spesso luminoso oppure in bianco e nero, capace di spaziare attraverso il tempo e lo spazio in organizzazioni diverse di tempo-spazio; ma ciò di cui io parlo non è niente di questo, è il contrario, cioè non è nulla di barocco, non è nulla di iper, non è nulla di fantastico, è una condizione vuota ma, pur essendo vuota, come diceva Susanna giovedì scorso, non è affatto negativa, anzi è una delle condizioni o la condizione migliore per eccellenza per quanto riguarda l'attività del sistema nervoso degli uomini.
E infine capisco che sia difficile immaginare che cosa sia questo vuoto, perché non è un'immaginazione, è una condizione, è uno stato, per cui la realtà, ammesso che la realtà esista, che esista un alcunché al di fuori, e che ci sia la necessità di esistere di un alcunché, appare non essente, appare senza la necessità di esistere. Tutto ciò che noi in generale vediamo osserviamo sperimentiamo comprendiamo, comprendiamo nei termini di una necessità che questa cosa si compia, una necessità che questa cosa esista; la realtà, il mondo hanno intrinseche questa necessità del loro svolgersi, del loro compiersi, del loro essere in quanto tali. Ciò di cui io parlo ha sottratto da sé questa necessità ed è perciò il massimo grado di libertà; essendo tolta la necessità, è tolta la necessità sia di vivere sia di morire, sia di sperimentare, sia di essere presente, di insistere in questa presenza. Una delle condizioni che lega di più l'umana specie alla natura di vecchio stampo è proprio la necessità che le cose siano.
Ora io osservavo... proprio in questi giorni c'è stato un passaggio, un tragitto, un tragitto pieno di significato relativo anche a questa non necessarietà della realtà, non necessarietà dell'esistenza - quello che dicevamo anche l'altra volta della non necessarietà. Se io produco un accordo, produco questi due accordi non è necessario produrre un terzo accordo, un quarto accordo per arrivare a un determinato punto. Ciò che è intrinseco nella mia musica, nella musica dell'Assenza è il fatto che essa è ma non è necessario che sia, mentre la musica, il parlare, il pensare, il pensare umano, il tragitto della vita deve comunque invece produrre un compimento, ha intrinsecamente la necessità di disporsi in un certo modo, di produrre una certa strada, di produrre un certo effetto, di avere comunque al proprio interno una direzione di causa-effetto.
Ciò che mi pare interessante di quello che sta avvenendo a mano a mano in questo periodo è il fatto appunto che certe persone incomincino a parlare circa questa Assenza e che pur non potendola parlare direttamente in quanto assente, in quanto non sperimentabile dalla situazione attuale, dalla condizione attuale, dalla specie attuale, comunque se ne possa parlare attorno, se ne possa parlare per sottrazione. Il metodo per sottrazione, il metodo che è stato usato per esempio nella storia del pensiero occidentale è il metodo per negazione, quello per cui nel campo della teologia viene indicata per esempio la divinità come l'ente che non è, l'ente di cui non si può dire nulla, ed è la cosiddetta teologia negativa, ed è tutta una corrente della storia culturale europea che si è mossa intorno a questa condizione, a questa idea di questo vuoto in mezzo - nel Medio Evo c'è stato Silesius, Mastro Eckhart, e poi nel mondo arabo, nel mondo ebraico. Il fatto di dover dire, di dover esprimere qualche cosa relativamente a un alcunché di cui non si ha l'esperienza, un alcunché di cui non si può dire nulla, questa mi sembra una cosa molto interessante che incomincia a poter essere detta perché comunque, attraverso questo metodo, questa nientità, questa alterità viene comunque oggettivata, e l'oggettivazione è uno dei temi fondanti principali di questa scienza che io sto studiando.
Non volevo parlare, invece sto costruendo un tema di complessa articolazione.
Dicevo dell'oggettività, dell'oggettivazione. Relativamente al mondo piccolo, relativamente al mondo che è stato fino adesso quello della condizione di specie umana, di Homo sapiens sapiens e, in generale, diciamo, degli uomini, il problema è quello di avere una grossa difficoltà nell'oggettivazione della realtà, soprattutto nella nevrosi, e siccome una delle malattie di specie è la nevrosi, il fondare una realtà esterna, una realtà che sia sufficientemente distaccata dal soggetto per poterne dire qualche cosa dal punto di vista oggettivo è uno dei temi più importanti e più difficili che la specie abbia posto. Credo che per questo tentativo di oggettivare siano nate le scienze o, ancor prima, sia nata la filosofia, dopo, la metodologia: è nato il tentativo di conoscere una realtà posta come esterna al soggetto. Quello che io vedo invece nella mia pratica quotidiana, nel mio lavoro clinico anche, è il fatto della grandissima difficoltà delle persone che curo oppure che seguo - o come medico o come terapeuta o come insegnante o come didatta - di oggettivare un alcunché, di capire che esiste e di riconoscere l'esistenza di una realtà esterna, di una realtà esterna che in un certo senso non ha niente a che fare con il soggetto; nello stesso modo vedo come sia difficile spiegare e come sia difficile fare accettare all'altro il fatto che l'altro, l'altrimenti, l'altra persona sia realmente altra, non sia nulla di sé, non sia una funzione proiettiva di sé. Tutti intuiscono il fatto che esiste una realtà esterna al soggetto, all'individuo, o che l'altra persona sia realmente altra, ma in realtà, in effetti, quello che succede è il fatto che l'altro non è mai l'altro, l'altro è una proiezione, spessissimo è una proiezione; il riconoscimento dell'altro è una delle cose più complesse che esistano nella natura umana, per come è stata fatta fino adesso la natura umana. L'atto d'amore, che dovrebbe essere il riconoscimento dell'altro come alterità, come diversità da sé, fondante per esempio nel rapporto tra madre e figlio, è una delle utopie; ma è ben difficile che la madre riconosca il figlio o la figlia come diverso da sé, come altro da sé attraverso il porre un abisso tra sé e l'altro, un abisso come un alcunché di vuoto, un distacco, quello che io chiamo e che la psicanalisi ha chiamato 'il distacco'.
Quello che sto facendo qua con voi è la stessa identica cosa: io sto ponendo una realtà, sto oggettivando una realtà che è questo mio discorso, che è questo ente-non essente, di cui io parlo, che è vuoto, che è altro, che è altrimenti, con in mezzo questo abisso della sua non essenza, questa sua alterità; ma questo non è nient'altro che... Oh, ciao Carlo, sei arrivato.
Carlo Balzaretti: Di corsa.
Paolo Ferrari: Dicevo prima che ci mancavi...
Carlo Balzaretti: Mi fa piacere.
Paolo Ferrari: ...perché io avevo bisogno della musica insieme, se no...
Dicevo che questo discorso pone immediatamente, tout court, nella più breve corsa possibile, questo abisso tra l'essere il discorso, il porre, il porre l'altro, il porre l'Assenza, il porre questa nuova condizione, ma porre la diversità tra quello che è l'essente di questo discorso, e la sua formazione linguistica, e l'ascoltatore che sta dall'altra parte, e in mezzo c'è l'abisso, c'è il vuoto, c'è il nulla. Ma quello che è interessante non è il fatto che... ciò che è interessante non è... cioè quello che è difficile da far comprendere alle persone è il fatto che se c'è il nulla in mezzo, se c'è il vuoto in mezzo, se c'è il distacco, questo non significa che non ci sia il rapporto, che non ci sia la relazione; ma, ammesso questo nulla, questo distacco, questo assente in mezzo, la relazione diventa congruente, diventa capace, diventa oggettivata, diventa possibile.
Dicevo prima che, invece, nella condizione normale delle persone, anche nella situazione di metodo, di studio del metodo scientifico, il concetto di oggettivazione è molto difficile da produrre: una persona crede di riconoscere una realtà esterna a sé, ma il più delle volte questa realtà è il frutto della propria proiezione; molto difficilmente una persona sarà in grado di porre questo distacco, questa distanza, questo abisso tra sé e il reale e attraverso questo porre poi dei legami capaci di produrre una relazione più astratta.
Dico questo per incominciare a illustrare tutto questo terreno di cui io mi occupo: questo terreno di cui mi occupo è proprio questo abisso, questo distacco, è quest'Assenza; cioè è la realizzazione in pieno di una realtà distaccata, di una realtà che è vuota, di una realtà che è altra, che è molto più complessa, che produce dei legami di Assenza, o per Assenza, e che non è quella realtà proiettiva o fusionale di cui gli uomini di solito s'impossessano.
Allora, per quanto riguarda questo ambito di mondo, cioè questo ambito del mondo del distacco, non è difficile concepire questo tipo di assenza o di astrazione di cui io parlo, perché è come se fosse la differenza [di cui] una persona [potrebbe accorgersi] se si ricordasse, se potesse concepire il fatto, per esempio quando era bambino, di come la realtà gli stava addosso oppure, quando è massimamente nevrotico, [di come] la realtà gli sta molto addosso e, invece, quando la realtà incomincia a distaccarsi, [di come] la realtà incomincia a essere fuori di lui, diversamente da lui. Dato questo elemento, se una persona incomincia a concepire questo capisce cosa potrebbe significare un distacco per Assenza in cui la realtà non è soltanto... nella realtà è avvenuto un distacco ancora maggiore per cui tutto quanto quello che è il mondo proiettivo, il mondo concreto, il mondo della rigidità, il mondo della fisicità, della fisicizzazione, della somatizzazione, il mondo del concretarsi, che è la proiezione del proprio soma, è venuto meno, al suo posto si è formato il vuoto e questo vuoto è il distacco, e la realtà diventa essa stessa il distacco; cioè la realtà diventa la non necessità di doversi promulgare, di doversi concretizzare, di doversi essere, di doversi fare, la realtà può starsene al di fuori, può starsene assente, può starsene vuota, senza dover prendere questa forma concreta, banale, chiusa che è quella del mondo, della natura biologica umana per come adesso, fino adesso ha pensato.
Comprendo che questo tipo di seminario è molto astratto, ma probabilmente, essendo l'ultimo seminario, doveva essere di questo tipo di astrazione.
Dico tutto questo per far capire anche, per poter far capire, per poter far passare anche attraverso queste vie mediate, queste vie che ritengo complesse - ma di una mente molto sviluppata che sta cercando proprio di dire in concreto come avvengono questi fatti -, il fatto di come questi passaggi dell'Assenza sono avvenuti in questi anni nelle persone che hanno seguito questo processo, questa attività, questa nuova attività - questi vent'anni e più in cui io ho studiato questo livello che mi appartiene, che conosco perfettamente -; di come l'abbiano preso spesso [questo processo], l'abbiano portato dentro di sé e l'abbiano come utilizzato, come imbrigliato dentro ai meccanismi non del distacco, entro i meccanismi del mondo interno. Cioè, quello che voi normalmente vedete, di cui normalmente avete esperienza è una realtà che è più o meno fatta così : qui c'è il soggetto, qui c'è l'oggetto, però questi due enti soggetto e oggetto non sono separati, cioè è come se ci fosse una realtà che circonda il soggetto, il soggetto è preso, è prigioniero di questa realtà perché la mente non ha sufficientemente distacco per potersi porre al di fuori del reale e poterlo vedere nella sua pienezza, nella sua distanza. Quando il reale prende la sua distanza è quando io credo avvenga la morte: sembra che debba cessare la vita, la vita biologica perché il reale si stacchi.
Allora io dicevo che lo sviluppo di quest'altro tipo di attività di cui io parlo sia avvenuto proprio all'interno delle persone che mi hanno seguito o di alcune persone che mi hanno seguito o delle persone che ho curato, ma anche nella realtà circostante, cioè i passaggi che sono avvenuti nella realtà di cui mi occupo - l'Assenza e prima l'Attivazione -, siano stati riportati in questo tipo di mondo, in un mondo completamente chiuso che è questo della natura umana, la quale natura umana è incapace di riconoscere un evento a sé esterno, diverso da sé. Cioè è vostra esperienza quotidiana il fatto che se voi per caso aveste una sensazione, un'emozione, un transitare attraverso di voi di un qualche cosa che è completamente diverso, lo fareste comunque rientrare all'interno di questa situazione; cioé nessuno di voi, per quanto io ne sappia, ha mai accettato il fatto che un qualche cosa che sia completamente diverso, che sia B rispetto ad A, che sia altrimenti, questo sia potuto transitare qui dentro rimanendo B; tranne pochissime volte io credo, probabilmente durante il tragitto evolutivo, tragitto evolutivo nel quale lo scimpanzé, lo scimmione han dovuto incominciare a sentire, a vivere determinate cose che erano diverse da sé e in un certo senso accettarle come diverse da sé, non farle diventare animali, e probabilmente attraverso questo ha incominciato a nascere un'attività che noi abbiamo chiamato la coscienza o il pensiero. Però per il sistema A accettare B che è completamente diverso da A è stata una tragedia, una tragedia immane, in quanto se A si difende da ciò che in qualche modo è diverso, ma è diversino, è A
1 A2 A3, è un pochettino diverso, per cui la natura umana ha una corazza di difesa, ha il sistema immunologico, il sistema immunitario, il sistema delle difese psicobiologiche, delle difese dell'io, figuratevi voi se incomincia a transitare dentro il sistema umano un qualche cosa che sia completamente diverso: l'ente completamente diverso per il pensiero umano - prima per il pensiero animale - equivale alla sua distruzione, equivale all'alterazione completa, equivale alla morte del sistema A.
Quello che è avvenuto per quanto riguarda l'Assenza è il fatto che il sistema B ha incominciato a parlare del sistema A - o A
1 A2 A3 - in un certo senso già preparato attraverso determinate fasi che si erano già formate, per quello che io conosco che si è formato dentro di me; e io ho incominciato - io, l'altro di me o quello che è - ad accettare un sistema che era completamente diverso, cioè un'azione pensante, un'azione fisica, un'azione biologica, uno stato completamente diverso rispetto a quello che era la mia cognizione di una realtà conosciuta, di una realtà biologica, di uno stato biologico, di una memoria biologica, di uno stato dei corpi, di uno stato del corpo, di uno stato del mio corpo, di uno schema del mio corpo, della consistenza del mio corpo, della consistenza del corpo altrui o della realtà esterna; ad avere determinati processi, determinati fenomeni B, cioè dei fenomeni assolutamente equivalenti a una condizione, a uno stato di morte, e accettarli nel sistema, riconoscerli come veri, come oggettivi, includendoli dentro il sistema A, perché A diventava A + B, e diventava un altro elemento, diventava C. Ma questo dei vari passaggi evolutivi è un discorso che riprenderemo. Ma questo per dire... quello cui voglio a poco a poco arrivare è il fatto che questo B, cioè quest'Assenza, che io ho poi chiamato Assenza, cioè l'ho riconosciuta, l'ho chiamata, gli ho dato un nome, a poco a poco negli anni, cercando di capire, comprendere, è un fatto assolutamente oggettivo; cioè non è una sensazione interna per cui una persona ha determinate emozioni, sensazioni, allucinazioni, deliri; è un fatto oggettivo,come se uno avesse una martellata sulla testa e dicesse:"Questo qui è un martello che mi colpisce la testa".E' un fatto di un'oggettività spaventosa, cioè di un'oggettività molto più grande di tutta l'oggettività fino adesso esistente; per quello io dico:"La realtà che fino adesso è stata conosciuta ha un'oggettività fragile.".
Allora il lavoro che si sta facendo e che è quello che sta avvenendo, che è avvenuto anche la settimana scorsa con questa presentazione, con questa tavola rotonda aperta, non rotonda, aperta è il fatto che questa oggettivazione incominci a parlare, incominci a parlare attraverso la voce degli altri, anche per via negativa, per via della negazione, per via del non è, non essere: non è questo, non è questo, non è questo, e in quanto non è, tutto questo incomincia ad assumere una forma per effetto di sottrazione, per effetto di negazione. Ma nell'insieme quello che sta venendo fuori in questi giorni, dopo questa condizione, questa situazione di giovedì scorso, è che viene accelerato il fatto per cui B, per cui l'Assenza si manifesta; per cui la storia di questa questione è il fatto - appunto ritorno a prima - che non è un mondo interno, cioè non esiste: per quello che io conosco di questa questione,per questa il mondo interno non esiste, non esiste nessun mondo interno, cioè il mondo interno è vuoto, non esiste niente, l'io non esiste neanche. Diceva già Rimbaud:"Io è altro", e nessuno capiva cosa fosse; Rimbaud incominciava a dire:"Io è altro", poi non ce la faceva, non sapeva che cosa dire, ha incominciato a girare per l'Africa, ad andare a conoscere dei mondi nuovi, dei mondi altri per poter oggettivare questo altro di cui aveva esperienza dentro di sé, e ha scritto dell'illuminazione; però era ancora il mondo piccolo, perché questo altro non si staccava. Questo altro si è staccato. Ma questo altro, in quanto è altro, è altrimenti, proprio perché è altro, per cui è nell'abisso, oltre, nell'abisso e nel distacco, perfettamente nel distacco, è assolutamente oggettivo, è oggettivabile; come quando nasce un bambino: nasce un bambino, questo bambino si vede, è concreto, è una persona, è un ente, non si può dire che non è nato; la madre potrà dire che non è nato perché se lo porta nella pancia, ma il bambino ha attraversato il canale vaginale, ha attraversato il solco, è un ente reale. Questo è ancora più reale, cioè è un altro altro, è un altro altrimenti, è dall'altra parte, è una realtà molto più concreta, molto più visibile, molto più, forse, immediata che non la realtà che noi conosciamo, però è altamente oggettiva.
Allora, la natura umana invece tende a soggettivare, la natura umana tende a chiudere dentro al proprio cranio la storia, le proprie cose, le proprie sensazioni, le proprie apparizioni e ha moltissima difficoltà a riconoscere questo altro anche perché se riconoscesse questo altro incomincerebbe ad avere l'esperienza, il vivere diverso che gli dà comunque la comunicazione o la sensazione o lo stato di totale instabilità o di morte, perché la specie per riconoscere questo altro deve cambiare il livello di specie, e in quanto deve cambiare il livello di specie allora deve morire come specie precedente e diventare - quello che si diceva - una specie intermedia che io ho chiamato 'uomo astratto', 'homo abstractus'. E ciò vale per qualsiasi cosa. Cioè, come dicevo prima, il fatto che io faccia un quadro, questo quadro è altro; cioè se gli uomini uscissero un attimo dalla loro natura proiettiva, dalla loro natura non reale, di una realtà molle, di una realtà non oggettivata, non distaccata, questi quadri gli picchierebbero dentro la testa, invece è come se loro vedessero dei quadri, vedessero come dei baluginii, come delle cose informi perché son tutti chiusi dentro un sistema che è fondamentalmente autistico. Perché autistico: nel senso che non riconosce una realtà al di fuori, una realtà veramente al di fuori, cioè un altro; ma riconoscere un altro significa accettare la propria estinzione. Allora è per quello che io dicevo... allora anche al pianoforte il fatto che io faccio questo accordo e lo risolvo in questo modo, questo è altro. Se una persona incominciasse a sentire questo altro, questo altrimenti, incomincerebbe a oggettivare completamente questo altro, cioè sentirebbe attraverso le proprie orecchie, attraverso il proprio naso, attraverso la propria vista una componente che è altra, che è completamente diversa, cioè sentirebbe veramente il suono. Oggi infatti ho qui Les Images di Debussy che oggi per caso ho messo su da sentire, e dicevo: "Ma perché? cosa scrive? che cosa fa? perché?" Le sentivo, sentivo dei pezzi e dicevo:"To' guarda, questo qui è un pezzettino che può dire qualche cosa." E poi, invece di fermare, di concludere, di astrarre, tutto quanto veniva portato non all'altro, ma a una condizione della natura umana che non so che cosa sia, cioè a questo punto a poco a poco incomincio a dubitare, non so che cosa sia la natura umana attuale. Cioè: perché la musica suona in un certo modo? perché la poesia dice in un certo modo? per far che cosa? che mondo è? come si chiama? Distaccato, sufficientemente distaccato ormai, ascoltando la musica, leggendo la poesia, leggendo la filosofia, i romanzi o le scienze o la biologia io mi chiedo:"Questo livello, questo livello che sta parlando a chi parla? cioè la natura umana a che cosa corrisponde? a chi corrisponde?" Dovete capire che se questo altro ha incominciato a essere, se ho incominciato a essere questo altro, con questo distacco all'infinito, pur avendo tutte le relazioni per assenza di cui sapete benissimo, se riesco veramente a pensarlo, io dico:"Perché questo accordo porta a questo? ma perché? per chi? a che cosa serve? serve per il piacere? serve per il sesso? è un fatto, come Vono lo chiama, un fatto gastro-sessuale? cosa sta dicendo? che lingua sta parlando? la lingua che viene parlata, perché viene parlata in questo modo? a che cosa porta?". Appunto io sto parlando una lingua diversa, sto parlando in questo altro il quale è assolutamente oggettivo, cioè il fatto è che se siete qui, se accettate questo abisso, questa alterità che sto ponendo, quello di cui sto parlando, questa Assenza di cui sto parlando è assolutamente oggettiva, si vede, è ovvia, si vede nella sua nullità, nel fatto che non ha bisogno di farsi vedere. Ripeto, quello che sta venendo sempre più alla luce è il fatto che questo è assolutamente oggettivo; io non ho mai avuto dubbi, fino da quando ho incominciato a vivere o avere esperienza e incominciare a capire, conoscere tutti questi elementi, dall'inibizione condizionata al riconoscere poi il B, riconoscere l'alterità, riconoscere l'altro livello: non ho mai avuto dubbi che questo fosse una mia proiezione, una mia idea, un'allucinazione; erano fatti ovvi, erano oggettivi, erano molto più oggettivi che non la testa di uno di voi, che non questi microfoni, che non questo pavimento. Erano fatti che osservavo normalmente e, come adesso, osservo normalmente, cioè io vivo normalmente osservando quest'altro livello di realtà, e sempre di più mi stupisco del perché la musica dev'esser compiuta in questo modo, o perché questo accordo porti a qualche cos'altro oppure perché la poesia dica quelle cose, ma non capisco perché. E' come se - è la stessa storia -, come se in mezzo agli scimpanzé a un certo punto fosse cascato dentro un uomo oppure, diciamo, homo erectus o homo sapiens fosse cascato lì dentro e dicesse:"Ma cosa stanno dicendo? cosa stanno facendo?". E infatti mi chiedevo, facevo questa domandina ai miei amici:"Se nella fase evolutiva, oppure in mezzo agli animali in una certa fase delle epoche evolutive, delle ere in cui l'uomo non c'è ancora capitasse lì in mezzo un uomo, in mezzo agli animali, in mezzo alla natura, che cosa vede? quali realtà vede?".
Ora, se uno non ci pensa immediatamente risponde:"Vede degli animali, vede la natura, vede delle cose, non vede le macchine, non vede le cose". Però se uno ci pensa bene dice:"Ma che cosa vede?". Esiste qualche cosa? cioè il mondo ha le piante già fatte? ha le forme degli animali già fatte? ha già tutte queste cose già fatte? oppure le relazioni che intercorrono fra gli animali, per cui l'animale cerca la tana, per cui i colori sono riconosciuti dalla struttura biologica nervosa dell'animale, per cui il colore viene visto in un certo modo oppure il linguaggio è fatto di elementi molto concreti... l'uomo capitato lì dentro vede tutte queste relazioni concretissime, per cui l'uomo capitato lì dentro non vede assolutamente niente; vede questi elementi assolutamente concreti come se, riprendendo l'esempio che faceva Kemeny giovedì scorso, come se esistessero soltanto delle foglie invece che una foresta, perché le relazioni complesse le fa soltanto la mente umana: non esistono delle relazioni complesse, delle relazioni astratte senza la mente umana. Spero che questo sia un fatto comprensibile.
E così in questa nuova condizione di superamento dei processi precedenti, di una situazione di una complessità maggiore, quello che vedo a mano a mano è che mi devo costruire delle relazioni più complesse perché prima io ero prigioniero; prima di produrre questo B, di produrre questo altro, questa oggettività, le relazioni che io vedevo, in cui ero prigioniero erano estremamente dolorose perché erano molto concrete, erano molto chiuse; le relazioni che voi fate - per relazioni intendo il linguaggio, le relazioni fra un oggetto e l'altro, tra i colori, tra le emozioni, tra i suoni - sono molto concrete, sono molto chiuse, e di questo io ho sofferto per tantissimi anni, fino a che, a mano a mano, il sistema si è liberato e ha prodotto questa alterità, questo nuovo vuoto, questo nuovo effetto di relazioni estremamente complesse estremamente vuote.
Ad esempio, se io produco questi suoni significa che le relazioni fra questi suoni sono le relazioni che ho per assenza, per astrazione, cioè produco una distanza tra un suono, tra una relazione, tra una certa unità sonora e un'altra unità sonora, una distanza tale per cui sono così distanti i due eventi che a causa della stessa distanza i due eventi possono essere concordi l'uno con l'altro, e questa è una delle associazioni o dei processi che io faccio. Per esempio: sto parlando, sto vedendo intorno a me e, quanto più certe relazioni, certi colori, certi fenomeni, certi effetti, certe emozioni che osservo nel mondo esterno, quanto più sono divaricanti e io li pongo in una distanza all'infinito, al massimo della distanza dall'altro, col massimo del distacco, tanto più questi possono produrre un campo di informazioni che sia valido per questo piano dell'Assenza. Per esempio questo è uno dei processi che io faccio, che ho fatto per Europa in cui - siccome Zizine leggeva - c'erano alcune cose che non c'entravano assolutamente l'una con l'altra, ma in questo non c'entrare, in questo essere in campi completamente diversi, esserci questa scissura, esserci questa mancanza, esserci questo vuoto, produceva una relazione, una relazione nuova, un campo nuovo e, come diceva anche Luciano, c'è un campo di eventi sottostanti, o oltre quello che è la relazione dei singoli significati. E questi sono alcuni esempi del metodo che a poco a poco io sto andando a individuare, del perché e come vengono poste queste distanze, e come io ricavi delle relazioni complessissime e che possono parlare una certa lingua. Questo è soltanto un esempio, perché non è mai un fatto meccanico, perché queste relazioni per Assenza, queste relazioni vuote, le relazioni lontane hanno comunque una componente affettiva, ma di un' affettività non conosciuta, di un'affettività che è molto più vuota dell'affettività fino adesso stante, di un'affettività oggettiva - e ritorniamo all'oggettivazione -, di un'affettività che io riconosco immediata, che è oggettiva, che è staccata da me, che è fuori di me e che ha una sua esistenza non necessaria e in quanto non necessaria esiste; e questo è un altro paradosso.
Mi fermerei qui.
Gradirei che quest'estate leggeste a fondo questi Saggi che spiegano tutto questo andamento di cui ho fatto una sintesi stasera. Adesso sento un'Assenza profonda ma anche un po' dolorosa, a causa probabilmente di questa sintesi estrema.
Dicevo che questi Saggi, i quattro Saggi - le due Lettere, il III Saggio e l'Interludio - sono proprio un corpus, sono un insieme di grandissima sintesi, di capacità d'informazione notevole e che, letti tutti insieme e letti nella loro successione, nella loro stratificazione producono proprio questo livello di conoscenza. Adesso io penso, a settembre-ottobre, che vorrei per esempio dar mano al fatto di incominciare eventualmente a pubblicare le lezioni che ci sono state due anni fa, poi quelle dell'anno scorso e poi eventualmente arrivare ai Seminari, e questo sarebbe il corpus orale, e vedere poi come insieme, come queste due entità, corpus vuoti o corpora vuota, vacua,.queste entità possano appunto... E' che sono oggettive: io per esempio stasera ho parlato di questo discorso, per me questo discorso si è distaccato e sta lì, non è in me, mentre una persona che parla, qualsiasi discorso faccia, comunque il suo discorso ce l'ha appiccicato addosso, a meno che non sia il grande oratore, per esempio molto probabilmente Cicerone, oppure il grande scienziato, che riesce a capire, riesce a produrre poi un sufficiente distacco dalla realtà e un pezzettino di questo elemento del distacco, del proprio discorso, della propria ragione logica si compie nella sua forma di distanza da sé. Quello che io sto dicendo, quello che è avvenuto stasera è un alcun ché che si è completamente distaccato da me, ed è per questo che è vuoto, ed è per questo che è oggettivo, ed è per questo che è capace di produrre azione: oggettivo vuol dire produrre azione, e questo produrrà azione. Basterebbe che una persone, un individuo, ma anche un gruppo di individui incominciassero ad accettare questo altro, interamente questo altro, che incomincerebbe proprio tutto un processo a livello biologico molecolare, astratto.
Carlo suoniamo un pezzo?
Carlo Balzaretti: Sì!L'importante è saper che cosa.
Paolo Ferrari: Eh non so. Tu cos'hai preparato? Cos'hai?
Carlo Balzaretti; Mah, io qui non ho niente, sono arrivato dal Conservatorio di corsa dopo tutta una giornata... Mettiamo su una musica che vorremmo fare, intanto più o meno le ultime cose le so. Quello che vuoi, anzi forse è anche meglio buttarci, non so; le cose che ho fatto l'altra volta semmai, ma mi sembra assurdo rifarle, facciamo qualcos'altro.
Paolo Ferrari: Che cosa?
Carlo Balzaretti: Potremmo ripescare qualcuno dei Pezzi per la gioventù.
Paolo Ferrari: I Pezzi per la gioventù, ne hai altri sotto mano?
Carlo Balzaretti: Mah, io ne avevo passati alcuni, però tempo fa. Mah, facciamo quello che vuoi, o una delle Sonate... Io stasera non ne ho qua, ma basta che mi passi qualche cosa che io lo faccio.
Paolo Ferrari: Ma i Pezzi per la gioventù , quanti ne sapevi? cinque?
Carlo Balzaretti: Beh, quattro o cinque me li sono passati; se vuoi, se me li sottoponi, te li faccio vedere, così li imparo. Suonare, suono volentieri.
Paolo Ferrari: Uno era un Adagietto.
Carlo Balzaretti: Hai qui il fascicolo? perché oggi mi sono dimenticato tutto di portare qua.
Paolo Ferrari: Aspetta.
Carlo Balzaretti: Oggi ho avuto una giornata pesante anch'io, tra ammissioni, concorsi ministeriali, sono arrivato qui poi un po' di corsa; ti chiedo scusa, ma è un periodo così. Ma questo però, il numero sette, è complesso.
Paolo Ferrari: No, ma non dico della complessità; il fatto è che sono proprio... li ho pensati proprio per un solo pianoforte, mentre gli altri, quelli delle Sonate astratte, li penso sempre in doppio; questi li penso proprio come se fosse un pianoforte sovrapposto all'altro.
Carlo Balzaretti: Ma questo lo sapevo già, lo so, lo posso capire.
Paolo Ferrari: Beh, tu prova a suonare, prova a suonarlo tu prima, poi posso provare a raddoppiarlo.
Carlo Balzaretti: Va bene. Sì, secondo me questo è fattibile.
Paolo Ferrari: Diamo il titolo, va'.
Carlo Balzaretti: Da una frase appena pronunciata.
[Carlo Balzaretti esegue al pianoforte il brano tratto dai Pezzi per la gioventù. Durata: 50"]
Carlo Balzaretti: Questo è scritto in modo molto complesso; possiamo tentare di fare il Raddoppio, secondo me.
Paolo Ferrari; Dicevo che questi Pezzi per la gioventù, questi pezzi semplici, questi Pezzi per la gioventù astratti io li ho pensati esclusivamente proprio per un pianoforte, cioè ho pensato il Raddoppio; quando l'ho pensato, ho pensato proprio che i due pianoforti erano simultanei e ripetevano l'identica nota, cioè era un Raddoppio nell'identica nota. Adesso possiam provare. Voglio vedere, raddoppiando, probabilmente si apre un po' il campo, mentre questi devono stare molto stretti: sono degli aforismi e hanno una simultaneità al loro interno, hanno un raddoppio al loro interno; è come se fosse un discorso come quello che ho fatto stasera, dei punti stretti in cui il Raddoppio è soltanto al suo interno. Adesso voglio provare se si stringe lo stesso.
[Paolo Ferrari esegue il Raddoppio dello stesso pezzo simultaneamente a Carlo Balzaretti che ne ripete l'esecuzione]
Paolo Ferrari: In certi punti c'era, in altri punti ...
Carlo Balzaretti: Nella parte centrale mi sembra venisse fuori.
Questo qua lo vedo male, non mi sembra adatto per suonarlo oggi; questo è tutto da vedere, questo è ancora da revisionare.
Paolo Ferrari: Non ce n'erano altri?
Carlo Balzaretti: Ci sono i tre pezzi che ho fatto la volta scorsa, perché io oggi non pensavo neanche di poter venire qui; è stata una combinazione fortunosa di casi per cui sono uscito.. Chiedo scusa. Io dovrei essere a scuola sennonchè in qualche modo le cose sono andate per il verso giusto, e sono andato in tilt. Come voi d'altronde saprete la produzione pianistica di Paolo Ferrari è notevole, per cui tante volte dobbiamo stare molto attenti; siccome ci sono un sacco di pezzi,per esempio quello che ho davanti è un pezzo che ho rivisto dal punto di vista ritmico, ma non l'avevo ancora rivisto dal punto di vista delle dinamiche, per cui non me la sento francamente di suonarlo. Questo qua no.:Quello che abbiamo fatto era già completo in tutto.
Paolo Ferrari: Sì, sì
Carlo Balzaretti: Grazie, eccolo qua. Benissimo, questo sì. Possiamo fare questi due, magari.
Paolo Ferrari: Lo fai tu prima?
Carlo Balzaretti: Va bene.
[Carlo Balzaretti esegue al pianoforte uno dei Pezzi per la gioventù composto da Paolo Ferrari. Durata 75"]
Paolo Ferrari: Eh, questo lo suoni proprio bene.
Carlo Balzaretti: E' normale che sia così, è bello, è bello. Ci si diverte a suonarlo.
Paolo Ferrari: E non so se raddoppiarlo questo qua, perché così...
Carlo Balzaretti: No, questo non va bene. No, no. Facciamo invece Cantando i colori dell'orizzonte.
Paolo Ferrari: E prova a farlo.
[Carlo Balzaretti esegue al pianoforte Cantando i colori dell'orizzonte. Durata 40"]
Carlo Balzaretti: Questo è già più adatto, ha già più possibilità.
[Paolo Ferrari esegue il Raddoppio dello stesso pezzo simultaneamente a Carlo Balzaretti che ne ripete l'esecuzione]
Carlo Balzaretti: E' venuto poi benino questo. Penso infatti che della raccolta, appunto, dei pezzi dell'album astratto sia in assoluto il pezzo, anche dal punto di vista didattico, più chiaro, più schematic. Adesso ho visto che ci sono altri pezzi, dal 19 al 21, più o meno su questa linea. Questo proprio è chiaro; penso che un allievo di terzo corso dal punto di vista ritmico-notazionale possa affrontarlo senza difficoltà; è molto chiaro. Dalla grafia a cui siamo poi giunti sembra che sia.. Infatti la settimana scorsa c'è stato qualche mio allievo curioso che avrebbe avuto intenzione di buttarsi nell'impresa; penso nel prossimo anno scolastico ci butteremo con l'Album per la gioventù di Schumann. E' una bellissima raccolta anche quella. Proprio la settimana scorsa mi è capitato di prendere in mano una melodia popolare di Schumann e peccato che non ho il testo, sennò ve la farei sentire; è una pagina sconvolgente, di una modernità, di una ricerca dal punto di vista...
Paolo Ferrari: Ma da quale raccolta?
Carlo Balzaretti: Dall'Album per la gioventù che infatti è una raccolta che ha scritto molto tardi Schumann; è proprio una delle ultimissime raccolte prima di scrivere quei pezzi, quasi tutti incompiuti, che sono addirittura quasi malheriani dal punto di vista dell'intensità.
Paolo Ferrari: Prova a fare Come parla il poeta. La sai?
Carlo Balzaretti: Di Schumann?
Paolo Ferrari: Sì.
[Carlo Balzaretti suona Come parla il poeta di Schumann. Durata 1'e 15"]
Paolo Ferrari: Bene!
Carlo Balzaretti: Questa è una bella pagina.
Paolo Ferrari: Allora, con Schumann chiudiamo l'anno '94 dei Seminari.
Allora, vi ricordo di leggere i Saggi, di leggere Europa. Se vi interessa, il terzo disco delle mie composizioni è in vendita alla Discantica; sarebbe mica male che ve lo sentiste, e così il 20 ottobre ci troviamo e incominciamo a parlare di queste distanze abissali, così d'appresso, così oggettive, così presenti, come anche questa musica di Schumann è abbastanza presente.
Carlo Balzaretti: L'hai proprio azzeccata, eh? Hai proprio preso il pezzo giusto.
Paolo Ferrari: Arrivederci.