Raddoppio
in-Assenza
(dall'Ultimo giorno d'un condannato
di Victor Hugo)
Cap.
I
Condannato
a morte! Abito
solo nel deserto di questo pensiero. Pensare pensare, ripete il mio
spettro. Sempre solo con quella materia di piombo. Son
desto? Son altro? Sono morto? (Pausa)
Prigioniero … Un corpo, il mio nei ceppi, nei ceppi mortali. Perduto
avrò della mia vita … così che io crepi; l’amor mio di già è cessato.
Oltre quel sogno, oltre l'abisso. Infernale pensiero … inscritta la
realtà, tutta la scriverò entro il sonno di morte. Muoio, nel me, nel
sonno convulso. Incatenato a morte, rovesciato punto a punto, sulla
faccia tetra, mesta più tardi della sentinella …
Un
bel mattino d’agosto. Il
processo … giudici, testimoni e tutti gli altri …
Da
tre giorni ... Prime
due notti ... la terza m'ero addormentato. Una
brusca voce all'orecchio ... una ruvida mano sulla spalla ... "Su,
alzatevi!" Stridere rauco del sentire di me: sedermi allora sgomento
... nel cielo riflesso giallo con cui riconoscere il sole. "E'
bel tempo!". "Può darsi", con voce biascicata l'altro
rispose.
"E'
proprio una bella giornata" ... "Non lo so".
Battere
i denti. Battere di nuovo le nocche sui muri ... Le mani tremanti, vacillai
io come un portatore carico in eccesso ... La manette, mi si chiusero
con cura. Macchine erano su macchina, io la
macchina morente, umana macchina con dentro la morte che non vede.
(P. F.)
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