Da Evoluzione! di P. Ferrari

 

 

                                                                               Oltre-la-schizofrenia

 

 

 

L'uguaglianza perciò si misura nell'essere uomini. Umani specchi di sé e altri da sé, nella stanza della notte a spazio singolo, doppio ma non sufficientemente reale e alieno.

Non così raddoppiato dopo il risveglio nell'aldiquà che s'aggira modesto, ma incisivo.

Riguarda tutti e s'intromette tra noi.

Insistendo a più voci; richiedendo eserciti là fuori in armi, per fare guerre senza scopo. "A morte l'Iraq!".

Il signore di Bellafonte; signore di riguardo; uomo di uomini inafferrabili, uomini assenti.

In armi. Amleto anche per sé operò come spia del proprio trapassare (sogno o son desto?).

(Le donne). Occupáti i locali dall'idea di cuneo.

E' storta l'idea, ma in me è consapevole; anche in altri allo scopo di giurare una volta per tutte che anche quello spazio, se non spalancato, non s'appella all'ipotesi di una visita di altri uomini. Non l'agogna affatto; non si piega ai sentimenti esposti senza pudore (di fronte a donne), donne alla mercé di franchi tiratori, inganno prima dell'ultimo respiro così che Amleto possa simulare schizofrenia, interruzione di maternità nella madre che fece e disfece i sogni di lui, prima che egli nascesse. (Mangiare i sogni dell'altro). Prigioniero di sé.

Sì è mostrato; sì, si è manifestato quel mio amico. Ridevo rideva a perdicollo.

Si è manifestato quell'uomo, è mio amico.

Gli domandai: sentimenti umani?

Ma no, il cervello; cervello evolve in pace? In pezzi il tuo, chiarisco, Amleto, il tragico esercizio del recitare.

Straniamento, vedo vedo la tua faccia glabra. Sentimento d'ira.

La tua faccia dietro la barba.

Grande vedo offrire il canto.

                                                                               Osservare e rimirare

Tanto improprio nell'osservare.

Capisco i sentimenti umani; bieca la mente e impressionabile.

In ciò non c'è volume; non traccia di memoria. Ci possono stare anche la parola "volume" e la parola "traccia".

Sul suo viso intensamente scolpito, segnato dall'atto dell'essere da me osservato; manca una traccia; la traccia s'è spostata qui e la teoria della traccia subito freme onde essere recepita; nella simultaneità della coscienza e del sentimento umano, che va scoprendo la gioia del mancare; súbito; nell'impatto del corpo sociale l'ombra è sottratta e dà la gioia del mancare; ruba a chilogrammi come lui, pesata l'ombra e materializzato l'essere sociale: tra gli esseri in relazione.                                                                                                              [Leggi di relazione].

E lui in un unico amico; teorema del passo di mezzo dove tracce spariscono per opera sua che con me s'allea.

(E' vero è vero è vero).

Così che Amleto possa anche mangiare a una tavola imbandita. Per intenderci: quella tavola allungata; tavola dei banchetti luculliani.

(Vero; ma lei ricorre al pensiero).

Credo che nuoccia insistere.

Perciò tralascio in tale contesto l'idea d'un pensiero più consapevole.

Lo dichiaro mortale (mi butto tra le sue braccia).

Impedisce di vivere.

Chi io sia o lei sia in me?

Mi pare (non termina in me, soltanto).

E poi la luna. Mentisce giocando, sorridendo si stringe attorno all'idea di quattro birbanti; non termina ... non continua.

A-causale, sono costretto a pensare in lei.

Uomo non fu. E' vero. Al contrario. Lei si salvò.

Uomo non fu. E' vero al contrario. Lei ammattì.

Certo non fu, non fu specie nata; ma malversata.

Soffio, son pronto a crederlo. Soffio o son desto. Non essere: "Essere, finalmente è vero".

 

                                                                                                  Evoluzione

Evoluzione non fu. Mancò, e fu.

Non fu evoluzione; non la nomino mai; nel tempo qual è a forza di morire uomini e cose; costretti ad essere nati, e a morire, per esserci. In me evolvendo: "Tu, circonciso!".

Nel tempo essere nata. E nato per te. Per lei, spezzato il cuore. Il seno turgido soffice e caldo.

Ed essere nata per evoluzione; gli avvenimenti d'un gene provocatorio e pertinace.

Separandosi dai corpi solidi; il timbro era madre. L'avversione al timbro, voce del suo umore. Il timbro? Cos'è? Mi domandò come quel rumore si abbassasse fino al limite della soglia di percezione umana, sotto il profilo degli avvenimenti di cui siamo i fautori, invitando a esercizi di mondi asimmetrici; "nella porzione della differenza", mi dice, "sei querula" rispondo. Indagini con cui sovvertire di prima mano la condizione dell'essere umani, dell'essere umani privi di tessera, di mappa genetica con cui appartenere alla specie.

La specie universale; universo della specie - e basta - , caratteristica d'un rumore antico che abbiamo rivoltato nella tomba degli avi e degli apprendisti stregoni. Nostri allievi moderni.

Mi sembra simultanea la mente, accompagnando lei entro il suo pensiero, materico e compresente al fatto che incrementa l'esser vuoto.

Esso si stacca e rimbomba, e rimbrotta.

La getta nello sconquasso e la invita a ritirarsi da sé, in quel loco in cui lei lo possiede, in modo quasi naturale ed educato invero.

Mi pare crudeltà del pensiero e della materia vivente; in ciò questa più umana e in espansione di verginità.

In questo contesto Amleto è scusato.

Assunta la posizione si incammina da lì in fuori - già la si vede. Nel luogo dove per ora c'è solo sovvertimento in attesa della mancanza di grida.

Ma quale organo di senso? L'organo sessuale? L'orgasmo del senso e del significante?

"Ma se ci sono grida disumane ... ".

"Incredibilmente umane". Perciò forse è con lei che ho parlato; a mozzafiato; timbri di voce (voce?) (voce?) non mia (voce?) chi nella voce, le mani (estraneità). Al fine di disporre quest'approccio. (Dimenticare).

"Vedete, udite udite, assistete al cambio di campo".

Il campo che muta e non cambia al cambiare di campo. Perciò parlare e parlare con atti superbi, in sua vece.

Mi vergogno di troppo (troppo?); salire delle vertigini (troppo incontrastate?) di troppo orgogliosa similitudine.

Le dissi di non perdere la stima di sé e con ciò considerare le cose tramite l'esperienza di sé.

Le cose - beneamate le cose - , volgari le cose, attraversar le cose, trasparenti gli scritti, e io che m'inscrivo in essi. Scritti e io trasparente - timore! - perché lei mi pungesse così da non essere compreso.

Poiché io non ero compreso, né conosciuto, allora in lei la superbia crebbe a dismisura.

Trascorse però meglio il tempo; meglio di noi che siamo partiti alla vigilia dell'inverno in quell'ora mattutina dove respirar è sfavillante. (In coma la ritrovai alla sera).

Superbia perciò di donna. Può sentirsi e risentirsi quale figura di donna. Sì, lo può essere: non essere altrimenti provoca minor timore, menár vergogna circa lo scrivere largo, largamente il sì a noi tutti, di lei.

in larghezza, in ampiezza con mille volute, bolle alterne sì sollevano dove erbacce sono cresciute a livello della casa di madre; di madre dolorosa, che la negò; capitava di vedersela addosso e non sapere che dire, che fare. A differenza di me.

Vedermela tra le mani e la sua pelle del collo; dalla gola la vedevo; ed era ostruita.

Mi pare madre dei miei cavoli.

Della mancanza di macchiavellismi. Di tacer della sua tomba, perché ogni giorno, ogni sì in ciascuno fa oggi il giorno del suo compleanno.

Nulla ci siamo detti nel silenzio: nei suoi panni, nel suo capriccio turgido di vita e di morte. Dell'aldilà (forte e deciso).

Personaggi precoci come dire di anticipare la cena di una buona mezz'ora. Allora lo posso anche, non so anche, non so certamente, non so neppure in quella mezz'ora che fare. Nell'aldiquà (forte e dolcissimo).