OPERE FATTE DI NULLA (Nota tecnica)

I processi di lavorazione per la stampa del presente catalogo hanno interessato direttamente l'oggetto stesso in esso trattato, de-materializzante nel raddoppio in-Assenza la struttura operativamente concreta di una fabbrica. Il catalogo si è dimostrato esso medesimo opera in atto, nuovo livello dell'installazione, lontano dalla riproduzione di oggetti esistenti, espressione dell'arte libraria in modificazione.
Giunti allo stadio di preparazione dell'impianto fotolitografico, ai curatori è emerso il paradosso di una serie di opere che, pur evidentemente sottoposte agli occhi di tutti, addirittura pubblicamente, non esistono secondo i parametri conosciuti. La selezione per la quadricromia avviene attraverso la lettura digitale dell'originale o di un suo supporto fotografico da parte di uno scanner. Qui non abbiamo "originali". Le successive stratificazioni contenute nel lavoro di partenza proprio di Paolo Ferrari precedenti i plotter-painting e alla loro base, che all'apparenza costituiscono tali originali, sono come sedimenti geologici nell'evoluzione dell'opera, la scaturigine del pensare, la matrice: ciò che conta sono quei plotter-painting e le relazioni che generano nello spazio-tempo dell'installazione in-Assenza. I pannelli sono perciò altrove rispetto al punto d'avvio, come de-materializzati; pur ingranditi notevolmente confrontati con l'origine, non solo non perdono informazioni, ma portano alla luce elementi e piani 'subatomici' della materia, dove essa si mostra composta di niente anziché di qualcosa; incorporano persino, senza lasciarsene dominare, i processi cognitivi ed affettivi dei tecnici che li hanno realizzati fisicamente, i risultati stessi che, come sappiamo, talora i computer producono al di là di ogni previsione (sembra che il sistema binario che li guida li renda particolarmente efficaci nel cogliere le differenze, che l'occhio umano, agendo nell'analogico, tende ad annientare nella sua implicita Gestaltpsychologie).
Come riprendere allora in fotolitografia codesta particolare matrice trasmutata in dipinto plotter non più appartenente al sistema dell'analogia, in cui il simile conosce unicamente il simile? A parte la difficoltà dell'impresa di fotografare pannelli appesi a parecchi metri di altezza in un ambiente inadatto a disporsi come studio fotografico, ciò avrebbe significato il rientro nell'analogico e la parcellizzazione della struttura complessa. Sarebbe occorso partire dai file generanti per mezzo della stampante digitale i plotter-painting. Ma quei file non erano immediatamente utilizzabili, perché i computer che hanno letto e i tecnici che hanno elaborato le stratificazioni di partenza non hanno agito in generale, bensì in rapporto a modalità di stampa diverse da quella offset utilizzata per il catalogo, secondo paradigmi e intendimenti differenti, tra i quali non sono istituibili tabelle di conversione utili e definitive. Si sono così imposte o una reinterpretazione (non essendo attuabili operazioni standardizzate) fotolitografica dei file sulla scorta delle prove finali dei plotter-painting, quelle antecedenti la stampa digitale dei pannelli, o una scansione digitale dalle matrici. Questa del catalogo è dunque un'ulteriore stratificazione, una nuova lettura che implica una nuova relazione dell'opera, una fase che, mentre sembra illustrare nei termini noti alla percezione di Homo sapiens la peculiarità dell'installazione in-Assenza, ne origina di continuo livelli in cui è dissolta la fissità dell'origine: l'inizio non reca con sé il suo imprinting ed è perciò libero di porre la differenza con se medesimo: non c'è necessità di esatta corrispondenza tra il lavoro iniziale di Paolo Ferrari, i plotter-painting e le opere che compaiono sul catalogo nella loro relazione spazio-tempo con la fabbrica.
Il visitatore accompagnato dal catalogo sperimenterà l'effetto di un de-spaziamento nel tentativo di collegare le relazioni 'nella differenza' dei pannelli inseriti nella fabbrica (e che la fabbrica includono) con le immagini stampate. Se poi vorrà considerare che quei disegni e quei colori riportati in stampa sono in realtà costituiti di punti colorati (neri, gialli, ciano e magenta) diversamente orientati nello spazio del foglio stampato e per lo più separati l'uno dall'altro da un vuoto bianco che li avvolge, coglierà una verità basilare e inaudita: le immagini sono fatte di nulla, solo l'occhio vive la necessità di istituire il continuum in luogo del discreto, di riempire il vuoto, un atto ripetitivo che sembra provenirgli direttamente dall'antico cervello della specie attraverso il nervo ottico. La visione non è un fatto ottico, ma una forma mentis. Tale forma è quella che l'installazione, e il catalogo con essa, rende possibile mutare.

Luciano Eletti