Se alla mente-corpo umana fosse data la possibilità-facoltà
d’esprimere l’intero potenziale a sua disposizione - non in
funzione di qualche compito cognitivo, e perciò non in una modalità
teleologica, bensì in un ambito culturale privo d’immediata
finalizzazione - al suo orizzonte si presenterebbe l’esperienza
d’un’entità vuota, come un nulla d’altro genere:
un oggetto-mondo dematerializzato. In esso le cose sarebbero deprivate
del loro eccesso d’ingombro sensoriale-tattile; l’esperienza
sarebbe sostenuta da un sentimento di piacere lievissimo, un dolcissimo
eros, anch’esso mancante: libertà si respirerebbe invece
che la compattezza e la costrizione del tempo-spazio soffocante e vischioso,
che l’umana specie è solita esperire a causa dell’interazione
tra il soggetto pensante e la realtà interna-esterna non distanziati
da quel mancare affettivo che sarebbe necessario a una sana e viva attività
di coscienza. (P. F. Aforismi in-Assenza, 1997-2003)
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Circa il cervello in-evoluzione
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