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Diamo il via a un ulteriore cammino
volto ad esplorare l'asistema in-Assenza, lungo i suoi percorsi scavati a
più direzioni, le sue reti complesse a più nodi, ovvero attraversando quell'essenza
di vuoto (bucata nel mezzo) in modo ultrarapido e silenzioso.
Come avviene per ciascun tratto di siffatta indagine sorge insistente la domanda circa la
lingua che sarà parlata, circa l'oggetto di cui sarà trattato. A questa domanda la
risposta, con il progredire del tempo (della storia e del pensiero), con un certo sollievo
s'è fatta meno ardua: l'oggetto intorno al quale argomenteremo e che presenteremo sarà
l'oggetto che manca, o meglio: che si-dà - mancando(-mancante), che si-dà
in-mancanza (di sé); la condizione in cui parleremo e in cui ci troveremo sarà
quella in-Assenza o ad essa prossima: sarà perciò analoga a un vuoto particolare
che a sua volta non è dissimile da una perdita (in-assoluto) intorno alla
quale il vecchio sistema umano riteniamo si debba, prima o poi, (auto-)organizzare (vuoto
e mancante). Il vecchio sistema, per approssimarsi a tale stadio o ancor meglio
per appartenervi, dovrà apprendere la cessazione della continua e coattiva proiezione che
dà adito a quella realtà di cui fin dall'inizio la storia è testimone e che essa storia
contribuisce a costruire senza sosta. Il mondo in cui abitiamo - come già più volte
espresso e mostrato nei Seminari degli anni passati - è specchio e ricettacolo d'una
sorta di estroflessione paradossa: esso è lo stadio finale incompiuto
d'un'evoluzione biologica in cui è emerso un sistema nervoso centrale dall'architettura e
dalla funzione assai complesse, capaci di linguaggio e d'astrazione, ma tuttora impotente
ad aprirsi la strada verso la costante di grado zero nel rapporto (d'esistenza)
con l'oggetto reale. Questa appartiene a un asistema sorretto da un parametro nulla
in-Assenza: con ciò s'attuerebbe l'affrancamento da quell'eccesso di concretezza-astrazione
(l'estroflessione paradossa suddetta) che è residuo d'un'evoluzione derivante
da un ambito naturale per ora irrisolto.
Secondo quali termini, dunque, porremo la nostra ragione?
In quale contesto della ricerca e delle discipline umane ci porremo? Di quale novità e di
quale suo linguaggio saremo i testimoni, gli investigatori, gli artefici?
E' ambito scientifico o considerazione filosofica? E' manifestazione artistica, rigorosa
nella forma e basculante nell'ispirazione?
E' silenzio profondissimo o fragore del suono astratto che deriva da un insieme
musicale di antisuoni privi di vibrazione e latori di un tempo subliminale
che anticipa scorrendo al di sotto del consueto concretarsi (eccessivo) del tempo
di vita e di morte?
E' teatro dell'Assenza o è immagine computerizzata pluristratificata e plurifocale?
E' ambito sociale e politico in cui è possibile realizzare l'utopia del '900 che finora
è fallita, e più in generale è condizione sostenuta da quell'idea e da quella prassi
date le quali è possibile offrire un punto d'incontro o una scintilla creatrice che
producano quella congiunzione idonea ad abbracciare nell'alterità e in una consapevolezza
maggiormente complessa una libertà nuova (asistema autorganizzante e organizzantesi),
stadio cui da sempre Homo sapiens aspira, ma che mai è stato in grado di concepire
in una forma compiuta e tantomeno di raggiungere, appesantito com'è da una natura troppo
ingombrante?
E' scoperta di nuovi equilibri dalle oscillazioni così profonde da svelare gli abissi e
le crisi del tempo accoppiato alla cosa del mondo? ... L'assunzione d'un nulla-assenza
quale proprietà che antecede l'inverarsi di ogni linguaggio astratto-simbolico - è
questo linguaggio che distingue la specie Homo sapiens da ogni altro
soggetto-oggetto naturale - porta immediatamente a riconsiderare secondo una nuova e più
articolata prospettiva sia l'iter evoluzionistico - in particolare il passaggio più
recente da animale a uomo -, sia quello del singolo individuo della specie nei nodi
essenziali del suo percorso: nei più importanti di questi è richiesta da parte
dell'organismo mentale e corporale l'assunzione di quegli stati-struttura che sono la
conseguenza della mancanza, della perdita, del lutto [resecazione del
cordone ombelicale, accettazione della frustrazione (Bion), distacco dal genitore,
passaggio dall'ordine preverbale a quello verbale ... termine della vita con l'evento
della morte], al fine d'uno sviluppo armonico e complesso delle attività nervose
superiori con le loro componenti intellettive e sessuali-affettive-emozionali. In mancanza
dell'elaborazione di tali stadi lo sviluppo complessivo del sistema umano è destinato a frammentarsi
e a fissarsi in gravi intoppi precoci che saranno condizionanti per
l'individuo lungo l'intero iter della sua vita, persino in quella situazione ultimativa
che è intrinseca al passaggio dalla vita alla morte.
Oltre tali considerazioni vogliamo disporci nella relazione con la storia stessa,
soprattutto con quella contemporanea, che ci sembra farsi testimone e costruttrice, in
modo per lo più inconsapevole almeno per il momento, di un grado di libertà ulteriore,
posto in una differenza specifica, quella nell'asistema in-Assenza: in essa
il sistema tende alla cessazione di sé e dà inizio a una trasformazione radicale di
qualsiasi suo rapporto instaurato precedentemente. Questa tendenza ci sembra ora più
vicina a manifestarsi secondo una linea d'emergenza, sia pure appena accennata, che pare
indicare una condizione o stato mai finora espressi. Tale inclinazione pone una delle sue
radici nella ricchissima inventiva e nel rinnovamento di cui i linguaggi delle
avanguardie, dei primi anni del secolo, sono stati artefici: questi, insieme con la
scoperta freudiana dell'inconscio, hanno arrecato una ferita profonda, anche se non
definitiva, entro la forma e i contenuti intorno e per mezzo dei quali la civiltà
occidentale s'era andata nei secoli a mano a mano a costituire. Lungo le tappe secondo cui
s'è sviluppato il cosiddetto secolo breve si sono manifestate fasi di crisi e
di rottura, con momenti anche di terribili catastrofi (le due guerre mondiali,
l'olocausto), fino all'oggi: in concomitanza con il finire del secolo - che potremo
incominciare a connotare dal punto di osservazione in cui ci siamo posti quale secolo dal Raddoppio
assente - , pare farsi strada un nuovo progetto, un diverso sentimento contenuto in un
sottile scorrimento d'un tempo più vuoto e duttile, più simile ad un niente suo
specifico, prossimo all'annichilimento di sé nel senso d'una de-materializzazione,
capace a sua volta di de-materializzare la cosa (del mondo) cui si applica.
Si tratta dell'emergenza d'una nuova proprietà della realtà, che si fa capace d'includere
quella sua stessa trasformazione che si sta svolgendo sotto i nostri occhi e che ha
assunto ritmi serratissimi e ipercomplessi e della quale non è più possibile comprendere
il senso e indirizzare lo sviluppo adattando i paradigmi e gli strumenti d'un sistema
ormai al tramonto. Ma se ci si pone un attimo in una condizione di più attenta e non
pregiudiziale osservazione, avendo assunto all'interno del proprio sistema qualche segnale
del nuovo, allora è possibile anche cogliere di quella realtà, proiettata lì fuori e
chiusa entro ciascuno - incompiuta per la mancanza della costante di grado zero
in-Assenza e stracolma del suo ingombro - , un vagolare smarrito e informe alla
ricerca d'una meta più ferma: non fissa, meno satura d'angoscia, maggiormente propensa ad
accoppiarsi con l'emergenza di quel fattore così astratto e silenzioso, ma anche così
potente e ricco d'una complessità cangiante, che è nella differenza (oltre i
legami noti), vincolata al nulla (germinativo) dell'asistema in-Assenza. |
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