14/4/94

VII SEMINARIO 1993-1994

Paolo Ferrari: In questi ultimi incontri di quest'anno vorrei, come si era già anticipato nei mesi scorsi, che il discorso fosse il più aperto possibile, si allargasse cioè alla comprensione più specifica entro le persone; e perciò mi sembra utile che, invece di proporre io dei temi e di svilupparli, questi temi venissero proposti da parte vostra ed eventualmente, con l'ausilio del vostro tipo di intervento, io possa sviluppare questa nuova condizione dell'Assenza. Anche perché il luogo dove siamo arrivati negli ultimi Seminari è un avamposto, è un luogo molto avanzato. Abbiamo incominciato a parlare della coscienza, delle relazioni tra la coscienza e la morte, tra la morte e l'anticoscienza, l'antimorte, la musica, l'antimusica, e su questo io sto lavorando; sto lavorando intensamente per riuscire a comprendere il modo con cui spiegare, esplicare nel linguaggio umano che cosa significhi astrarre la morte, che lingua possa assumere questa azione, questo pensiero.
A questo proposito - credo in relazione a questo - sto musicando, recitando, producendo un canto del silenzio, del nulla, relativamente al poema che ho scritto, Europa, con cui mi confronto e che leggendo simultaneamente suono, producendo una musica che accompagni e che raddoppi questa mia lingua che parla; e la lingua a sua volta raddoppia la musica che si forma. E non solo, ma in questo tipo di lavoro con la voce, quindi con una cosa che è nella mediazione tra il concreto e l'astratto - la voce è un'interiorità, il suono della voce è un'alta astrazione secondo me superiore a qualsiasi strumento che suoni perché nasce da un interno, nasce da una coscienza, nasce da un'anticoscienza, nasce da un' antimorte -, simultaneamente faccio suonare dei compact discs in cui c'è una musica che può essere quella orientale araba: ho trovato una bellissima edizione - di ventidue compact - del Corano, cantato e recitato, salmodiato, nella moschea del Cairo e con questo ho incominciato a confrontarmi e a confrontare questa lingua di Europa che è molto specifica, che è molto relativa e nello stesso tempo è assoluta perché si apre da tutte le parti, ma è continuamente variabile, mentre il canto salmodiato del Corano tende a rimanere assolutamente statico, fermo, pur modulandosi all'interno quasi fosse un canto gregoriano, ancora più fermo direi. Con questo sto lavorando e sto ponendo questa mia voce la quale deve essere ferma, deve essere silenziosa al proprio interno, deve raddoppiare la fermezza di un'altra voce, di un'altra musica e quindi deve porsi a un livello ancora più profondo e silenzioso e, in quanto assente, raddoppia e produce un'alterità anche nella lingua in cui parla l'altro tema. Contemporaneamente sto lavorando, lavoro con il pianoforte perché il pianoforte ponga determinati suoni, i quali suoni accompagnino l'interiorità dei due momenti, dei due movimenti. Sto lavorando a questo anche in relazione al fatto che Europa sta uscendo - mi è arrivata proprio oggi la copia cianografica, la copia che precede la stampa.
E mi interessa sempre di più questa lingua che ho scritto perché come al solito mi si è modificata davanti agli occhi; io l'ho scritta un anno fa circa - l'ho finita di scrivere un anno fa o otto mesi fa - e allora, quando la scrivevo, era totalmente sconosciuta. Nella premessa dico che è una lingua che non si conosce, è una lingua altra, è totalmente al di fuori, è un pensiero che è assente, è un pensiero che è nulla, è un pensiero che si forma nel momento stesso in cui incomincio a scrivere: nel momento in cui io scrivo, la scrittura si forma davanti, mi produce una forma, da questa forma si scava uno spazio, lo spazio diventa assente, in questo assente si incomincia a formare il linguaggio, il canto di questo poema di cinquemila versi. Adesso lavorandoci col pianoforte, lavorandoci con il canto interiore, assente, scopro che questa lingua racconta, canta dei fatti reali, dei fatti concreti, ha un canto sul tipo dell'Odissea, sul tipo del canto di un viaggio o del canto dello sviluppo di un tema, della creazione, della creazione di Europa, della creazione dei sentimenti, della creazione dell'Assenza, della creazione della lingua, cioè racconta una cosa molto concreta, molto specifica. E mi sorprende perché quando la scrivevo questa lingua non esisteva, cioè quello che avevo davanti era un vuoto assoluto: avevo una parola, mi si formava, nel momento stesso che si formava io sentivo un canto, in questo canto io mi ponevo nella simultaneità come quando suono, e scrivevo, scrivevo questa lingua, questa specie di Cantico dei Cantici, o questa specie di poema, questa specie di storia delle origini del nuovo uomo, del nuovo spazio. Adesso scrivendola, leggendola, suonandola è tutt'altra cosa; parla, parla una lingua che è praticabile, e allora incomincio ad avere tanti interrogativi. E' praticabile ma nello stesso tempo se uno la legge si accorge che è una lingua altra, cioè si accorge che è un poema che sta raccontando: come nell'Odissea veniva raccontata la storia di Ulisse, ma la storia di un viaggio che probabilmente in quel momento non era del tutto concepibile, ma Omero e gli altri aedi, gli altri poeti, stavano descrivendo qualcosa che era la storia dell'umanità, [così] anche in questo canto viene descritta la storia di un'altra umanità, di un'alterità, di un altro luogo, ma descritta come se fosse una lingua conosciuta, anche se sconosciuta. Allora mi chiedo che cosa succeda, perché succede questo, com'è che un anno fa, due anni fa, tre anni fa, quattro anni fa questa lingua era sconosciuta: io la leggevo e mi si formava totalmente bianco davanti, una luce, una luce molto forte davanti, con dei segni, dei segni luminosi attraverso cui esprimevo questa lingua, e adesso è una lingua parlata, cantata. Per questo dico che è il caso che incominci ad aprirsi questo discorso, aprirsi il più facilmente possibile.
Ad esempio la settimana scorsa discutendo con alcune persone che si occupano di una rivista di musica
*, parlando - e parlando a lungo, per più di due ore - della mia musica e della lingua che sta insieme a questa musica - anche attraverso l'intervento di Carlo Balzaretti che è interprete di questa musica - ci si capiva, cioè ci si intendeva nel senso che le domande che venivano poste da queste persone erano domande congrue, erano in sintonia, come se queste persone capissero il campo entro il quale ci stavamo introducendo, quale lingua si stava parlando. Allora questo significa che questa lingua di cui stiamo parlando, questo luogo di cui stiamo parlando, questo avamposto che stiamo descrivendo è parlabile, è già parlabile adesso; si può essere in sintonia con questo o almeno si possono dire delle cose senza dire idiozie circa questo; non è più un evento sconosciuto, non è un elemento che uno stiracchia da una parte, un altro stiracchia dall'altra per farlo parlare nel suo modo, ma nella sua centralità può essere visto, interrogato, io posso essere interrogato, il mio io si può svuotare, può dire le sue cose, nel silenzio, può parlare nel silenzio. Sembra allora che tutti questi elementi siano introdotti, sono introdotti in una realtà la quale realtà parla in un campo più ampio; quel luogo che prima era assente, era estraneo non è più tale, non è più estraneo, non è più assente, è in un'assenza nuova come se fosse un'assenza che ha la sua lingua dentro ognuno, e questa lingua può parlare, può cominciare a essere, stante la realtà, la quale realtà può essere che sia ampliata, che abbia parlato dentro un avamposto, l'avamposto si è fatto realtà, la musica non è altrove, e la musica si pone insieme con l'altra musica, di fianco all'altra musica, la poesia non è un silenzio, non è una luce abbacinante, l'articolo teorico non è più un luogo strano ma è un teorema che si inserisce nella storia e così via.
Allora giunto a questo punto io chiedo a voi di proporre delle domande, di proporre una discussione, proporre un lavoro, un lavoro comune. Se è possibile, se ce la facciamo stasera, per esempio, potrei provare a suonare, e parlare, cantare, interpretare dei pezzi del poema insieme con voi, provare a farlo: è un'esperienza interessante perché credo che sia dell'ambito non ordinario - ma di una lingua che si può parlare - il fatto che simultaneamente io possa interpretare e leggere una lingua così complessa e nello stesso tempo produrre una lingua altrettanto complessa come quella della musica mentre le mie mani stanno suonando; cioè il fatto di due esseri che sono simultaneamente attivi e producono una contemporaneità e un'unità, un'integrità di questo suono e di questa parola.
Adesso cedo a voi la parola, anche perché se delle persone che venivano dal di fuori, che non sapevano assolutamente nulla di questo lavoro che veniva fatto, se non attraverso delle vie indirette o attraverso qualche articolo hanno potuto fare delle domande sensate, non vedo perché non possiamo fare delle domande sensate, non possiamo lavorare tra di noi.
Allora...Che cosa facciamo? Incominciamo con la musica?
Susanna Verri: O con un discorso un po' più generale o con la musica.
Paolo Ferrari: Incomincio a suonare o cosa facciamo? Dite voi. Io vorrei ritirarmi un poco.
Gianugo Fercioni: A me piacerebbe sentire appunto questo brano musicale abbinato però al poema Europa, di cui avevi accennato prima; la recitazione del tuo poema accompagnato dalla musica in simultaneità mi piacerebbe molto.
Carlo Balzaretti: A proposito di questo, la prima volta che ho sentito queste registrazioni francamente ero piuttosto stupito, perché immaginare una persona che è in grado di cantare, di controllare la mano perfettamente sul pianoforte e tirar fuori questi contenuti mi sembrava una cosa incredibile; però, davanti a questa realtà che ci è stata espressa, devo dire che tutto questo oggi non è più incredibile, io la considero una risposta, francamente. Se all'inizio tutto questo mi sembrava così particolare, quasi impossibile, anche se non ho ancora sentito questo diretto rapporto tra il testo e la musica, per me oggi è già una cosa naturale, ne sono pienamente consapevole, per me è una cosa già formata, già fatta, dato che ho avuto l'occasione di vedere come questa musica si forma, come Paolo riesce a suonare al pianoforte. Questo già mi sembra personalmente un passo enorme; io non riuscivo francamente a immaginare tutto questo.
Paolo Ferrari: Anche perché questo è un fatto ancora successivo perché di solito prima io adoperavo la voce e nello stesso tempo componevo o dei pezzi di linguaggio o dei processi di astrazione o dei piccoli brani poetici.
Adesso il processo è ancora diverso perché è ulteriore, nel senso che adesso è leggere il poema e impegnare la testa non soltanto all'interno di me - nel senso che all'interno di me io posso dire che sto creando due versi, tre versi, quattro parole, e suono - ma in una lettura [tale per cui è] come se stessi leggendo una musica e in quel momento stessi facendo una musica di quella musica che sto leggendo, e questo mi ha generato un processo molto particolare, di totale svuotamento di me, nel senso che ogni volta che facevo questi pezzi alla fine ero totalmente svuotato, con un senso di totale fatica, fatica corporeo-mentale, la quale fatica però si svuotava, diventava vuota anch'essa e mi aggiungeva un ulteriore livello di esistenza. Come se io dicessi che non era possibile fare una cosa del genere; mentre la facevo dicevo che non era possibile, come se ci fosse in un certo senso un rifiuto, dal punto di vista, diciamo, della mia logica nota, chiamiamola così, quella della struttura umana; la superavo, allora potevo comporre, potevo suonare e alla fine mi trovavo come completamente svuotato. La mia reazione umana di svuotamento era di una fatica estrema, però poi alla fine c'era il fatto che questo svuotamento mi faceva stare benissimo. Era proprio come se io dovessi sciogliere una parte di me, cioè la mia storia stessa dovesse abbandonarmi e mi sto proprio accorgendo in questi giorni che è come se ci fosse una condizione di questo tipo, una condizione ulteriore: in questo lavoro sul poema e sulla musica del poema - eventualmente nella simultaneità con altre musiche, perché io per esempio ho incominciato a suonarla anche con la musica araba, poi con i Troubadours, poi con la musica del Cinquecento e quindi con tutta la storia musicale europea che sta accompagnando questa Europa - quello che mi sembrava interessante è, leggendo Europa - ma sono tutte cose che io devo scoprire giorno per giorno, che non so ancora, tuttora; che poi sarà questo libro qui -, il fatto che implica che il piano dell'assenza
*, questo piano vuoto dell'assenza - credo, posso fare questa ipotesi - è diciamo analogo [a Europa], è nell'ambito di Europa; cioè io ritengo che Europa sia il linguaggio più vuoto esistente attualmente al mondo, nell'universo, di questo linguaggio dell'assenza. Tant'è che io prima dicevo che questo non era un linguaggio, e non capivo, quando poi si era deciso di pubblicarlo, come una persona leggendo potesse dire che questo era pubblicabile, cioè dicevo che era una pazzia; una persona non poteva pubblicarlo perché non c'era scritto niente, per me era come se fosse il Re nudo, non c'era scritto assolutamente niente, ma nello stesso tempo in questo niente era la luminosità più estrema, più alta, ed era una meraviglia; per chi poteva leggerlo, per chi poteva capirlo, sentirlo era il livello più alto esistente, il suono più bello che fosse mai stato eseguito, mai pensato.
Allora dicevo che siccome Europa è attualmente l'espressione più alta di questo piano dell'assenza, l'espressione diciamo concreta, concretizzata - ci sono dei testi precedenti che adesso sto riscoprendo, per esempio Evoluzione
*, che è un testo che ho scritto prima di Europa, che invece è una specie di racconto, di racconto in prosa che poi mi ha portato a Europa, ma comunque devo ancora ripensarlo - contiene quindi il vuoto, il vuoto più astratto: diciamo che Europa o l'Assenza è il limite estremo a cui la mente anche non umana, oltre l'umano può accedere, può pensare, ed è la totalità del vuoto. Se io la leggo, nel momento stesso in cui la leggo, questa lingua si concretizza dentro di me, mentre quando la scrivevo ero totalmente assente, ero nell'assenza totale, ero vuoto, 'io' non esisteva, cioè 'esso' non esisteva, chi scriveva era l'altro, era l'altrimenti; adesso che la leggo - la voce che mi entra -, che la leggo e che compongo musica - e comunque invece è più un'identificazione con l'esistenza concreta di me, anche se di me liberato da me stesso, perché se no non potrei leggere, non potrei comprendere questo altro livello -, questo che cosa comporta? comporta il fatto che Europa precipita come una soluzione dentro di me, cioè è quel me che sta componendo, cioè il me che legge, io che leggo: io leggo, quando leggo io sono ancora l'io vecchio perché la lettura è dell'io umano, nel campo dell'assenza non esiste la lettura, tant'è che c'è stato un periodo negli ultimi sei sette anni quando ho fatto questi passaggi, questi ultimi passaggi, in cui non riuscivo più a leggere, non aveva nessun significato, perdevo il significato delle parole, cioè mi dava veramente fastidio perché era un mondo troppo stretto, troppo piccolo. Adesso invece io leggo, leggo questo e nello stesso tempo compongo la musica: la musica e i suoni sono comunque suoni, sono timbri, è una tastiera, è un elemento concreto che io devo fare diventare antisuoni mentre leggo; anche qui 'leggo' deve diventare un anti, deve diventare altro, deve diventare vuoto, però passo attraverso la lettura.
Per quello che dicevo che era un'operazione ancora diversa perché, nel momento stesso che io prima componevo un poema oppure dicevo dei versi e suonavo, ero comunque nella stessa identica relazione tra il suono e il comporre le parole dentro la mia testa, cioè ero in una situazione di assenza, di vuoto, mentre leggendo non sono nella situazione di vuoto perché leggere è una cosa molto concreta, le parole hanno dei significati e io seguo questi significati, seguo il canto di questi significati e quindi è un'operazione che implica il fatto che 'io-uomo concreto' legge - la lettura è un fatto che il bambino impara ad una certa età, con una certa fisicità, con una certa astrazione, nell'ambito però della struttura concreta, del pensiero concreto, della fisicità concreta, del cervello fatto in un certo modo. Ma tutto questo che cosa significa? che io devo svuotare la lettura, cioè la lettura deve diventare un'antilettura; ma allora significa che 'io' che legge si deve svuotare, deve diventare un anti-io e quindi tutto l'io che precedentemente all'assenza, precedentemente al raggiungimento di questo valore di assenza, questo valore di vuoto in cui ho scritto 'Assenza', che era completamente vuoto, questo io deve completamente svuotarsi. E' quello che io provavo alla fine della lettura di tre quattro cinque pagine: ero completamente svuotato, cioè l'io era scomparso, si svuotava, ma non soltanto l'io nell'assenza, il quale io nell'assenza non esiste più, è eliminato, ma l'io che esisteva perché l'io leggeva - se non c'è l'io che legge non c'è nessuno che legge, la lettura ripeto è un fatto concreto della vita quotidiana, sono chiaro?
E questo ha creato in me una nuova vicenda: mi sono trovato per esempio stamattina nel mio studio che dovevo svuotare di tutte quelle cose che avevo scritto fino adesso, di tutto il mondo che avevo scritto fino adesso perché l'io si stava svuotando; tutta la storia della mia lettura dei testi, dalla medicina alla filosofia, alla storia, alla pittura, eccetera si stavano svuotando perché avevano incontrato l'assenza, ma si stavano svuotando sul piano concreto; per cui ho messo delle casse nel mio studio e sto svuotando il mio studio.
Allora, proviamo.
Ed è un'operazione molto interessante perché è un'operazione che mi servirà anche a stabilire dei rapporti, cioè mi serve per comprendere meglio come gli altri possano accedere con delle operazioni concrete - la lettura è un'operazione concreta - e arrivare all'astrazione dall'altra parte, e quindi come mettere insieme dei fenomeni che sono della vita quotidiana umana con dei fenomeni altri, con dei fenomeni dell'assenza: il connubio di questi produce, per esempio in questo caso, lo svuotamento dell'io, il che è un' operazione nuova.
Allora distribuiamo alcune pagine, così si può seguire meglio.
[Vengono distribuite ai partecipanti fotocopie del testo del poema Europa, o l'Assenza (Udine, Campanotto, 1997, pagg. 71-74). Paolo Ferrari legge le pagine scelte suonando contemporaneamente al pianoforte la Musica dell'Assenza composta in simultaneità]
 
 
Schizofrenia come ritmica farfalla di piaceri intensi
invisibili
"non c'è altro", patì
non è vero che patisce,
"non c'è altro" non è vero che sia nulla
di nulla del nulla della pioggia che tintinna fra le dita
che non sbocciano, a perdita, sotto la soglia dell'orizzonte
hanno tempra, picchiettare la mano
è un corpo soltanto
'così poco' è un villaggio soltanto
'così scuro' è un pensiero
'così felice', come una
pecora nera.
Un Pensiero: pensare, pensare, è pieno pensare; vuoto
segno della forma che è straripata: oh oh!
Dormirete bene, solitamente
vigliaccamente e, al fine
* , di abbellire i legami, con la società civile, piccole
[e tante unità, sparpagliate ovunque,
addensate in altro piano,
al centro
non portano fantasie, perché quel sogno, come io dissi,
deve tacere.
 
Il sogno taccia,
faccia il Moro benedetto e
il sentimento di un uomo che spezza la paura.
Impedire la visione di
niente
forma di liturgia, ortodossa, Rachmaninoff, modulando
la tesi, l'antitesi, il
meccanismo
con cui si registra il suono
con l'organetto, il pianoforte
gli archi un quartetto
pioveva, tintinnando la pomeridiana singolar tenzone
dei vivi, degli ammalati che straziano la loro pelle
per tranciare la sete e il suono della caverna
su cui poggiarne le cavità:
con cui
* ascoltare la duplicazione, almeno della sillaba minima.
In uno. Per nessuno: uno alla volta, o quasi
Europa della lusinga e del bisogno terreno di 'cosa', di occuparmene al fine di
stanare la selvaggina.
Occorre il corno e la sacca bisunta, la lupara e
il guado delle anatre e delle muffe
guaritrici del bisogno e dei sentimenti caduchi.
Mi sembra semplicità oltre la quale c'è fatica
e dolore per chi sente e si scopre ignudo.
Non c'é tatto né vergogna né cristiano né l'ostello
come stratagemma per non tornare più.
Santo, santo è il capo
indietro, la persona che ha intuito l'obiezione
a
* sé lo specchio
a
* sé la voragine: compio,
lo spazio corporale, in cui
* sono gessato,
come in veste florida, famiglia da cui
* sentir parlare.
Spauracchio della fibrocisti come allusione ai profughi
saltimbeccando oltre le frange del mare.
Amarli e
ingoiarli......è il morbido e
dorato patteggiamento
con il quale
isolarli e porgere l'altra guancia
come umile soglia
per non sentirne la dizione.
Popoli? Nella veste dell'ottusità - d'un popolo, per caso -
come la scienza, guanti e robe
bordelli, quarks, onde musicali
non è spento, giurati! "Fa' qualcosa, dì qualcosa".
Illuminata sostanza del pensiero
in cui cresce la pergamena e io ne soffro
oltre la durata nel tempo
oltre la soglia di cui parlammo
facendo cenno all'oralità.
S'è attenuato, difatti,
fino a scomparire, a normalizzarsi - non c'è pensiero - ed è povero il mondo
se non fosse per il ciclopico intervento che dà l'esempio
di più arie come 'sconfitte'.
Regolarsi, allora facciamo prova
che l'idea sia all'istante precisa
ed è pensare (ed è pensare, pensare)
* .
Senza collegamenti né
tratti di forza
 
Assenza, come interno del sonno
e del sogno, organizzato in nuove esitazioni: a dire
 
d'un' opera di trasformazione dell'azione incerta
d'un cervello, qual è
quello onirico
* , oh Europa, tutta tesa a spiattellare
incontrovertibili ragioni al
popolo, al ministro
al rospo del sonno,
nel tumore, nell'emiciclo
vertigine
sacralità
economia e risentimento
eccezionalità.”
Per il momento mi fermo qua.
Ecco, e appunto adesso mi trovo proprio in fase di svuotamento, cioè il mio cervello si svuota, si svuota della lettura, delle categorie attraverso cui l'uomo legge; cioè io faccio un'operazione molto particolare perché leggo senza le categorie umane della lettura, perché sto facendo un'altra operazione: sto facendo una musica, sto facendo un silenzio interno, sto facendo il vuoto dove dico la parola, la parola è altra, la lettura è altra, per cui faccio un'operazione che è altra facendo un'operazione, invece, delle categorie quotidiane, delle categorie dell'astrazione naturale.
Carlo Balzaretti: Non chiamerei 'categoria quotidiana' il fatto di saper suonare, di saper leggere con questo controllo; io per esempio so suonare uno strumento: per me sarebbe assolutamente impossibile poter rispettare il ritmo della musica, il ritmo della lettura, incomincerei a balbettare; è naturale perché tutto questo avviene in un altro stato della realtà, me ne rendevo conto; anche la capacità di dare il ritmo giusto alla parola è la cosa che mi ha veramente stupito ma non stupisce sentendoti suonare, conoscendo la tua produzione musicale.
Paolo Ferrari: Sì, ma non solo - poi vorrei sentire il tuo parere -; per esempio io mi accorgo che la musica accompagna esattamente la parola un attimo prima.
Carlo Balzaretti: Ma è difficile dire... cioè mi sembra che la musica e la poesia procedano quasi con lo stesso passo, però nello stesso tempo il ritmo è talmente aperto per cui non è possibile dire che il ritmo della musica è sintatticamente preciso, è in due, in tre; così come lo è nello stesso tempo la parola; però si sente che queste due realtà procedono di pari passo...
Paolo Ferrari: Simultaneamente.
Carlo Balzaretti: Sì, esattamente. Sarebbe impossibile che un pianista riuscisse nello stesso tempo a seguirti, anche se con una musica da te fissata, con questo tipo di simultaneità, perché questo è un fenomeno che avviene proprio insieme, mi sembra. Come anche dal punto di vista del linguaggio musicale, quello che risultava e che ho cercato di cogliere ascoltando, è un linguaggio che mi sembra completamente spurio di dissonanze, ci sono pochissime dissonanze, molto lontane, almeno questa è l'impressione che ho. Sicuramente è più vicino agli ultimi pezzi che hai fatto che d'altronde hanno un po' questo taglio; questo è quello che risulta musicalmente. Per esempio I pezzi per la Gioventù hanno più questo linguaggio però tendono più a sviluppare una situazione, invece questo mi sembra un linguaggio più aperto che segue il flusso della poesia.
Paolo Ferrari: Questa è una cosa strana, interessante, si potrebbe analizzarne il perché. Io mi accorgevo appunto che tendevo ad eliminare certi tipi di dissonanze, mentre per esempio un pezzo che ho registrato ha queste dissonanze; mi stupiva, cioè mi chiedevo perché simultaneamente, come fatto di relazione con le persone che c'erano qui dentro, io le eliminavo, cioè sembra che sia da questo tipo di relazione, non tanto dalla relazione con la poesia, con il Lied, ma probabilmente dalla relazione con più persone; può essere che l'eliminazione delle dissonanze renda più facile non tanto l'ascolto quanto che questo campo musicale possa girare: esce dal pianoforte, gira, ritorna a me e rigira e ritorna a me. Se uso delle dissonanze può essere che s'incontrano con qualcuno il quale ha delle resistenze sulle dissonanze, si blocca e io debbo fare un'operazione doppia; posso pensare in questo modo.
Adesso vorrei riprovare, provare ad andare avanti un attimo per vedere se è così.
[Paolo Ferrari prosegue la lettura del'op. cit., pag. 75, suonando contemporaneamente al pianoforte la Musica dell'Assenza composta in simultaneità]
 
“Come Europa trascende
sopra i Muri di Berlino:
mi pare povera cosa, come una gabbia
uguale al folclore, sbalzo posticcio di Specie
d'un cane in canile, in piazzetta all'ora del vespro
sull'erba, la febbre s'addensò a formare il tumore.
Migratori gli uccelli, all'altezza
della serenità, della vacuità
del suono di forma non sufficientemente incisa
sulle spalle in filigrana di Beethoven, gigli,
sonore la 106, la 109, la 112a sonata in carico
da sforzo, da dodici apostoli,
Leonardo li martellò uno simili
dissimili - non lo sapremo mai - dall'altro.
Brusco nel gesto e nel cervello,
con appetito e con disprezzo maggiore dell'altro.
Abominio e fulcro dal quale spartire
la dolce immagine, che non appare nel vuoto,
l'icona si pensa a gettar consumo dell'ira nel mantice di streghe,
oh Europa, salvaci tu.”
 
L 'avevo appena detto e ho incominciato a farla, produrla...
Carlo Balzaretti: Penso che sarebbe stato interessante sentire l'opinione di Wagner davanti ad una cosa del genere, nel senso che Wagner è sempre stato alla ricerca di una forma di opera completa, il famoso Wort-Ton-Drama. In questo caso si aggiunge un terzo fattore, il fatto della simultaneità anche con le persone che stanno ascoltando. Questo mi sembra molto interessante perché trovo che sia un superamento del fatto che in fondo Wagner stabiliva tutto tra la poesia, la musica, il movimento, il teatro. La trovo una cosa interessante, insomma.
Paolo Ferrari: Sì perché, molto probabilmente, che cosa è successo? che avendone parlato ho avuto la via libera, cioè avendo premesso il fatto di aver usato la non dissonanza per poter far sì che la circolarità ci fosse, avendo introdotto la variabile della dissonanza ho sentito, ho capito nei cervelli che la dissonanza poteva passare e allora ho potuto farla.
Carlo Balzaretti: Qui a questo punto mi sorge naturalmente la domanda di che rapporto la musica ha nei confronti del testo, nei confronti della realtà, della simultaneità di quello che sta avvenendo nel momento in cui componi questa musica.
Paolo Ferrari: Perché questo porta nel luogo avanzatissimo. Tu, Susanna, che dici di questo problema?
Susanna Verri: Me lo chiedevo anch'io mentre parlavamo. Io penso che ci sia una risposta che però non so, l'ho intuita, ma siccome è una cosa molto complessa cercherò di accennarla, ma non so se poi riesco a specificarla; però credo che ci sia un'identità di luogo, quindi ci sia il problema del rapporto tra la musica e il testo e tra la musica e la simultaneità di quello che sta avvenendo, quindi come faccia questa musica a seguire in simultaneità il testo e contemporaneamente a seguire quello che sta avvenendo nel pensiero delle persone, nel pensiero della presenza, nell'atto delle persone che sono presenti a questa musica che si sta suonando; allora io credo che ci sia una relazione data dal luogo in cui vanno, dal luogo particolare in cui s'incontrano la musica che sta suonando - il luogo-tempo, lo spazio-tempo -, le persone che stanno ascoltando e il testo che viene letto; cioè il testo che viene letto è stato scritto prima, però viene letto adesso; il processo tale per cui avviene che possano andare insieme contemporaneamente sia la musica sia la lettura del testo sia il pensiero delle persone è di una temporalità più ampia di quella che noi conosciamo, differente.
Paolo Ferrari: Questo apre il capitolo dell'astrarre la morte, astrarre il nulla. Questo apre il capitolo perché il dato di fatto fenomenico, diciamo così, è appunto che prima la musica aveva poche dissonanze, e io sentivo...e quando io dico 'sentire' vuol dire avere una relazione affettivo-cognitiva col mondo circostante, ma per 'mondo circostante' dico anche l'universo; cioè la proprietà intorno a cui o con la quale io penso o agisco o reagisco o compongo o produco è totalmente diversa dalla proprietà con cui fino adesso abbiamo operato, perciò bisogna tener conto di questo, come diceva Susanna, cioè bisogna tener conto del fatto che se lo spazio-tempo che io sto usando non è lo spazio-tempo che è noto, che è conosciuto, ma se il livello su cui io sto operando è un livello in cui la struttura biologica, la struttura del pensiero, il ciclo della vita e della morte, eccetera hanno cessato di porsi, di esistere,
* significa che avviene tutt'altro. Cioè io suono il pianoforte... [P. Ferrari esegue un breve pezzo al pianoforte] ...ho fatto questo pezzetto che ha avuto un suo inizio, un apice e si è chiuso. Questa lingua che io ho parlato in questo momento è una lingua assoluta, cioè è una lingua universale, che è l'analogo di quattro versi o di cinque versi di Europa o di qualsiasi altro scritto che io prenda e componga, a cui dia l'espressione; cioè, siccome si mette al di fuori del ciclo vita-morte, si pone come se fosse già il fatto che si è estinto, è cessato l'essere vivo o morto, si propone una relazione che è completamente diversa e questa relazione è... Per semplificare: ho detto che prima la musica era accordante, non era dissintona, non era dissonante, poi ne ho parlato, ho potuto produrre la musica dissonante, ma il discorso che io ho fatto non è soltanto il discorso che ho fatto qui a noi, quello che è difficilissimo da comprendere è il fatto che siccome io parlo o penso su quest'altro livello dove non c'è la vita e la morte, dove non c'è questo muro, dove non c'è l'albero, dove non c'è l'Inghilterra, dove non c'è la Cina, dove non c'è nulla, il discorso che io ho fatto vale in assoluto, cioè le quattro note che ho fatto oppure i cinque versi che ho letto non hanno una relatività fra di loro, la musica che ho composto non ha una relatività per cui significa questo, quest'altro, segue la legge formale di questo e di quest'altro, ma ha detto un qualche cosa il quale qualche cosa si è posto al di fuori dell'universo e, ponendosi fuori dell'universo, ha parlato con tutto l'universo perché non ha parlato lo spazio-tempo dell'universo ma ha parlato la psiche degli umani. Per quello che io dico che quando compongo musica oppure quando faccio questa operazione produco un'antimorte, cioè estinguo il ciclo della vita-morte, sono posto su un altro livello; questo campo vita-morte che significa il mondo, significa la realtà, significa tutto ciò che è completo, significa gli affetti, significa tutto, significa ciò che è l'affezione, tutto questo scompare e che cosa compare? compare questo elemento di cui sto parlando - che siccome ha un'altra proprietà che è al di là o al di sotto o al di fuori di tutto quello che è precedentemente, quindi molto più ampio - e questo ha parlato il suo assoluto, per quello che non sbaglia; cioè questa è la ragione per cui io mi metto al pianoforte e non posso sbagliare la nota, perché è al di fuori del ciclo quindi dell'errore, non ci sono errori, mentre nel ciclo vita-morte, mondo concreto, alberi, eccetera, eccetera ci sono gli errori. In una condizione invece di superamento di questi errori, cioè in un campo molto più vasto, molto più ampio l'errore non esiste più perché l'errore non è nient'altro che il fatto che, date determinate regole, all'interno di queste regole bisogna confrontarsi; se all'intento di queste regole si sbaglia c'è l'errore. Al di fuori di questo siccome il campo è vastissimo, è all'infinito, nell'infinito non ci sono errori, a meno che io non sbagliassi e rientrassi qui dentro, allora sbaglio perché rientro qui dentro; se io son capace di stare qui fuori, basta! allora tutto si compone, tutto è un agente di creazione, cioè il mondo continua ad avere creazione.
Allora, tornando a quello che dicevamo prima, perché, che cosa sta succedendo in generale? perché Europa è stata pubblicata? perché questa musica incomincia ad essere compresa? perché ? In un certo senso il problema che io ho avuto sempre era il fatto che essendo il mondo così vasto all'esterno, così ampio, il problema era - vi ricordate che l'anno scorso ne parlavo - di farlo entrare in un mondo più piccolo, il mondo concreto, il mondo del cervello umano come funziona fino adesso. Ma cosa succede? che molto probabilmente questo altro livello che io sto sperimentando in continuazione nelle sedute, al pianoforte, nella lingua, nelle relazioni con i miei allievi, nei seminari, eccetera produce questo linguaggio, continua a prodursi un campo continuamente di questo tipo, questo campo che cosa fa? - e questo qui è un campo dell'antimorte, dell'antimondo, dell'antinota, dell'anti, eccetera, eccetera - ma questo cosa fa? prende dentro quest'altro, per cui il mondo per forza di cose diventa più vasto, cioè il mondo, pur senza saperlo, concretamente e direttamente per forza prende dentro, deve assumere quest'altro linguaggio che è immesso; nel senso che se io ho un linguaggio molto piccolo, molto ristretto, se arrivasse un marziano il quale marziano sa parlare una lingua, l'italiano in maniera molto più vasta, comunque l'italiano è una lingua più vasta, non può essere più la lingua parlata da dieci uomini; se un altro uomo, un marziano arriva, sa parlare dieci volte l'italiano, questo italiano è dieci volte questo; che poi gli altri dieci uomini che parlano l'italiano piccolo non ne siano capaci, questo è un altro discorso, ma l'italiano è diventato quell'altro; per cui il mondo, il mondo musicale è diventato quell'altro, il mondo musicale che sto operando è diventato quell'altro in cui c'è Mozart, c'è Beethoven... ma questi vivono in quest'altro mondo qua; ma questo non significa che questo mondo non esiste, questo esiste, è che i musicisti attualmente non sono capaci ancora di suonare questo mondo qua perché è più grande, però adesso lo stiamo facendo, tant'è che è importante, interessante il fatto che Carlo lo suoni, che Susanna abbia imparato a far terapia in questo senso o che gli allievi incomincino a parlare questa lingua perché questa a mano a mano diventa linguaggio del mondo e linguaggio della storia del mondo. Ora la cosa più difficile è che a mano a mano questo mondo, che è in questa situazione, acquisisca la coscienza di parlare questa lingua, la coscienza di parlare questa lingua più vasta, e quindi nella sua testa incominci a rompere gli schemi che ha, perché deve rompere gli schemi per parlare l'altra lingua.
Ora, ritornando all'esempio di prima, in quel momento in un certo senso parlavo appunto delle consonanze perché il mondo che stava parlando su quel livello lo accompagnavo a essere il mondo delle persone relative, qua, e il mondo delle persone relative a questa consonanza, in tutto l'universo. A un certo punto, avendone parlato, ho come detto all'universo, detto alla realtà - sempre per il principio d'inclusione di cui ho parlato, ho scritto l'articolo -, ho detto: "A questo punto non c'è soltanto la consonanza, a questo punto io dico la dissonanza", e siccome la dissonanza l'ho pensata col mio pensiero che è altro, la dissonanza non è più stata la dissonanza del mondo piccolo che avrebbe dato fastidio, ma ho aperto il mondo, che prima era consonante e rifiutava la dissonanza, perché la dissonanza potesse essere accettata; allora mi sono messo a suonare e la dissonanza era accettata, entrava nel mondo.
Carlo Balzaretti: Anche perché c'è una cosa penso interessante da dire: sicuramente in questo sistema più vasto non c'è differenza tra consonanza e dissonanza...
Paolo Ferrari: Esatto.
Carlo Balzaretti:...in quanto non esiste il moto armonico all'interno di questo sistema.
Carlo Balzaretti: Questo è molto importante. E' soltanto il fatto che noi cogliamo,
Paolo Ferrari: Esatto.
o perlomeno forse non è giusto dire che cogliamo perché in fondo la differenza, diciamo, tra la parte consonante e la parte dissonante c'è soltanto nel momento in cui io voglio assolutamente coglierla, sennò io personalmente non coglievo questa grande differenza; in un linguaggio armonico la differenza tra consonanza e dissonanza si avverte molto di più che in questo linguaggio.
Paolo Ferrari: Sì, ma perché questo linguaggio è fatto apposta per accogliere, apunto. Quello che io spiegavo alle persone con cui parlavo l'altra sera è il fatto per esempio che per me ogni suono... Se una persona vivesse vicino a me, oppure se seguisse i lavori che facciamo qui al Centro in continuazione, si accorgerebbe per esempio che se comincia [il rumore di] un martello pneumatico - una persona ha fastidio di questo martello pneumatico -, se incomincia a essere in relazione con me questo martello pneumatico o io mi metto a suonarlo, oppure anche senza suonarlo, diventa consonante perché comincia ad essere pensato in quest'altro tipo di relazione. Perciò non è soltanto per il problema credo del moto armonico o meno, ma credo che tutto quanto, siccome entra in una relazione molto più complessa, una relazione all'infinito, del distacco all'infinito, tutti gli elementi...Per quello che dico che mi posso mettere al pianoforte e suonare due note a caso e queste due note costruiscono immediatamente una relazione nuova perché - o tre o quattro o cinque - perché il mondo diventa continuamente questo: cioè in un mondo piccolo una nota sta da una parte, un'altra nota sta da un'altra parte, in un mondo grande tutte le note stanno insieme, hanno una relazione fra loro.
Qualche anno fa, quando ho incominciato ad avere tutte queste trasformazioni, per esempio l'andare in macchina per me era una tragedia soprattutto per i motori diesel: i motori diesel, che hanno quel picchiettare che non so bene ancora cosa sia, mi alteravano da capo a piedi, cosa che nella mia vita non ho mai avuto, cioè nella mia vita non ho mai avuto disturbi di suoni o di cose del genere, non ho mai avuto niente; soltanto negli ultimi passaggi, negli ultimi cinque anni, sette anni, in questo passaggio
* c'erano dei suoni che - adesso non so il perché o per quale cosa - producevano un vuoto e allora producevano un'alterazione di tutto questo sistema e questo sistema si faceva vuoto, per cui per esempio arrivavo con la macchina vicino a un camion oppure a una macchina diesel, mi picchiettava dentro l'orecchio e mi produceva continuamente il vuoto dentro alla luce che si stava formando di tutti questi linguaggi musicali sonori, e stavo veramente male; allora ho dovuto generare continuamente, generavo continuamente un mondo, perché non posso difendermi da questo, non posso chiudere, io devo generare, per cui dovevo generare un mondo che potesse contenere questo picchiettare del motore diesel o il rumore del martello pneumatico. L'altro problema è che tutto questo non ha barriere, perché è un mondo totalmente aperto, allora il problema è la generazione continua, cioè il fatto che qualsiasi cosa avvenga deve prodursi un qualche cosa perché questo sia contenuto, cioè che questo possa avere esistenza, ma una esistenza nuova, un'esistenza altra. Allora nella relazione con voi, con qualsiasi cosa, con le persone che ho in terapia - oppure nella vita, nella realtà -, ogni volta che per esempio c'è un blocco normalmente, naturalmente in me si genera un qualche cosa, qualche cosa che produce una modificazione di questo arrestarsi della cosa, cioè si produce comunque un'alterità, un divenire, un campo più vasto in modo che questo elemento che si è bloccato possa starci e non sia dissintono, non produca dicotomia, e questo si vede bene nella musica, si capisce bene nella musica.
C'è qualcuno che vuol fare una domanda?
Come vi siete trovati in una discussione di questo tipo?
Loretta Gasparutti: Io bene. Però mi venivano continuamente delle domande che mi sembrava potessero rompere quello che stava succedendo. Poi invece vedevo che tornavano. Per esempio fin dall'inizio avrei voluto che tu parlassi della morte, dell'anti-morte, di quest'esperienza nuova con la morte immessa nel campo più ampio; e anche adesso mi verrebbe questa domanda: ma allora la morte in tutto questo? Però da una parte mi sembra che forse non so porla nella sua centralità questa domanda, perché in me è un po' una fonte d'ansia, e da un'altra parte invece mi interessava moltissimo seguire quello che stava avvenendo e non immettere nessuno dei miei elementi di possibile disturbo.
Paolo Ferrari: Sì, secondo me è meglio così perché dicevo, circa il problema della morte, dell'antimorte, che è un elemento, è un avamposto molto avanzato e, senza una legge generale, senza un legame generale, senza uno sviluppo generale del pensiero, io non accetterei di andare verso questa strada qua, cioè deve ancora maturare, deve ancora generare linguaggio. Allora preferisco parlare della morte come antimorte, di questa musica come antimorte oppure come luogo dove c'è questo tipo di svuotamento, perché se no significherebbe allora andare avanti ancora su questo livello di cui abbiamo incominciato a parlare, di cosa significa questo astrarre la morte. Anche per questo, in un certo senso, ho fermato i seminari a questo punto; ho detto che questo deve ancora maturare, deve maturare dentro di voi, deve maturare nel linguaggio perché questo è il tema fondamentale degli umani, insomma la morte è il loro tema fondamentale.
Perché si è generato quest'altro mondo? perché la morte è tornata indietro; cioè se il ciclo di morte porta da A
* ad A1, se la morte segue continuamente la vita - noi abbiamo parlato quest'anno in continuazione, io ho parlato in continuazione di questo eccesso di vita, eccesso di biologico, eccesso di concreto, eccesso di sonno, di poca vigilanza, eccetera - significa il fatto che tutta la situazione della vita è satura di morte, cioè che l'elemento di vita non è ancora riuscito... è in eccesso perché è come se dovesse tamponare la morte che c'è sotto, la morte che origina con l'originarsi del mondo: l'originarsi del mondo è saturo, è saturazione, è morte, è caos, è elemento non significativo, non specificato. Allora cosa significa? significa molto probabilmente che a un livello della vita è successo che la vita potesse cessare; ma quando abbiamo parlato di cessare è cessato anche un pezzo della morte; allora io mi posso permettere di essere al di là di questo punto della cessazione di vita-morte, al di là di questo ciclo e in questo 'anti' io posso comporre tutto questo perché tutto questo è al di là, cioè è vuoto, è vuoto di vita e di morte. Allora la musica che io faccio è antimorte, è nel luogo già dell'antimorte, cioè la musica che io faccio risuona già nel luogo dove la morte ha cessato di esistere, cioè si è svuotata; 'cessato di esistere' non significa il fatto che il ciclo biologico non debba seguire i suoi termini, la vecchiaia non debba venire; ma ha cessato di esistere come condizione saturante dell'individuo, dell'uomo, della sua psicologia; ha cessato di esistere in quanto entità psicobiologica non sviluppata, immatura, primitiva.
Ma questo è tutto lo sviluppo che avremo nei prossimi anni.
Ci vediamo il 12 maggio. Arrivederci.