28/10/93

2 SEMINARIO 1993-1994

Paolo Ferrari: Vuoi parlare tu?
Susanna Verri: Io vi ho distribuito con l'Anna la II Lettera-saggio sull'assenza di cui avevamo già parlato nelle ultime lezioni e che adesso finalmente è stata pubblicata sul numero di Zeta. Questi che vi ho distribuito sono gli estratti della rivista; la rivista è già uscita, ma sarà in libreria tra una decina di giorni circa e chi fosse interessato potrà trovarla presso la libreria Il Domani in via Carducci senz'altro, probabilmente anche nelle librerie Feltrinelli.Paolo Ferrari: Il tema che voglio proporre stasera è un tema molto specifico relativamente alla teorizzazione, alla formulazione, alla comprensione, anche alla prassi del campo dell'assenza. Il tema di cui voglio parlare è il cosiddetto 'Raddoppio', in particolare del Raddoppio in musica di cui ho già parlato l'anno scorso in parte; in modo più ampio il Raddoppio lo potrei considerare come un concetto o una condizione di simultaneità. Allora: il Raddoppio uguale simultaneità *o, almeno, equivalente a un concetto di simultaneità.
Io, come dicevo l'anno scorso, ho spesso raddoppiato la mia musica ovvero, dato un pezzo musicale che avevo composto, facevo, producevo un secondo pezzo che nel mio linguaggio, nel linguaggio dell'assenza dicesse: "Io Raddoppio questo pezzo musicale". Ovvero, da una certa linea che rappresenti un certo pezzo compiuto di musica, io ne producevo un'altro parallelo e simultaneo a questo che producesse all'insieme con l'altro un nuovo fenomeno, una nuova condizione, una condizione di simultaneità assente.
Vi voglio parlare di questo fatto perché è un fatto che è abbastanza centrale in tutta la discussione che sto compiendo intorno a questa nuova condizione dell'assenza. Poi più tardi, con Carlo Balzaretti faremo un pezzo di musica in cui lui farà un Klavierstuck, un Intermezzo di Brahms, e io raddoppierò questo Intermezzo producendo un secondo livello di questo tipo, cioè un ulteriore linguaggio. porrò un ulteriore linguaggio a Brahms, in modo che Brahms, in modo che questo Intermezzo parli una lingua diversa da quella con cui è stato composto e parli la lingua dell'assenza e cioè si sposti su un'altro piano, partecipando di una lingua più complessa della lingua da cui è partito. La lingua che io pongo su questo secondo livello è una lingua che è profondamente affettiva,ß è una lingua che io poi ho chiamato 'lingua madre', lingua matrice, lingua che assume e prende in sé le varie componenti di questo primo pezzo, di questo primo punto d'ascolto (A1)* e le compie, le completa, le armonizza in un certo senso, anche se probabilmente all'ascolto che voi farete di Brahms vi accorgerete che Brahms si è attenuto ai suoi canoni - che erano i canoni della musica fine Ottocento, come vi spiegherà meglio Carlo Balzaretti - pur avendo con sé un campo ampio di linguaggio: a mio avviso Brahms verso la fine della sua carriera diventa più aperto, il linguaggio si libera, diventa più fluido, diventa più fluente: la sua ragione, che è sempre stata così ferrea a controllare un linguaggio fin esuberante dal punto di vista affettivo e sentimentale, si lascia più andare e in un certo senso, lasciandosi andare diventa ancora più astratta e cioè non eccede nel sentimentalismo, non eccede nell'emotività, nell'affettività pur di grande livello estetico; ma pur lasciandosi andare - e noi ci saremmo aspettati il fatto che in un certo senso il sentimento lasciato andare provocasse una fuoriuscita di elementi emotivi - invece secondo me e anche secondo la critica musicale, Brahms in un certo senso, pur lasciandosi fluire, si trattiene e diventa più astratto, diventa più vuoto. Allora questo è stato uno dei pezzi di Brahms che io avevo fatto una volta, avevo raddoppiato, perché questi intermezzi, questa parte finale del linguaggio brahmsiano mi interessava avendo questa sua maggiore astrazione: la sua rete armonica era più aperta, più accessibile a un discorso di questo tipo, a un discorso in cui potesse essere meglio compiuta, meglio colmata e io potessi accedere direttamente quasi alle strutture mentali, alle strutture prime attraverso cui Brahms ha pensato la sua musica. Cioè, attraverso questo altro livello, questo secondo livello, che è il livello dell'assenza, che è il livello più ampio dell'assenza, io mi permetto di attraversare lo spazio-tempo usuali ed entrare in un rapporto, per esempio in questo caso musicale, in un rapporto assolutamente particolare, simultaneo con quelle che sono le premesse, le procedure, le astrazioni che hanno potuto far sì che un certo pezzo musicale, un certo tipo di linguaggio avesse la luce, si mostrasse. Però il modo in cui io accedo a questo è un modo che a mio avviso produce un respiro maggiore, produce una complessità maggiore di questo pezzo, cioè lo apre, gli fa fare un salto di livello pur se, magari all'ascolto, alcuni elementi possono sembrare almeno in certi punti un po' stretti, un po' come difficili da slegare, perché comunque la musica si basa su certe leggi che sono le leggi dell'armonia, che sono leggi strettissime, leggi che sono fondamentalmente chiuse dalle quali non si può prescindere o non si poteva prescindere fino all'avvento della musica contemporanea oppure della musica dodecafonica, se vogliamo, ma in generale della musica del XX secolo o a partire dagli anni Venti in avanti, in cui si è tentato di avere delle leggi più aperte, meno rigide, meno di origine antica, per portarle su un terreno della modernità; ma così facendo, a mio avviso, la musica si è spogliata, attraverso queste leggi, di una sua stessa specificità profonda, profondità che era in un certo senso convogliata dalle leggi dell'armonia e perciò nella fase attuale della musica noi arriviamo a delle considerazioni a delle condizioni, a un linguaggio che a mio avviso appare il più delle volte vuoto, svogliato, svuotato, senza valore semantico, con poco valore semantico, tranne i grandi autori e per piccole parti dei grandi autori
Io sto cercando attraverso questi altri livelli di produrre in campo musicale, nel linguaggio musicale, un livello nuovo che superi questo stadio di vuoto e, come nei vari linguaggi di cui mi occupo, ponga un'origine nuova con delle sue leggi proprie, con un linguaggio suo proprio - questo nel campo della manifestazione. E cioè i seminari che noi facciamo sono l'esplicitazione di questo mostrarsi, di questo mostrarsi del linguaggio dell'assenza il quale di per sé stesso, come più volte abbiamo visto, potrebbe starsene assente, in un linguaggio più vuoto; ma io uso i linguaggi della musica, i linguaggi della clinica terapeutica, i linguaggi della letteratura, i linguaggi della scrittura, i linguaggi della scienza, perché in qualche modo si espliciti questo nuovo stadio e questo possa diventare uno stadio oltre natura umana, ovvero diventi natura umana, pur essendo nato in un'origine che non è della natura umana-animale di cui abbiamo spesso parlato. E così se leggerete questa seconda lettera, vi accorgerete del fatto che in questa lettera quasi è avviato un discorso come su due livelli, quasi con un livello uno, un livello due quasi simultanei, per cui la mente di chi legge a poco a poco si libera e si ascolta, nel momento stesso che si ascolta si accorge del fatto di come i meccanismi che usa generalmente nella vita quotidiana, nella propria esistenza quotidiana, siano meccanismi che sono essenzialmente o grossolani o vuoti o non sinceri o non chiari e perciò non sufficientemente vuoti, non sufficientemente affettivi - di questa affettività e di questo vuoto - con dei linguaggi impropri il più delle volte.
Questo fatto di questi due livelli è un fatto comunque di simultaneità. Cioè uno dei temi che io ho usato spesso o all'inizio, proprio all'origine di questo nuovo discorso, è di usare questo concetto di simultaneità: cioè il fatto di aggregare a un certo livello A1 un livello A2 il quale possa risuonare o possa essere simultaneo al primo, in cui il primo non abbia le caratteristiche del vuoto, non abbia le caratteristiche dell'assenza, non abbia le caratteristiche della nullità vuota e affettiva, ma perché di questo A1 si possa fare qualche cos'altro, possa diventare altro, possa diventare più ampio, possa diventare più astratto, possa diventare da un altro punto di vista ancora più affettivo. Cioè ,in altro modo, su questo livello da cui parlo, da cui vedo, se io osservo un oggetto, una cosa, un pezzo dello spazio, un pezzo della realtà, posso descrivere il fatto che io osservo, vedo questo oggetto fatto di questa forma, fatto della sua struttura semantica, linguistica, diciamo anche della sua concretezza parlando su un livello più piano; però contemporaneamente su un altro piano, simultaneamente a questo, mi si forma un piano assolutamente profondo, cioè abissale, in cui l'oggetto simultaneamente scompare alla vista, all'udito, alla mente, ruota e diventa altro; perciò io uso questo fatto, questo concetto di simultaneità perché è l'unico modo per poter descrivere attraverso il pensiero normale, il pensiero comune, che cosa succeda di questo campo così immenso, così grande.
Se io osservo davanti a me quei quadri, io posso dire per descriverli che io ne vedo le forme, le figure, il bianco, gli azzurri, ma contemporaneamente tutto questo è silenzioso ed è scomparso ed è vuoto; e al posto di questi azzurri, di questi bianchi, di queste tele, di queste forme non c'è nulla ovvero c'è un nulla ma che non è il nulla di cui Homo sapiens fino adesso ha parlato - che è il nulla della morte, che è il nulla dell'angoscia, che è il nulla della paura, che è il nulla del fattore autistico, che è il nulla dell'ignoranza, che è il vuoto assente della non presenza dell'individuo nella realtà, che è il nulla della rimozione - è tutt'altro, è il nulla affettivo, è il nulla estremamente luminoso, è un nulla che ha la chiarezza, la chiarezza della conoscenza, ma anche della possibilità, dell'affetto, dell'esperienza non bloccata appunto da questo vuoto, da questa assenza, da queste alterazioni che l'uomo nel suo corpo, nel suo soma continua a portarsi appresso. Cioè gli uomini si portano appresso come dei buchi, dei buchi nella testa, dei buchi nel corpo, dei buchi da tutte le parti e sono questi vuoti, sono i vuoti sbagliati, vuoti alterati dati dalle rimozioni mentali, dati da un corpo che non si è sviluppato, dati da un'emozione che non si è sviluppata, dati da un linguaggio che non è diventato sufficientemente astratto.
Quello che io faccio, quello che a me succede, quello che io conosco e quello che io vedo negli altri è il fatto di poter produrre insieme a questi elementi che ormai mi prendo addosso, me li prendo con me, immediatamente, simultaneamente un altro livello, - che è questo livello A2 che dopo suonerò - che produce, che fa sì che questi vuoti o questo annullamento, questa morte in un certo senso possa venire in qualche modo alla luce, possa trasformarsi, possa diventare quell'altro tipo di vuoto che non è un oggetto concreto, che non è un oggetto malato della mente umana. Cioè il vuoto che voi avete espresso nel corpo, nella mente, nella psiche, fuori dalla coscienza, è un vuoto fatto di oggetti: cioè quanto più un uomo potrà riuscire a svuotarsi di questi vuoti, tanto più esso sarà esistente-presente con un linguaggio affettivo di un ulteriore, altro tipo di vuoto, liberato da questi vuoti che sono similari ad uno stadio di morte. E questo è - quello che dicevamo negli anni passati- l'eredità animale, eredità di un non compimento dell'evoluzione per cui il soma, per cui la mente umana che è passata sul linguaggio più astratto, più vuoto, si è portata appresso questi vuoti sbagliati di una specie che non è più sua. E questo lo leggerete in questa lettera.
* Questo secondo livello di cui parlo è un livello che essendo simultaneo io non conosco a priori, cioè non ne so nulla a priori; so soltanto che è vuoto e so soltanto che mi si forma, che prende linguaggio, che ha linguaggio, lo stesso linguaggio di cui io sto parlando in questo momento. Perciò ogni volta per me il mondo, l'universo, la musica, la nota è nuova, è già rinnovata, è già altra e io a questa, nel momento stesso che diventa altra, mi debbo adeguare e debbo inventare questo linguaggio che vada d'accordo con il primo livello; me la devo inventare nel senso che la devo assumere: cioè quello che succede di questi due livelli e quello che succede nella relazione mia con gli altri è il fatto che mi debbo assumere all'interno di me l'altro, l'alterità dell'altro nella sua interezza e in questa assunzione produrre il suo svuotamento perché così la materia diventi altro da sé. Perciò in questa musica, che sentiremo perché Brahms diventi altro da sé, ammesso che io riesca a raddoppiare giustamente Brahms o a produrre la simultaneità sua, il che significherebbe anche la simultaneità nel suo essere, nel suo essere musicista, nell'aver fatto queste note, nell'aver prodotto questo brano, aver prodotto questo linguaggio in un certo senso è per quello che io chiamo questo (Raddoppio) come se fosse il linguaggio A2 in questo caso ,che poi è A1 perché questo è comunque un'altro linguaggio di questo tipo perché parlava dei miei due tipi di linguaggio, ma comunque se questo A1 è poniamo Brahms o Stockhausen o altri,questo A2 che poi è A1 perché è la matrice, è la materia astratta, la materia vuota, prende con sé l'altro e se lo trasporta e se lo porta altrove.
E allora quest'anno diciamo che è questa qui la sede dove manifestiamo questo linguaggio in maniera più concreta, più possibilmente concreta e dove manifesto questa simultaneità dei linguaggi, dove cerco di produrre questi linguaggi simultanei e affettivi di un'altro vuoto che non sia quello del vuoto che noi abbiamo attribuito alla morte o alla distruzione, alla distruttività, o all'autismo, cioè la non relazione.Carlo vuoi parlare tu un attimo di Brahms?
Carlo Balzaretti:Di Brahms vorrei parlare dopo. Parliamo dei pezzi che suoneremo insieme; anche perché parlare in cinque minuti di Brahms è un po' difficile.
Paolo Ferrari: No, di questo pezzo dicevo.
Carlo Balzaretti: Eseguiremo insieme un Intermezzo opera 117: sono delle composizioni molto tarde di Brahms, come appunto sottolineava il dottor Ferrari, e sono delle pagine molto particolari, perché se noi analizziamo tutto il repertorio compositivo di Brahms dalle prime sonate ecco, appunto le prime sonate hanno un'esuberanza se vogliamo anche romantica che in queste ultime composizioni viene direi distillata; però nello stesso tempo convivono anche tutti quegli elementi che fanno di Brahms il Brahms cosiddetto barocco, neobarocco, quel Brahms manierista che troviamo per esempio nelle variazioni, nelle composizioni, nelle trascrizioni. E nasce questa composizione direi dal punto di vista della scrittura molto semplice, è una composizione estremamente tradizionale perché è un Intermezzo diviso in tre parti: abbiamo una parte A, una parte B che direi non utilizza nulla della parte A e abbiamo poi una ripresa, invece, che possiamo definire A1 in cui cambiano alcuni elementi; e appunto sottolineo che il materiale utilizzato da Brahms è un materiale molto semplice, estremamente semplice, ma - è questo che io terrei a sottolineare e forse è anche per questa ragione che il dottor Ferrari ha scelto questo pezzo - il materiale viene utilizzato in modo molto particolare, cioè suonando questo pezzo io mi rendo conto che all'interno ha una sua grande libertà anche se in fondo è molto strofico ed è diviso perfettamente in tre parti; però ascoltandolo vi renderete conto che ha qualcosa di particolare all'interno, come d'altronde hanno qualcosa di particolare un po' tutte le ultime composizioni per pianoforte di Brahms: sono intermezzi, sono di solito capricci, sono brani molto brevi, di solito appunto in una forma tripartita A B A. Questo è tutto quello...
Paolo Ferrari: E secondo te, allora, è questa semplicità la ragione per cui io ho scelto questi tipi di linguaggio per poterlo raddoppiare? E' questo tipo di semplicità che permette di avere delle maglie un po' più larghe rispetto alla struttura armonica per potere entrarci dentro?
Carlo Balzaretti: Ma! il problema forse è che attraverso questa semplicità Brahms riesce forse già ad astrarre qualche cosa, cioè il fatto di essere più libero all'interno comunque della forma, perché come vi ripeto, vi accorgerete che la ripresa è proprio una ripresa a tutti gli effetti: all'interno troviamo in fondo una struttura contrappuntistica, quindi una tipica scrittura che troviamo nella fuga, che troviamo nel linguaggio di Bach, però il tutto direi è molto respirato, molto libero comunque all'interno di una griglia molto rigida. Non vi so spiegare esattamente la ragione perché ci sia questa convivenza, forse perché il ritmo è molto lento, mi è molto difficile; però vi posso assicurare che le ultime composizioni di Brahms e in particolare questo Intermezzo hanno questa caratteristica - penso che anche voi ascoltandolo ve ne potrete accorgere. E vi accorgerete - almeno abbiamo fatti vari raddoppi insieme - come il Raddoppio appunto del dottor Ferrari tenda a rompere ulteriormente ...
Paolo Ferrari: Chiamami Paolo per carità!
Carlo Balzaretti: ...come il Raddoppio appunto di Paolo tenda a rompere questa rigidità ritmica che c'è naturalmente all'interno della composizione, perché quelli che sono gli aspetti armonici della tensione-distensione, che può essere la tonica, la dominante, diciamo quelli che sono gli aspetti armonici, naturalmente in Brahms ci sono, non possiamo toglierli, però questo linguaggio, appunto questo assieme - perché in fondo nasce un assieme a mio avviso - tende a rompere sia l'aspetto ritmico che l'aspetto armonico e nasce una nuova composizione. Questo è tutto quello che vi posso dire, insomma. Vediamo un po'!
Paolo Ferrari: Vuoi prima far sentire com'è da solo? Come facciamo secondo te?
Carlo Balzaretti: Faccio sentire almeno i tre attacchi, per far sentire di che cosa si tratta. Poi questo parecchie persone lo conosceranno, è un pezzo abbastanza conosciuto, direi.(Balzaretti, eseguendo al pianoforte i tre attacchi dell'Intermezzo 117 di Brahms, li commenta: "Questa è la parte A che pone un tema molto conosciuto...Poi abbiamo la ripresa e si enfatizza la struttura. Mentre la parte B, come vi dicevo, è molto diversa a livello di scrittura: vi è un ipotetica orchestrazione di archi con pizzicati, è molto raffinata dal punto di vista della scrittura; e questa è la parte B...Qui abbiamo sempre una sorta di parte di ripresa all'interno della parte B, mentre poi abbiamo una parte A che io definirei A1 che riprende il tema iniziale con un'altro tipo di strumentazione, di orchestrazione potremo dire...Prosegue poi".
Questo è più o meno l'impianto della composizione. Adesso sentirete che cosa appunto salterà fuori, vedrete che è una cosa molto diversa, sarà molto più libera la composizione, in questo senso senz'altro, vedrete che è molto strofica, molto divisa in questi tempi; in fondo la composizione è ternaria dal punto di vista ritmico.
Paolo Ferrari:Dai, attacca!( Carlo Balzaretti esegue al pianoforte l'Intermezzo di Brahms e Paolo Ferrari ne esegue simultaneamente il Raddoppio alla clavinova - esecuzione di 5 minuti circa )Paolo Ferrari: Allora capirete che la complessità di questo pezzo, di una operazione di questo tipo è il fatto di poter entrare, appunto come si diceva, in una struttura che è fatta in un linguaggio che è totalmente fine Ottocento, cioè che è un linguaggio romantico, e come accogliere questo linguaggio romantico e potere farlo più silenzioso: è come portarlo in un certo senso a me, è come portarlo in questo discorso il quale sia meno di tipo sensoriale, meno di tipo emozionale, che sia un linguaggio che pur contenendo tutti gli aspetti affettivi, di questi aspetti affettivi produca una condizione di distacco, di interezza, di non fissità, di non ripetibilità, perché possa entrare a far parte di questo linguaggio nuovo. Ora, come adesso è stato posto questo Raddoppio, se ne potrebbe fare un altro e il mio linguaggio sarebbe ancora ulteriormente diverso, lo comprenderebbe in un altro modo ancora; ovviamente io credo che per alcuni di voi penso che sia difficile ascoltare una certa struttura musicale di tipo romantico la quale solletica l'orecchio: come spesso ho detto e come si sa, l'orecchio è uno strumento molto antico, è uno strumento molto rigido, è uno strumento molto fisso, cioè la musica ha impiegato moltissimo tempo per potersi liberare dai suoi condizionamenti, dai suoi canoni, dalle sue strutture armoniche e non c'è riuscita tuttora. Il linguaggio che io uso è un linguaggio che sia il più possibilmente libero, che sia in sintonia con un linguaggio il quale questa libertà non ce l'ha dentro di sé; ma la libertà che io uso non è una libertà che è di tipo aleatorio, cioè non è di tipo casuale, ha delle sue leggi specifiche di una strutturazione molto complessa che prende insieme il discorso dell'altro e lo porta continuamente su un altro piano, in un certo senso interrompendo quello che è la sua fisicizzazione, quello che è la sua concretizzazione che è questo moto: per esempio, in questo Brahms, questo moto di tipo emotivo, di tipo che accarezza l'orecchio, e in un certo senso che lo frastorna. Il mio accompagnamento, la mia trasformazione, il mio movimento certamente è molto più vuoto e questo può produrre in qualche modo, credo, nell'orecchio e nella mente delle persone da una parte una sorta di irrigidimento, una sorta di scontro tra due linguaggi, che sono i linguaggi interni stessi della persona.
Come leggerete in questa lettera, se voi sarete all'unisono, capaci di funzionare all'unisono con questa lettera, come dicevo prima si formerà un linguaggio che è altamente astratto, astratto nel senso di altamente razionale, con grande finezza, con grande, continuo incastro di produzione, di linguaggi uno dentro all'altro, come in questa musica che io facevo prima....
(Paolo Ferrari esegue al pianoforte un pezzo di circa un minuto e mezzo)
... in cui mi lascio la piena libertà del discorrere. Come avete sentito, questo pezzo che era in un certo senso sulla scia del discorso anche di prima, con un ulteriore fiorire di elementi, di temi e come questo suo finire, che non volevo che finisse nel discorso precedente, come cambiasse continuamente livello e mi ponesse su questo nuovo livello e producesse in un certo senso a questa stessa musica, al Brahms che abbiamo fatto prima, al Brahms che abbiamo fatto insieme, a questo Brahms, a questo Raddoppio che ponevo un ulteriore livello, in modo che con queste not... (Paolo Ferrari suona alcune note)... si avesse la libertà in un certo senso di finire dove voleva, di comporsi, di strutturarsi nel modo della sua propria assolutezza, di comporsi di strutturarsi, di produrre linguaggi all'infinito: cioè io potrei andare avanti a produrre linguaggi all'infinito, i quali linguaggi però in questo ambito d'infinito continuano a definirsi e questo è un grossissimo problema molto interessante del fatto di come questa definizione delle cose possa essere prodotta in un certo momento, un certo tipo di definizione, questa definizione possa aprirsi ad un altro tipo di definizione, ma anche questa sia capace della propria conclusione, della propria intrinsecazione, del suo riportarsi dentro e del suo far silenzio.
E questo apre il tema ad una complessità enorme relativa al fatto di che cosa sia la vita che batte il suo tempo in un certo modo, che conchiude degli attimi, che conchiude sé stessa, che cos'è la morte che a mano a mano continua nella vita, che conchiude la vita, che cos'è questo conchiudere, questo conchiudere se è reale, se non è reale, se è astratto, se è falso, se non è falso: questa eredità di essere vivi e di essere morti che ci portiamo dall'animale, dal regno vegetale, di tutti questi linguaggi di cui a un certo punto abbiamo detto: "Sono così". Abbiamo accettato in un certo senso "Sono così" oppure li abbiamo trasportati in campo non scientifico producendo un'ulteriore alterazione del pensiero, ma dal punto di vista scientifico di che cosa sia questo poter finire poter finire in modo astratto, di poter finire su un altro livello che non fosse il finire precedente oppure, come facevo vedere prima, il finire che poteva conchiudersi con un sol, oppure con un do, con due sol o con un mi e, invece ricominciare da capo e prodursi in un altro modo e poi finire con un metodo, con una metodologia che è una non-fine, pur essendo finita.
(Paolo Ferrari esegue una nota al pianoforte).
Questo tema della fine del linguaggio, cioè del linguaggio dell'assenza, il quale linguaggio dell'assenza è già finito, è già definito in se stesso al momento stesso che si pone, è un tema molto interessante, è un tema che estrinseco con la musica, è un tema che produco coi disegni, è un tema che produco col linguaggio dell'assenza, della scienza e questo finire il quale si pone e tace, ma tace dal suo stesso finire. In un certo senso mi ha colpito quando ero più giovane il modo come finivano i temi nelle ultime sonate, negli ultimi quartetti soprattutto Bethoveen, come mai non ci fosse una fine, come non fosse posta una fine - per riprendere il discorso musicale - non ci fosse una fine e ci fosse continuamente questa ripresa alla fine eppure la fine c'era, incominciava la fine ed io cominciavo a sentire questo chiudersi e dischiudersi simultaneo. E questa simultaneità del finire e non finire è un tema grandemente aperto, un tema che io tratto tutti i giorni e che vedo e che adopero nella mia clinica quotidiana, nel mio rapporto con i miei pazienti e che sto studiando anche dal punto di vista somatico, anche dal punto di vista della patologia, della struttura fisica degli uomini.E qui pongo un punto di fine. Parli chi vuole.
Carlo Balzaretti: Io proporrei una cosa, se sei d'accordo, se magari facciamo riascoltare, se l'hai registrato, il pezzo che abbiamo suonato insieme; penso che sia interessante, anche perché io ci terrei a sentirlo, a me fa piacere.
Paolo Ferrari: Anche perché poi in registrazione la simultaneità si sente meglio che da due strumenti diversi.( Replay del brano eseguito precedentemente da Paolo Ferrari e Carlo Balzaretti - durata 5 minuti circa )Paolo Ferrari: Mi spiace ci fosse questo rimbombo, perché orecchi non esercitati alla musica sentono facilmente il rimbombo piuttosto che il linguaggio musicale.
Vi sarete comunque accorti di come all'inizio di questo pezzo i linguaggi siano separati, o almeno in parte separati, e poi a mano a mano come se questi due linguaggi partissero da due mondi completamente diversi e a poco a poco questi arrivassero a una loro coniugazione, come diventasse sempre più complesso e quindi anche strutturalmente, armonicamente complesso: il linguaggio invece che rimanere su un suo livello soltanto e di questo tipo di emotività o affettività romantica si trasformasse in un tipo di linguaggio più aperto, più ampio, più affettivo, ma di una affettività più semplice, più distaccata, più astratta,
Tu vuoi dire qualcosa circa questo tipo di esecuzione? (rivolto a Balzaretti)
Carlo Balzaretti: Io vorrei far cogliere attenzione a una cosa. Non so se avete notato che la parte del Raddoppio procedeva sempre in controtempo, non era mai a tempo con me, però la cosa incredibile è che tutto è in controtempo ma va sempre allo stesso tempo; non so se avete notato che c'è questa continua disgregazione del ritmo di Brahms e che la parte del Raddoppio era come se fosse sempre in controtempo, però non accelera e non rallenta assolutamente, mantiene questo continuo controtempo che continua a rompere quasi la simmetria, la simmetria di Brahms. Io ho notato questo, ascoltando adesso perché credetemi ero molto concentrato sulla mia parte per cui non mi era possibile poter parlare perché non ero riuscito ad ascoltarlo; almeno io ho notato questo francamente, cioè il fatto poi anche di procedere molto a parti lato la parte di Brahms è molto stretta come scrittura pianistica in fondo, si rivolge sempre a un registro del pianoforte, mentre questa parte di Raddoppio tende ad espandersi moltu, tende quasi a riorchestrare questo timbro di Brahms, io ho avuto almeno questa impressione. Queste sono naturalmente soltanto delle osservazioni personali.
Paolo Ferrari: Qualche altra osservazione? Carlo fa un concerto sabato, chi vuol venire?
Balzaretti: Ma c'è la nebbia, non conviene muoversi. E' comunque un concertino a sud di Milano ed incomincia la nebbia. Devo suonare a Rosate, un paesino. Abbiamo così montato un programma abbastanza divertente, curioso, che spazia dal repertorio romantico di Schumann, arriva fino a Gershwim facendo uno strano viaggio; comunque è alle ore 21, è a Rosate, un paese piccolo vicino a Gaggiano, nella zona di Abbiategrasso, vicino a Binasco. Se qualcuno è interessato può fare una scappatina, naturalmente è ben accolto, ci fa molto piacere E' con clarinetto, duo clarinetto e pianoforte e faccio alcune cose come solista
Paolo Ferrari: Allora, io spero che abbiate compreso qualcosa di questa complessità del discorso del Raddoppio, della simultaneità assente, perché è la simultaneità assente. Quello che voglio dire è che il concetto di simultaneità in campo fisico è un concetto molto concreto, molto rigido. Quello di cui io parlo invece è un abisso di vuoto, di spazio, di apertura: è un linguaggio che aumenta le possibilità delle cose o degli esseri di esistere, di maturare, di produrre affetto, di produrre intelligenza e in questo senso la simultaneità dà un concetto che è così concreto anche nella teoria della relatività di Einstein di cui è un pilastro. Nella mia ipotesi, nella mia teoria, nella mia descrizione dei fenomeni, invece, dovrebbe essere una cosa molto astratta, nel senso che io uso il termine astratto non nel senso classico, di un altro tipo di classicità, astratto vuol dire libero da legami pur avendo una specificità propria, specificità che non contiene concretezza, non contiene durezza - la durezza delle cose - e quindi si astrae e quindi si porta su un'altro piano. E questa simultaneità che io uso che mi accompagna, di cui sentiremo ulteriori lavori o ulteriori pezzi, ulteriori linguaggi è una simultaneità che abbandona e che rovescia il campo fisico, il campo della concretezza fisica e, pur usando, pur partendo da un'idea umana fisica di Homo sapiens e lo porta verso 'Homo abstractus' e lo fa più piacevolmente astratto, libero da legami che non gli appartengono più e da meccanismi della mente che io credo siano obbligatori nel pensiero umano; cioè siano fatti di costrizione del pensiero umano a causa di una struttura, di una condizione non definita, non compiuta, non conclusasi nel suo originarsi in una evoluzione che non ha prodotto ancora la sua strada giusta e allora gli uomini riescono a pensare, come riesce a pensare Brahms la sua astrazione, o come riesce a pensare Einstein la sua astrazione, riescono a pensare questo tipo di astrazione, riescono a porre il mondo più vuoto, però insieme nel loro corpo, nella loro mente c'è ancora questo oggetto duro, questo oggetto della mente che non è sufficentemente vuota, che produce dei meccanismi, quasi dei meccanismi di difesa che producono a loro volta dei vuoti, delle assenze sbagliate. Io spero che gli uomini possano a mano a mano liberarsi di queste macerie che hanno dentro e liberandosi di queste macerie, che il mondo diventi più aereo, più simile a un'astrazione, a un linguaggio che sia vuoto, che sia più possibile.
Dunque la prossima volta, se per voi va bene, ci vedremo il 23, due giorni prima di Natale se non ci sono obbiezioni, potremmo vederci anche il 17 tenere nelle quattro settimane, il 23, se per voi va bene anche se sia la vigilia di Natale, teniamo il 23, Arrivederci. a tutti