Circa la nuova scienza

Diversi sono l'osservazione e il metodo che abbiamo seguito rispetto a quelli da cui derivano le congetture attuali di scienziati teorici e di ricercatori nel campo delle tecnologie avanzate - secondo i quali nel futuro delle macchine e dell'intelligenza umana la scelta sarà da farsi tra l'incremento della complessità e quello della velocità, essendo la prima d'impedimento alla seconda. Non è questione di microchips sempre più piccoli e più sofisticati, né di cervelli resi più grandi - e perciò ipoteticamente maggiormente complessi - dalla biogenetica e sistemati in corpi dai crani più ampli, fatti crescere al di fuori degli apparati naturali della donna, inadatti a contenerli, a causa delle dimensioni accresciute.
Il vero progetto, che rappresenta anche la scommessa vincente per il futuro delle specie umana, è quello di far emergere le proprietà di nuovo genere che, pur appartenendo al campo di forze che prende forma nell'interazione tra la realtà e le attività nervose superiori di Homo sapiens, sono per il momento occultate - così da essere quasi completamente escluse dalla conoscenza e dall'esperienza - a causa di rapporti non sufficientemente congrui fra le entità che costituiscono l'insieme sistema uomo-sistema realtà.
In quelle aree che fungono da interfaccia tra le più astratte attività di Homo e la cosiddetta realtà fenomenica, non si sono sviluppate vie e modalità di comunicazione adeguate alle nuove esigenze evoluzionistiche, quelle emerse nelle strutture-funzioni della specie quali nuove entità ad alta complessità apportatrici di stadi relazionali differenti da quelli evoluzionistici precedenti: esse posseggono proprietà affrancate dagli imprintings derivanti dalla necessità della soddisfazione immediata dei bisogni primari, pulsioni che appartengono all'universo concreto. Un deficit di tal genere può essere pensato nei termini d'una debolezza conduttiva dell'intero sistema: un'incompletezza ovvero una grossolanità del livello relazionale entro la rete dei nessi che costituiscono il luogo-funzione adibito alla raccolta e all'elaborazione delle informazioni adatte all'evidenziazione-costruzione della cosiddetta realtà fenomenica. Potrebbe altresì interpretarsi tale mancata espressività come fissazione d'una resistenza entro i nessi periferia-centro, essendo la rete dei rapporti tra queste entità non idonea a sufficienza alla nuova situazione che s'è instaurata con lo sviluppo ampio e rapido della neocorteccia - e perciò di apparati vòlti allo sviluppo di attività superiori di ordine astratto e perciò non immediatamente finalizzate entro antichi sistemi ed equilibri di ordine naturale.

E' significativa la mancanza d'un arretramento adeguato della barriera degli istinti - e in generale di quelle funzioni adibite al conseguimento di leggi naturali-fenomeniche: è assente negli strati profondi del sistema nuovo Homo s. una determinazione a disporsi-ruotare nella sua interezza a favore della manifestazione-emergenza di nuove (eventuali) proprietà ormai implicite nella grande complessità della neocorteccia e nel fittissimo intreccio che caratterizza il sistema nervoso centrale della specie umana. Non s'è verificata la radicalità del mutamento - che sarebbe stata necessaria con la trasformazione evoluzionistica - nel rapporto tra l'attività pensante (astratta) e la cosa così come ancora esiste: è deficitario tuttora il ritirarsi da parte dell'oggetto-cosa - costituito dall'impressione immediata del mondo fenomenico da parte dell'attività nervosa centrale e periferica di Homo - di fronte all'affermarsi di nuovi processi e di nuovi equilibri non miranti a finalità di ordine immediato - non diversamente tuttavia da quelle di ordine mediato: questo è tuttora per lo più vincolato alla fissità della cosa, sia essa oggetto esterno, sia oggetto di rappresentazione interna. La condizione di Homo s. non s'è affatto svincolata da quelle istanze primitive che fanno capo alla lotta per la sopravvivenza e all'affermazione del più forte, come certezza di vita della specie contro il timore d'una sua possibile estinzione. Non s'è verificato pertanto quel passo all'indietro necessario che apra (il sistema) alla differenza: questa appartiene al territorio del distacco-separazione idoneo, da instaurarsi tra quell'attività pensante - vòlta all'emancipazione della specie da antichi bisogni meccanici e sorpassati - e l'oggetto-universo-cosa, ancora in eccesso prevalente quale entità concreta, carica del peso dell'universo sensoriale - entità poco sgrossata, scarsamente aderente alle attività maggiormente astratte e meno ingombrate-ingombranti del sistema pensante complesso, proprio della specie umana, differente nella sua nuova capacità-qualità da tutti gli stadi evoluzionistici che l'hanno preceduta. Il rapporto tra pensiero e cosa, tra sistema ricevente sensoriale-percettivo e atto-discorso pensante è troppo ingombrato di oggetto cosa - lo stesso pensare è ingombro di sé quale cosa che si ripete e si circoscrive attorno a se medesima. La circolazione di informazioni è tuttora troppo lenta tra le parti del sistema: la cosa (sensoriale e percettiva, ma anche quella concettuale astratta) è priva di quelle opportune attenuazioni fenomeniche, necessarie alla realizzazione ottimale dell'informazione ad alta complessità e meno grossolana: ciò equivarrebbe alla scoperta della nuova collocazione in un ambito di soglia differente. L'attività pensante e conoscitiva è (invece) continuamente rallentata nella sua circolazione dagli eccessi di concretezza-evidenza-soglia alta appartenenti a questa periferia-centro inadeguati: la realtà-cosa-concreta è povera di quell'informazione (che è) divenuta nutrimento adeguato per un cervello-organismo che esprime una rete pensante propensa a pensare in assenza della cosa: è rimasta la fissità dell'oggetto - incapace di disporsi a scomparire quale entità fenomenica troppo carica della sua concretezza di ordine materiale-sensoriale - di fronte alla ricezione d'un sistema (trasformato in asistema) che apprende ed elabora all'istante - ulteriormente in modo differente dall'istante presente e concreto (nell'istante temporo-spaziale al negativo). Esso fonda la conoscenza (di sé e dell'altro) come felice compimento della sua attività-esistenza tramite l'acquisizione d'informazioni di alta qualità. Queste hanno luogo simultaneamente all'oggetto concreto reale e da questo emanano: esso, a sua volta, nel tempo dell'interazione con quell'asistema complesso, s'inabissa nella differenza - nello iato aperto dal cambiamento di livello sistemico: mutua la sua scomparsa con l'insorgenza d'un nuovo genere di attività - forma complessa - , ricca d'un alto e compiuto senso di gradevolezza e di rivoluzione per un organismo divenuto capace della sua interezza fuori e oltre l'ordine psicosensoriale di antica provenienza naturale (animale e cosale).

2. Con l'interazione propensa alla simultaneità dell'emergenza d'uno stadio differente con la scomparsa di quello fenomenico-apparente(-immediato) s'è manifestato (senza premere sull'evidenza) un piano-livello più astratto della realtà, non ingombrato di cosa concreta, non ingombrante pertanto per l'attività di ricezione e soprattutto per le vie di conduzione e circolazione delle informazioni ad alta qualità relazionale e semantica.
Abbiamo pertanto messo in luce uno stadio interattivo più vuoto (di cosa, di fenomeno evidente, sensoriale-concreto): abbiamo fatto emergere uno stadio in cui la rapidità conduttiva è fondamentale; nessun oggetto (cosale) ha la facoltà di aggirarsi entro la mente e il soma; soltanto in quanto spogliato delle sue antiche e obsolete vestigia gli è aperta la porta d'ingresso: la soglia è stata abbassata. Più entità circolano a una velocità assai maggiore (velocità pari al suo negativo: velocità che anticipa il moto d'inizio, in un tempo astratto=tempo antecedente); le stesse sono mondate della loro (consueta) espropriazione quali oggetti parziali e concreti, ingombri di materia sensoriale e percettiva (espressioni immature d'un passo evoluzionistico non (ancora) definito-definitivo).

3. Date le osservazioni precedenti è possibile congetturare che il cervello-attività pensante si nutra di mancanze, espressioni del venir meno (in simultaneità) dell'oggetto concreto: l'universo pensante, così come la realtà che ne deriva, è costituito dall'impronta (stadi al negativo) di quell'oggetto (già emerso e ancora da emergere): esso ha la possibilità di scomparire (come entità evidente e sovrasoglia) ad una velocità maggiore di quella dell'istante simultaneo. Un infinitesimo prima che l'oggetto concreto s'imprima nell'area disegnata dall'atto pensante viene spogliato della sua concretezza e si trasforma in altro, mutando del livello sistemico. Si fa più vuoto, nella direzione della virtualità. Esso diviene parola o simbolo, espressione d'un linguaggio capace d'astrazione: e cioè d'un linguaggio che ha costruito gli oggetti concreti con le loro mancanze=assenze.
Le attività superiori del genere Homo - e, in particolare, della specie sapiens - non sono mirate ad un adattamento migliore entro un ambiente già confezionato e dagli equilibri immutabili. L'attività profonda del cervello umano si nutre, come detto, di mancanze, d'impronte, di calchi, attraverso cui - una volta riconosciutosi - a sua volta li riconosce e si dispone a oggettivare una realtà fuori di sé. Questa è componente d'interazione e mezzo di controllo retroattivo sull'attività dei processi pensanti. Al cervello umano occorre un campo vasto e complesso così che esso stesso possa trovare quell'equilibrio variabile che è necessario al suo miglior funzionamento (compimento). Conseguenza di tale enunciazione è che l'universo generale - universo fisico e universo mentale - deve essere considerato come entità (profondamente) autoreferenziale: non esistono due mondi separati - uno interno che osserva e uno esterno da osservare - , bensì un sistema di grande complessità che tende alla non separazione al suo interno e perciò all'interno d'una realtà vasta.

4. Si osserva in natura uno spostamento progressivo verso una centralità - quella del sistema nervoso centrale - , quale modo privilegiato e prevalente, attraverso cui l'universo nella sua interezza si dispone. Se nella fase evoluzionistica precedente all'avvento di Homo la predominanza era costituita dagli equilibri dominati dalla lotta per la sopravvivenza (della specie), nella fase di Homo s., la predominanza si sposta verso equilibri differenti, non determinati da quel genere di (ricerca di) equilibrio.
Il centro diventa la complessità dell'encefalo, verso cui le linee di forza tendono a confluire: il senso degli equilibri non è più collocato entro un ambiente naturale, in cui le diverse forme di vita competono raggiungendo una condizione di equilibrio ordinato da leggi che seguono una logica di causa-effetto secondo regolazioni più o meno complesse, per lo più disposte sui margini del caos.
Con l'avvento del genere Homo il crogiuolo delle forze in gioco diviene il suo sistema nervoso centrale, con quell'encefalo sviluppatosi in grandissima misura (probabilmente una dismisura al di sopra d'una soglia di equilibrio possibile dati i rapporti tra sistemi in cui tale processo è avvenuto), ricco di pressoché infinite modalità di relazione: la soglia di circolazione dell'informazione s'è notevolmente abbassata, facendo entrare nel campo relazionale quel sistema virtuale che precedentemente era oscurato (era inesistente) a causa dell'occupazione d'un universo ambiente dominato dalla prevalenza quasi generale dell'oggetto concreto: ciò significava la predominanza della cosa della sopravvivenza, che è la cosa della vita contro la (cosa della) morte e (la cosa dell')estinzione (della specie).