Il cervello è organo autistico
Il cervello (post-evolutivo) è organo autistico. Esso si compiace
delle sue stesse relazioni – e categorizzazioni – tramite
gli infiniti nessi oscillanti che gli sono propri.
Nulla fa per uscire da se medesimo – all’improbabile scoperta
di qualche universo che non lo comprenda – e, se qualche volta
ancora così fa, è per confermare a sé un’esistenza
fuori della norma, in un perfetto distacco da sé e da ogni altra
cosa, sia che lo riguardi sia che no. Esso è espressione d’un
autismo oggettivo, è pari all’assoluta mancanza d’un
qualsiasi mondo pensabile, organizzabile secondo i paradigmi che finora
abbiamo inteso quale modello d’ordine in cui inserire una parziale
umana conoscenza (circa l’esistenza di qualche cosa).
Circa il cervello in-evoluzione
Quanto più il cervello è evoluto, filogeneticamente e
ontogeneticamente, tanto più è autoreferenziale. Ciò
significa che il cervello in-evoluzione si “aggiusta” la
realtà in cui vive a seconda delle sue esigenze [dell’a-complessità
astratta]. Il cervello umano (evidente) può mirare addirittura
ad essere “autistico”, e cioè distaccarsi da una
realtà com’è vista, com’è esperita
dalla presenza della maggior parte dei cervelli pensanti; difatti questa
presenza è condizionata in massimo modo dagli elementi cognitivi
e affettivi d’uno stadio evoluzionistico non sufficientemente
avanzato (astratto). La condizione in-evoluzione corrisponde al concetto
di a-consensualità del nuovo stadio. L’assunto di base
è che il cervello “inventa” – decostruisce
e ricostruisce senza sosta – una realtà che gli fa da sostegno
e da medium relazionale, cercando – dove e quando può -
altresì di tener conto dei limiti cognitivi indotti da un antico
sistema relazionale sensitivo e percettivo: esso fu utile supporto dell’esigenza
della conservazione della specie, secondo i principi di un’evoluzione
concreta non più in atto.
Verso un anti-adattamento
A certi impulsi di costruzione
(e decostruzione), a certe istanze d’un sistema nervoso asservito
alle pressioni d’adattamento d’un rapporto organismo-ambiente
d’antica specie evoluzionistica, l’uomo è costretto;
in particolar modo il suo cervello più evoluto è incluso
in questa attività antica di permanenza. Al niente invece questo
cervello aspira. A perdere di quell’antica pressione evolutiva,
non più necessaria: già esiste entro un altro stadio il
sistema di Homo s. Esso è fatto d’un finissimo niente:
una nientità rispetto all’oggetto-cosa-mondo; un mancare
rispetto alla pressione teleologica dell’organismo umano-animale,
costretto entro un habitat non più di sua pertinenza.
Il cervello (superiore) dell’uomo è costretto a rispondere
continuamente e ad emettere senza sosta impulsi, e perciò azioni
o pensieri che derivano da quell’antica spinta biologica adattativa.
A nulla mira Evoluzione!
A nulla mira Evoluzione!, se non
alla radicale mancanza di necessità della rappresentazione. Totale
annichilimento dell’oggetto, dell’effetto realtà
… mondo … radicale nientità del cervello che lo pensa
e lo mette in-scena. Non affatto il nichilismo quale interpretazione
in negativo di realtà e di possibile verità, come sempre
accompagnato dal fetore dell’orrida disperazione esistenziale.
Alla fine dell’intero ciclo evoluzionistico la creazione d’un
nulla speciale: l’enunciazione dell’oggetto-mancato quale
espressione dell’autismo perfetto d’un cervello che ormai
ha cessato del suo vedere palese e, nel sentirsi cieco e chiuso quale
corpo fatto di nulla, s’è generosamente acquietato divenendo
un tramite sereno e nouminoso.
(P. F. Aforismi in-Assenza 1997-2004)