Contenuti universali e cambiamenti
molteplici
L’amente-abstracta si nutre della continua metamorfosi degli oggetti
della cosiddetta realtà. La metamorfosi della cosiddetta realtà
non è tuttavia un cambiamento continuo e privo di senso: esso
ha nell’interazione con “l’operatore in-assenza”
dell’asistema suddetto la caratteristica – il sentimento,
si potrebbe dire – di operare in-sottrazione, così che
la sommatoria finale degli elementi-eventi ha la proprietà di
non-ingombrare. La realtà in perenne e perfetto cambiamento agisce
secondo una costante universale del parlare zero: l’intero campo
di forze è costantemente anergico.
(P. Ferrari, Aforismi in-Assenza, pag, 160, 1997-2004)
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Il silenzio, la parola e il nulla
Nessun ambito, frequentato dal cervello di uomo, risulta
vuoto o silente. Qualsiasi relazione di tale organo con il suo esterno
risuona di forme e di rumori (di cosità). Soltanto una relazione
particolare – un’interazione appositamente generata e controllata
– può dare luogo a uno spazio-tempo con la proprietà
dell’essere vuoto, dell’essere privo di oggetti rumorosi.
Il corpo-mente di Homo mai cessa del suo rumore di fondo. Ciò
potrebbe accadere qualora una condizione particolare s’instaurasse
- differente sia dallo stato ordinario di veglia, sia da quello del
sonno: in conseguenza di tale evento il caotico flusso di parole mentali,
di immagini, di segni, di spezzoni di idee s’interromperebbe:
con il generarsi allora in sua vece d’uno stadio silente e capace
d’altre proprietà, delle quali una è la costante
[K Ma] del mancare-a-fondamento.
(P. Ferrari, Aforismi in-Assenza, pag. 161, 1997-2004)
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L’ascolto d’un luogo teatrale
La nascita del suono-antisuono precede ogni visione.
A teatro si ascolta un luogo. Nell’ascolto altro s’invera:
il resto è margine dove il teatro raddoppia se stesso e scompare
destrutturando la sua messinscena.
Nel teatro dell’Assenza s’osserva la temporalità
(momentaneamente) sospesa-lacunosa che la parola dell’attore è
capace di volgere a favore dello spazio-mente dello spettatore.
In ogni rituale la forma ritualizzata s’oppone all’indeterminato.
Il Grund si oppone all’Ungrund. Il fondamento – il fondo,
e il bisso, profondità finita si oppone all’a-bisso, profondità
infinita. L’abisso precede il fondamento. (Da V. Turner in Dal
rito del teatro).
(P. Ferrari, Aforismi in-Assenza,pag. 174, 1997-2004)
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L’ascolto d’un luogo teatrale
La nascita del suono-antisuono precede ogni visione.
A teatro si ascolta un luogo. Nell’ascolto altro s’invera:
il resto è margine dove il teatro raddoppia se stesso e scompare
destrutturando la sua messinscena.
Nel teatro dell’Assenza s’osserva la temporalità
(momentaneamente) sospesa-lacunosa che la parola dell’attore è
capace di volgere a favore dello spazio-mente dello spettatore.
In ogni rituale la forma ritualizzata s’oppone all’indeterminato.
Il Grund si oppone all’Ungrund. Il fondamento – il fondo,
e il bisso, profondità finita si oppone all’a-bisso, profondità
infinita. L’abisso precede il fondamento. (Da V. Turner in Dal
rito del teatro).
(P. Ferrari, Aforismi in-Assenza,pag. 174, 1997-2004)
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Quale destino per “Evoluzione!”
E’ l’oggetto trasformativo primario, e
cioè l’oggetto cui il cervello-mente-corpo umano si volge
speranzoso onde ottenere quella spinta evoluzionistica-trasformativa
di cui sente la necessità. In questa l’essere umano cerca
(e talvolta trova) quell’esperienza estetica primaria e fondamentale
che sperimentò agli inizi della propria vita nel rapporto con
la figura materna. Il neonato introduce nel proprio corredo emozionale-affettivo,
ed anche cognitivo, l’oggetto materno – oggetto trasformativo.
Di questo rimarrà per tutta la vita l’”ombra”,
a meno che da esso ci si distacchi completamente e felicemente secondo
l¢ipotesi in assenza. La madre ha nei confronti del figlio la sua
principale esperienza di relazione con un oggetto (a sé) esterno:
il bambino introietterà tali “procedure” emozionali-affettive
e di queste chiederà lumi alla realtà nella quale successivamente
si troverà a vivere.
L’oggetto che nel teatro disponiamo è, in conformità
con quanto detto, un oggetto primario, frutto d’un’esperienza
estetica fondamentale. Tuttavia tale oggetto è anche spostato
mille miglia – parecchi infiniti – più in là:
nel suo procedere metamorfosico - continuamente cangiante e ricco d’energia
che nasce e muore all’istante – energia senza accumulo,
energia sorgiva e dissipativa – l’oggetto-ombra assume la
caratteristica d’essere Oggetto-mancato.
Nel porsi all’osservazione e alla rappresentazione l’oggetto
di codesto teatro, non permette l’appropriazione immediata di
quanto sulla scena si proponga: la rappresentabilità è
continuamente posta sul limite del mancare. L’oggetto-ombra trasformazionale
è oggetto appartenente all’altro: viene posta sulla scena
l’ipotesi d’una lingua e d’un tessuto dell’altro
parimenti al sogno. Tuttavia in ciò anche il sogno è mancante.
L’oggetto-sogno viene meno: la differenziazione tra veglia e sonno
si perde quale linea di possibile conoscenza ed esperienza; al suo posto
è assunto l’”Oggetto-Evoluzione. L’”Oggetto-Evoluzione!”.
Esso è il rovesciamento sia dell’essere che del non essere.
E’ mancare che s’invera attraverso l’oggetto stesso
che nel suo centro s’appropria (e s’espropria) della propria
perdita: costante è la perdita del senso ordinario della cosa:
in ogni punto dell’oggettivo mancare avrà origine il filamento
d’una trama silente non rappresentativa d’un alcunché.
Ricca sarà d’una a-complessità in cui il tempo e
lo spazio hanno la proprietà del cedere in quanto oggetti-cosa;
forme di mondo costruite dall’atto pensante, quell’atto
che si nutre delle percezioni usuali destinate all’attività
cognitiva ed emozionale entro la costituzione d’un mondo evidente
e reale (d’una realtà riconoscibile nell’ordinarietà
dei sensi e dei pensieri).
(P. Ferrari, Aforismi in-Assenza, pag. 163, 1997-2004)