La partita a scacchi
Avevano iniziato una partita a scacchi mortale: i giocatori erano lui, il protagonista,
e l'altro, la sua morte. Chi avesse vinto, avrebbe comunque esperito la perdita
totale e definitiva: infatti, se avesse vinto il protagonista, la morte sarebbe
stata sconfitta e lui, privato per sempre della morte, avrebbe smarrito il senno
- non v'è uomo per il quale la morte non segni il calco di lui e il limite,
che sono la premessa perché abbia origine l'attività del pensiero.
Non esiste cogito senza che al suo estremo sia segnato il confine - il suo cessare
-, che forma e definizione del gesto del pensare.
Se avesse vinto la morte, il protagonista sarebbe morto e senza protagonista
quel mondo da lui determinato sarebbe finito, privo di quell'entità capace
di mettere in moto - e in gioco - la morte, idonea a sua volta d'inventare una
siffatta partita a scacchi dal significato e dalla finalità inclini alla
nientità - al gesto fatto di nulla - che è specchio del
suo morire (il morire della morte).
(Da: Paolo Ferrari, A differenza dell'essere: racconti e novelle in-Assenza, 2001)