IX lezione 1992-1993
 


Voglio parlare, stasera, di una lingua serrata della mente e del pensiero. Parlo della mente e del pensiero come se fossero due livelli differenti, come se il pensiero fosse il linguaggio più astratto, più puro, più assente e la mente fosse quel contenitore di cui stiamo parlando ultimamente; come se la mente fosse un linguaggio più affettivo rispetto al pensiero che è il linguaggio più assente, più astratto. Ciò è vero anche per quanto riguarda la mente e il pensiero usuali, tra i quali si può porre come differenza che il pensiero è più vicino al respiro, allo spirito, è un luogo forse più silenzioso, mentre la mente è una condizione, una concezione del pensiero più relativa alla madre, alla madre in termini generali: la radice sanscrita
è nelle lingue indo-europee la radice etimologica sia della parola mente che della parola madre, per cui la mente è quell'organo che si forma, che si radica all'interno della madre, all'interno d'un'origine concreta. Il pensare è un ente vuoto, la mente tende ad essere la madre.
Ho parlato di un linguaggio serrato fra i due livelli del pensiero e della mente. Come ho già detto, spesso compongo musica usando due livelli, il livello 01 e il livello 02, i due livelli dell'assenza. Attualmente posso considerarli l'uno come il livello del pensiero - il linguaggio più vuoto - l'altro come il linguaggio della madre o della mente - il linguaggio più affettivo, più pieno - ma di una madre mai esistita finora, una madre vuota, una premadre, un prelinguaggio, un'astrazione del linguaggio affettivo, un nulla, ovvero d'una radice posta entro il nulla, entro l'assenza. Entrambi codesti fattori sono lingue, estratti dell'assenza.
Sto arrivando, attraverso un continuo lavoro di facimento della nuova realtà, al passaggio dall'astratto pensare l'ente - che ho chiamato metafisico, usando il termine filosofico - alla mente che è la madre, l'origine, ma una madre assente, nuova. La madre, così come è stata finora, non è una madre benigna, bensì una madre che tiene lontano da sé il livello alto del pensare, il livello più astratto, il linguaggio puro dell'assenza.
Si potrebbe affrontare il nuovo discorso da due parti, quella del mondo attuale, così come lo vedo attualmente, e quella del mondo come non è attualmente. Spesso in codesta indagine è come se dovessi rivoltarmi più volte per andare a esplorare, a scoprire e condurre poi in sintesi i vari modi in cui la realtà si è disposta, quale madre la realtà abbia alle spalle, ovvero quale mente e, a sua volta, quale pensiero, quale attività pensante possa esistere a compimento o come origine.
Sono consapevole, comunque, che anche in tal modo vi sto parlando di una realtà molto più complessa di quella che in effetti viene vissuta. Quasi a nostra insaputa, ciò che viene prodotto nella relazione qui presente è un ente molto più complesso di quello che normalmente si vive: vi sto infatti parlando dell'attività pensante, dell'attività della mente le quali, tuttavia, nell'ambito della norma non sono affatto distinte; lo sono nel campo della metafisica, della filosofia, dei linguaggi in generale, ma non in quanto enti fisicamente, psicofisicamente esistenti come fattori separati, come linguaggi separati all'interno di ognuno di noi.
La civiltà occidentale, invero, ha cercato spesso di distinguere il livello del pensiero, dell'attività nervosa pensante, dall'attività della mente, chiedendosi che cosa fosse la mente; non ha tuttavia l'esperienza sottile e complessa delle relazioni fra tali enti perché essi non sono enti separati, e la realtà non risponde in maniera diversificata a ciascuno dei due. Diversamente, nella nostra relazione, sto ponendo un'entità che ha al suo interno la separazione, perché la mente di cui sto parlando si è separata dalla madre e può pensare il pensiero, l'attività pensante superiore, il linguaggio più ampio capace di contenere in sé l'attività mentale.
Spesso mi incontro e mi scontro con i diversi livelli di linguaggio in me stesso o nella relazione con la realtà: se su un certo livello esistono la vita, la morte e la nascita, e su un altro livello posto al di sopra o al di sotto del precedente esiste l'assenza - ovvero quello che abbiamo chiamato il nulla, il nulla d'altro tipo o l'altro tipo di linguaggio inteso come un ente psicofisico - allora è interessante, ma anche di grande complessità e difficoltà, andare a capire dove si ponga il livello dell'assenza, se sopra o sotto, e il perché non si ponga nella nascita o prima della nascita.
Abbiamo già visto nei termini dell'evoluzione come essa sia arrivata a produrre un'attività pensante limitata, bloccata, fissata in un certo stadio e in una certa condizione. L'attività prodotta dall'evoluzione è semplicemente l'ente vita-morte, al cui interno si muove un pensiero: siamo passati da un mondo inorganico a un mondo organico sempre più complesso, fino a che è arrivato l'ultimo nato, l'uomo, il quale ha la nascita, la vita e la morte.
Da tale punto di vista, osservando dall'alto ciò che è successo, è come se il mondo fosse stato completamente saturo, incapace di interstizi, di anfratti, di silenzi, di vuoti, incapace di ciò che ho chiamato l'assenza, e il mondo che abbiamo chiamato della cosità, il mondo caratterizzato dal massimo livello d'inorganicità fosse assolutamente privo di forma, fosse l'informe - come dissi una volta riprendendo le parole della Bibbia: “ Ma la terra era informe e deserta ”. Partiti da codesto elemento saturo, mancante di un tessuto, di interstizi, di un qualsiasi tipo di linguaggio è come se, a poco a poco, attraverso un processo di desaturazione, si fosse arrivati all'esistenza di una nascita, di una vita e di una morte in un'organizzazione in cui esiste il pensare, il pensiero.
L'osservazione teorica fondamentale che si occupa di tale sviluppo è la teoria dell'evoluzione: chiamiamo evoluzione il procedere, il trasformarsi della materia da inorganica a organica fino alla formazione del pensiero. La teoria dell'evoluzione, in senso stretto, osserva fondamentalmente il livello organico nel passaggio dalle piante, all'animale, all'ominide e all'uomo. Attualmente si sta occupando anche dei passaggi attraverso i quali la materia inorganica si è trasformata in organica e, retrocedendo ulteriormente, della materia inorganica dall'inizio del mondo, dal big bang in poi, anche se ciò non è propriamente un ramo attinente all'evoluzione.
La legge principale della teoria afferma che l'evoluzione avviene per caso e per necessità: all'interno di un certo sistema avvengono alcuni fenomeni per caso e in un organismo, tramite l'evento casuale, si verifica un processo di maggior complessità e la necessità dell'organismo stesso di produrre un'organizzazione al proprio interno che comprenda l'evento intervenuto. L'evento capace di dar luogo a una maggiore organizzazione entro il caos e di rendere possibile una condizione di migliore adattamento dell'organismo rispetto all'ambiente si fissa ed entra a far parte duratura della struttura della specie. Corollario di codesta legge generale è la legge della selezione naturale, secondo la quale vengono privilegiati i caratteri più idonei all'adattamento a un ambiente e, di conseguenza, viene prescelta quella genia che ne è la portatrice.
Mi accorgo di fare una notevole fatica a parlare di tali cose, perché la legge che ho esposto mi sembra di estrema povertà culturale e mentale come, in generale, ritengo siano le leggi che riguardano la strutturazione fondamentale della natura del mondo. Sto infatti cercando di formare un maggiore livello culturale nella storia umana che produrrebbe, a mio avviso, la capacità della mente umana di staccarsi dalla madre-mente, dalla madre incapace di produrre quella mente distaccata tale per cui ci sarebbe, con molta probabilità, lo spazio per il livello dell'assenza. Ovvero, il livello dell'assenza, che si pone al di sopra e al di sotto della nascita-vita-morte, è 'culturalmente' più elevato, valido, consapevole del sistema della nascita, vita e morte il quale produce, a sua volta, le leggi teoriche di cui stiamo parlando, le leggi dell'evoluzione, della fisica, della nascita dell'universo, del big bang, piuttosto che le leggi sulle particelle primarie, i cosiddetti mattoni della struttura di base dell'universo, dagli atomi ai quark, e così via.
Ultimamente sto tentando di produrre in continuazione, nel luogo della nascita-vita-morte, un livello che sia naturalmente più complesso, più pensante, più capace di produrre quelle relazioni per assenza di cui abbiamo parlato. Quando definisco 'culturalmente più elevato' il livello dell'assenza significa che è anche affettivamente più valido: ritengo che nulla sia in grado di dire qualcosa di nuovo se non contiene un adeguato livello affettivo, che chiamo 'culturale' perché produce un terreno, un tessuto, un affetto. Ovviamente la mia definizione di affetto è molto grande, non è soltanto la relazione tra due esseri che si vogliono bene: il mio linguaggio dell'affetto è il linguaggio per 'assenza' dell'affetto, è la capacità del distacco ed è la capacità acquisita dalla mente per l'avvenuto distacco dalla madre onnipotente che si è mangiata la mente, che ha impedito il distacco e il prodursi di un'attività superiore del pensiero. Tale madre può ben essere considerata come l'evoluzione, la quale si è mangiata un pezzo del pensiero umano, ovvero non ha ancora prodotto nel pensiero umano la capacità di staccarsi da essa stessa - considerando l'evoluzione entro i limiti che abbiamo esposto.
Voglio far capire bene che tutto ciò di cui si è parlato fino adesso, nell'intero arco della storia umana, non è nient'altro che un prodotto del pensiero umano, non è niente di più e non è niente di meno. Perciò la legge dell'evoluzione esprime ciò che ci immaginiamo sia stata la storia umana, fatta in un determinato modo, con un certo tipo di linguaggio, nella quale noi ci poniamo. Ma noi ci poniamo nel medesimo modo in cui la nascita, la vita o la morte continuano ad avvenire e fino a che queste avverranno in tal modo, il nostro pensiero, il nostro progetto pensante non sarà mai diverso dal sistema nascita-vita-morte il cui pensiero di base è molto povero, è un linguaggio privo di senso, di significato, che non ha un progetto ampio quanto il distacco affettivo di cui sto parlando.
In fondo, ripeto, quello che pensiamo su qualsiasi cosa, quello che a noi appare essere il mondo non è nient'altro che la proiezione del nostro pensiero: non c'è nulla al di fuori del nostro pensiero. A mio avviso e secondo tale tesi, d'altra parte vasta a sufficienza, non esiste nulla al di fuori dell'atto pensante umano: è l'atto pensante umano che produce la luce sulla terra e dà una forma all'ombra nata dalla saturazione iniziale per cui, a mano a mano, nella storia facciamo passi successivi attraverso i quali il nascere-vivere-morire assume un significato un po' diverso. La storia è un tentativo di evoluzione del pensiero, tuttavia essa, per ciò che si è sviluppato dall'ultimo atto evolutivo in poi, non ha prodotto finora nulla di differente dalla nascita-vita-morte e soprattutto il morire umano è ancora il morire dell'inizio dei secoli e lo si dice uguale al morire animale.
All'interno di tutto ciò è interessante capire quale mente, quale ulteriore linguaggio si possano produrre perché il mondo fatto dal nascere-vivere-morire possa svilupparsi ulteriormente, non soltanto nella direzione della storia, ma aprendosi da sopra e da sotto verso il linguaggio più ampio dell'assenza, il quale non pone nient'altro che il nascere-vivere-morire come un luogo piccolo, inarticolato, privo di sufficiente affettività.
Dovrei aprire il grande capitolo del nascere, del vivere e del morire, del tratto esistente tra il vivere e il morire, del tratto esistente prima del nascere dal nulla, i quali sono grandi interstizi, grandi anfratti, ma non mi sembra ancora il momento. La mente umana, la mente-madre non ha potuto, non ha osato distaccarsi a tal punto dalla vita che è in effetti prepotente, dalla vita sessuata, dal linguaggio della sessualità che si è impossessato della mente umana, ovvero dalla mente ancora satura della sessualità animale - per sessualità intendo, generalmente, il camminare, il vedere, il pensare, il gustare; intendo la madre evolutiva che non ha prodotto né il distacco, né una sessualità d'altra specie, assente, che non ha prodotto nella vita uno stadio di minor tensione vitale, di minor aggregato sessuale-mentale-fisico tale per cui il distacco potesse avvenire.
Mi sembra, tuttavia, che il pensiero sia quell'elemento tale per cui il procedimento evolutivo stia scavando e possa scavare al suo stesso interno la propria morte, ovvero la propria assenza; che il pensiero stesso, cioè, possa disporsi in quella condizione psicofisica tale per cui il mondo sia interagito, interconosciuto, interrapportato nel modo più assente, in un linguaggio più vuoto e, attraverso il nuovo feedback, la struttura mentale umana, che produce le relazioni fra i corpi e le cose e produce la povertà di base del sistema nascita-vita-morte, nello scavarsi, possa dare origine a un nuovo ente che è l'assenza, la mente assente e, perciò, la relazione possa essere infinitamente diversa e avere luoghi infinitamente diversi.
Nel mio lavoro clinico sto osservando come la condizione della vita così attaccata all'elemento-evento della morte - la quale così com'è attualmente non è nient'altro che un compendio, un'esercitazione della vita - sia povera, nasca in una regione povera; come la mente sia povera per non aver accettato intrinsecamente - come dicevo la volta scorsa - quello che già alcuni autori pensano possa prodursi all'interno di una frustrazione, di una relazione più libera, meno fusionale tra la madre e il figlio ma, aggiungo, in maniera profondamente diversa, sostanziata in modo diverso. Sto invero arrivando a scoprire elementi in fondo già noti: che la madre non lascia andar via il figlio, che il padre si mangia la figlia, cioè quei rapporti fusionali indagati già da Freud, dalle teorie kleiniane, da Bion; ci sto arrivando, tuttavia, dal punto di vista di una sostanziazione diversa, di un'ideazione diversa da quelli che sono i concetti psicanalitici di base.
Come dicevo in precedenza, la condizione attraverso la quale sto operando si mette a fianco, produce un livello di ideazione già diverso, un'ideazione già distaccata dalla mente originaria dell'evoluzione; e nella mente vuota, in cui c'è il procedimento di un'attività pensante caratterizzata da un linguaggio più complesso e vuoto, allora la madre, la vita, la morte assumono un significato, un valore, una distinzione profondamente diverse. Da tale punto di vista sto arrivando a scoprire chi è la madre, dato che non mi è sufficiente indagare chi è la madre senza sapere che cosa sia una mente vuota: in una mente vuota posso intendere cos'è la madre, la madre positiva, la madre negativa - ammesso che esista la madre positiva.
Avrei voluto intitolare la lezione di stasera "Dell'ideazione". Che cos'è l'ideazione primaria, che cos'è il primo atto ideativo, che cos'è l'anticipo, l'alterità che produco per arrivare alla madre, per arrivare alla mente, per arrivare all'evoluzione? Nessuno potrà spiegare l'evoluzione nel modo in cui ne sto parlando perché l'ideazione ordinaria non precede l'evoluzione, bensì si colloca al suo interno. Ed essendo l'ideazione attuale dentro all'evoluzione, è anche dentro alla vita-morte e a quella condizione di morte che l'evoluzione ha prodotto e produce tuttora, non essendo capace di organizzare il caos della morte con un linguaggio differente, più maturo, più affettivo - anche per quanto riguarda la morte si può parlare di una morte affettiva e vuota.
Di tutta la regione dell'assenza, che si colloca sopra, sotto e da ogni parte, nulla è mai stato detto e pensato; tutto è stato rinchiuso nella lotta spasmodica tra Thanatos ed Eros, tra inconscio e conscio, tra materia e non materia, tra spirito e lingua; mai si è passati oltre per vedere tutto ciò come un campo vasto, vuoto ove il mondo, nato saturo, potesse desaturarsi ed essere conosciuto in modo più organizzato. Se la morte si organizzasse all'interno di ogni individuo e diventasse un patrimonio dell'ideazione intrinseca al corpo umano, certamente non sarebbe quella che è adesso; ma siccome la morte agisce come feedback, come retroazione sulla vita e va a implicare le condizioni della vita biologica, questa si butta fuori in eccesso per contrapporsi alla morte in un ciclo infinito in cui la vita non può desistere dall'eccesso di cui sto parlando. Codesta catena deve pur interrompersi da qualche parte: deve allora essere accettato il distacco, deve essere accettato il nulla, il vuoto.
Il vuoto, il distacco, il nulla, ogni qual volta ci incontriamo, vengono prodotti. Se siete in grado di seguirlo, il distacco ogni volta si compie nei linguaggi profondi della mente, dell'affetto o nei linguaggi profondi del soma. Nel compiersi, il distacco produce una separazione dalla madre, la quale diventa madre assente, l'evoluzione diventa madre assente così come lo diventa la madre concreta, la vostra mente diventa mente assente e vuota, il vostro soma, il vostro corpo si svuota, il vostro linguaggio è più libero di parlare e l'astrazione si può fare; la morte a sua volta assume un altro linguaggio e, essendo meno concreta, meno satura di sé, anche la vita è meno satura di sé e tutto l'insieme diventa molto meno 'congruo'. Si tratta della ricchezza culturale che è la fonte da cui sto parlando, con la quale voglio avere a che fare e che costituisce il linguaggio che continuo a proporre.

18 marzo 1993