X lezione 1992-1993
Il tema che tratterò stasera sarà di larga ideazione.
Il lasso di tempo in cui non ci siamo visti e quindi non ho tenuto lezione,
è servito a produrre, a maturare ulteriori linguaggi. Ho già detto
più volte che le lezioni servono perché la nuova scienza si renda
più facilmente concreta, si produca entro limiti che siano più
agevolmente noti; come ho scritto in uno dei miei aforismi, ciò che vediamo
e di cui abbiamo esperienza non è nient'altro che il limite delle nostre
capacità.
Sino ad ora si è andata strutturando un'attività di pensiero basata
sul limite: se pongo un segno sulla lavagna, quasi fosse essa un campo vuoto,
un nulla, un alcunché tendenzialmente assente - inesistente, nel senso
corrente della parola - incomincio a produrre e a proporre un limite dato il
quale, al suo intorno, si verificheranno un formarsi, un formularsi e un espandersi
dei vari e possibili linguaggi dell'esistenza. Ciò è vero per
il sistema minore, più semplice, ma anche per il sistema maggiore che
uso: data la lavagna come elemento 'vuoto', si è formato un elemento
della conoscenza oggettiva, comunicabile, soltanto nel momento in cui il livello,
da zero, ha cominciato a diventare zero1 oppure zero-1, ha cioè incominciato
a condurre al suo interno una propria limitazione. Nella sua massima espansione,
invece, il sistema zero non ha la condizione del limite e, di conseguenza, non
ha alcuna propensione a prodursi all'interno della conoscenza, quella che diciamo
la conoscenza scientifica dell'Occidente. Non è per me interessante,
tuttavia, introdurre i concetti di tipo scientifico secondo la modalità,
la procedura occidentale, né è importante che il metodo della
scienza produca una separazione in sistemi differenti per cui, data una relazione
tra osservatore e osservato, nasce un tema dal quale si produce un'ipotesi,
e così via. D'altra parte, poiché mi muovo all'interno di un mondo
in cui dal 1600 la scienza ha vinto la sua guerra contro gli altri sistemi,
affermandosi come il migliore nella spiegazione della realtà, mi adeguo
e uso il metodo scientifico pur conducendolo a me e alla metodologia che sono
solito usare.
Uno degli elementi fondamentali del mio metodo scientifico, come ho già
precisato in altre lezioni, è l'affettività, il linguaggio affettivo,
il riconoscimento affettivo di una realtà, anche di una realtà
talvolta inesistente - l'inesistenza è una delle categorie metafisiche
del mondo occidentale -, è un linguaggio affettivo perché ha una
relazione simultanea con le cose di cui parla, di cui conduce la scienza e la
conoscenza. Si tratta, tuttavia, di un metodo molto particolare, per via del
quale il sistema pur così grande e profondo - enorme rispetto al sistema
fino adesso usato normalmente dalla scienza, ma anche rispetto a quello usato
dalla teologia o dalla filosofia - attualmente è come se ritagliasse
per sé soltanto un pezzetto, un lato, un angolo, quella parte che sto
seguendo perché ne debbo capire il suo intrinseco metodo. Non mi pongo
perciò al servizio della scienza, bensì pongo la scienza al servizio
mio o del nuovo metodo che ha come specificità di collocarsi, in certo
qual modo, in un angolo, di ritagliarsi un piccolo spazio: sto cercando di capire
perché il pensare dell'assenza abbia esso stesso deciso di non impadronirsi
di tutto lo spazio del cosmo, del linguaggio ampio dell'universo di cui esso
stesso è metodo, comunicante e comunicato dal livello zero, (
che è ) del nulla, il livello più alto, più ampio e vuoto
che sia mai esistito.
Credo che il porsi in codesto angolo specifico sia una modalità in cui,
ad esempio, non occorre l'assoluta precisione del linguaggio o della struttura
matematica, non occorre la fissità del linguaggio logico, epistemologico.
Quando dico 'nulla', è nulla ma può essere anche un'altra cosa:
non ha importanza, in quanto il nulla di cui parlo, lo zero, ha una vastità
tale per cui anche se perde per strada novantanove pezzi su cento non ha alcuna
rilevanza. E' quello che cerco di spiegare spesso anche ai miei allievi: l'infinita
informazione che siffatto livello contiene è tale che, se il soggetto
si pone al suo interno, non ha bisogno dell'ossessività, della fissità
che il linguaggio comune o, in particolare, il linguaggio verbale scientifico
pretende per avere una qualche validità. Il nuovo sistema è talmente
ampio che, pur perdendo il novantanove per cento, l'uno per cento è ugualmente
ampio quanto tutto il resto dell'universo. E' un'affermazione un po' forte,
ma comunque è vera.
E' come se ciò equivalesse a una logica del 'tutto o del nulla', ossia
è sufficiente che sia possibile produrre con il suono lo 'zero', l'assenza,
produrre l'antisuono assente, perché tutto il resto sia capace di mettersi
al suo servizio. Sembra quasi un antico mito dell'origine dell'universo: il
suono, l'assente così potente e insieme così piccolo non ha bisogno
di tutte le potenzialità, dell'espressione di tutti gli angeli del paradiso
per dire qualche cosa.
Nell'articolo che leggerete1, la struttura del pensiero è estremamente
organica e precisa, ma la sua precisione, la sua organicità, la sua dinamica
suonano da un'altra parte. Non ha per me interesse spiegare che cosa sia l'evoluzione
rispetto a ciò che gli studiosi hanno detto, a seconda delle diverse
interpretazioni e congetture; l'evoluzione di cui parlo ha un respiro più
ampio di qualsiasi pensiero prodotto al riguardo. Rivedendo la lezione della
volta scorsa, mi sono accorto che circa il progetto dell'evoluzione avevo posto
nuovi concetti, tra i quali quello di 'rotazione' degli elementi, mai posti
prima d'ora nell'ambito delle leggi del caos o della strutturazione degli elementi:
ciò avviene perché il campo è zero, è vuoto, è
libero e aperto, e posso vederlo in un modo più ampio, da un punto di
vista più distaccato.
E' chiaro che la scienza, usando il metodo che le è proprio, deve avvicinarsi
via via, per trattini successivi, alla conoscenza di un fenomeno ed essere assolutamente
precisa perché, se sbaglia, dice grandi idiozie e non è più
scienza; la scienza per forza di cose deve essere assolutamente rigorosa, anche
se si tratta di un rigore 'compulsivo'. Eppure è giusto che sia così,
anche perché dalla parte dove parla il pensiero dell'assenza occorre
un rigore ancora più totale, nel senso che se una persona parla il nuovo
linguaggio lo parla realmente, altrimenti non lo parla affatto: non c'è
speranza né ideazione diversa, non può esserci un procedimento
di avvicinamento tra un dato punto del sistema consueto e il sistema dove non
è nulla: è come se vi fosse una sorta di vallo, di separazione.
Allora, nel momento stesso in cui inizio a parlare il mio linguaggio scientifico,
esso si porta appresso tutto lo scibile scientifico finora prodotto e la struttura
razionale della logica attraverso cui sono state viste le cose e anche la strutturazione
dell'articolo che leggerete è a grande dinamica, a grande ritmo, a pause,
a vuoti, a silenzi. Tuttavia, se entrassi nel sistema proprio della scienza
e della logica con cui si sono osservati gli oggetti, vivrei la compressione
del pensiero con la conseguenza che esso immediatamente si arresterebbe. L'articolo
pubblicato, più che un articolo, è un saggio al quale già
anni fa pensavo di voler arrivare nella configurazione d'una ideazione del metodo
che avesse al suo interno un nuovo linguaggio: tale linguaggio è 'scientifico',
ha la scansione scientifica, ma un respiro d'altro tipo. La persona che legge
deve entrare necessariamente in tale respiro e se vi entra, allora comprende
non solo l'oggetto del dire, del contendere, ma anche se stessa che capisce
il parlare, il formulare, il formare, l'ideare di nuovo tipo.
Dico 'ideare', perché una delle forme fondamentali che vedo in termini
sempre più concreti è il luogo dell'ideazione, che è totalmente
differente. Il pensiero di cui sto parlando e di cui sono compartecipe anche
ora, ha un'ideazione in un luogo assente, non ha bisogno di supporti che continuino
a rinfocolarlo, ad arricchirlo, ma è di per se stesso ricco. Ed è
altresì assente, diverso da quello che è stato finora il reale,
pur combaciando e accordandosi con esso quando occorre che l'accordo ci sia,
che la sintonia esista in modo che il reale, nella sua compressione, possa aprirsi
o possa pur trasformarsi.
D'altra parte, quando una persona nell'ambito della ricerca di cui mi occupo
incomincia a lavorare sui miei scritti o anche sulla musica, avverto chiaramente
che dopo un certo lasso di tempo, essendosi applicata profondamente, il suo
livello d'ideazione incomincia ad essere quello di cui parlo. E' come se sentissi
che dal suo cervello esce un altro livello: la persona potrebbe dire anche delle
sciocchezze dal punto di vista metodologico, scientifico, anche umano, ma il
suo metodo è nato altrove, il suo mondo nasce altrove e, nascendo in
un luogo 'altro', esso non è errato, non porta in sé lo sbaglio,
quel limite con cui la realtà ha dovuto strutturarsi per non essere
vuota e deserta .2
Da tale punto di vista è interessante comprendere cosa succeda della
realtà del mondo fisico, della realtà metafisica, della concettualità,
dell'ideazione, se pensate da un altro pensiero. Solitamente avviene che, data
una certa realtà, il metodo scientifico incominci ad osservarla e in
un certo senso a scontrarsi col muro che la realtà stessa gli pone -
non ho mai capito, fin da ragazzo, perché la realtà dovesse porre
un muro alla conoscenza, dovesse opporsi al fatto che la si potesse conoscere
e per quale mistero si portasse appresso il proprio nascondimento. L'osservatore
scientifico, ma anche l'osservatore clinico, tenta di fare una breccia in essa,
incomincia a smuoverla, a darle un'anima, a introdurvisi da qualche parte in
modo che la realtà si apra; egli poi si avvia a comprendere pezzo per
pezzo attraverso la fenditura che nel muro si è formata e, con un lavoro
molto paziente, arriva a poco a poco a formulare ipotesi all'interno dell'apertura
via via allargatasi, fino a poter produrre una legge tramite la quale proseguire
poi la conoscenza.
Credo che il procedimento che ho descritto sia valido per qualsiasi tipo di
attività: mi viene in mente il compositore di musica che, data una serie
di elementi di realtà di una struttura musicale non ancora aperta, trova
una breccia dove porre le sue regole o determinati modelli ideativi al cui interno,
se è capace di genio ideativo, secondo certe regole la realtà
a poco a poco si apre.
Voglio dire che la realtà nasce vuota e deserta, non è niente:
all'origine dei tempi la realtà era inesistente, era totalmente mancante.
Come abbiamo già visto in altre lezioni, all'inizio la realtà
era per gli uomini un mondo allucinato, l'uomo pensava in modo allucinato; i
primi frammenti di pensiero, i primi vagiti del pensiero erano probabilmente
molto poveri e altrettanto povera era la realtà che si formava da tali
frammenti, così com'era povera la realtà formatasi attraverso
il pensiero degli animali, del primate o attraverso altri tipi di linguaggi
elementari. Tramite brecce continue, l'umano ha prodotto sempre nuovi fattori
fino ad arrivare alla conoscenza attuale e alla realtà che noi vediamo.
Il Principio d'Inclusione3 - volendo darne una spiegazione elementare - afferma
che la realtà è in una continua generazione data dalla relazione
simultanea tra il pensare e il pensare nuovo che produce realtà, la realtà
nello stesso tempo 'ruota', si unisce al pensare e nel connubio si produce una
realtà nuova; e che, quindi, qualsiasi strumento di misurazione o di
metodo noi introduciamo nella realtà per meglio conoscerla agirà
comunque sul reale e, se abbastanza potente, ne produrrà una modificazione.
In generale dico che qualsiasi tipo di metodo, da quello scientifico a quello
tecnologico, influenza la realtà e che comunque essa reagisce, si adatta
al metodo usato. Perciò l'obiettività che la scienza dice di avere
non è vera in questi termini: la scienza è obiettiva in quanto
è finora il sistema migliore per avere quel minimo di distacco necessario
affinché gli uomini non proiettino il loro inconscio, la loro allucinazione
o le loro fantasie; il metodo scientifico non è nient'altro che un sistema
per tenere lontano dalla realtà la tendenza potenziale, appartenente
ancora all'uomo e alla sua primitiva struttura animale, a formare una realtà
a sua immagine e somiglianza, fatta dei propri elementi meno nobili, meno di
pensiero, meno distaccati. La scientificità produce la condizione affinché
un mondo possa esistere sufficientemente distaccato.
E' interessante vedere come, se quel pensare del livello zero di cui parlo ha
una sua tendenza a formarsi su un livello che prescinde dal livello di realtà
comunemente noto, esso, ponendo altri tipi di valori, salti continuamente l'elemento
di realtà e ne produca o proponga un'altra di valore zero. Se riuscite
a seguirmi bene, nelle lezioni a mano a mano il cervello acquisisce la capacità
di 'encefalizzarsi', di produrre continuamente un substrato nuovo, un livello
nuovo, un'ideazione nuova, tale per cui la realtà che fissa l'oggetto
possa essere in un certo senso sollevata, oltrepassata e possano essere enucleati
o prodotti altrove, al di là di un sistema limitato, nuovi procedimenti,
nuove realtà.
All'interno di tale procedere è avvenuto che i primi prodotti del nuovo
pensiero passassero altrove, da ogni parte, perché la realtà si
era ridotta a un piccolo punto e perciò lo spazio era totale, era totalmente
aperto e libero: si è verificato quello che ho detto riguardo alle lezioni
svolte nell'ambito della 'metafisica', della 'metafisica' del linguaggio o della
conoscenza, anche se non si tratta di metafisica in senso proprio - la quale
è una contemplazione dell'idea, dell'astratto, dell'astrazione - perché
quella che uso è comunque la formazione, la formulazione di un livello,
benché sia zero e passi oltre la realtà nota.
Cos'è successo allora negli ultimi mesi, negli ultimi anni? Il nuovo
livello ha incominciato a rientrare a mano a mano nella realtà consueta,
o meglio, anche la realtà, assunti i nuovi elementi dello 01, 02, 03,
a poco a poco si è ampliata: mi trovo via via dentro alla realtà,
la realtà più umanizzata, più scientifica, per così
dire. Parlo all'interno del livello dell'assenza e aspetto che la realtà
mi induca una breccia nella quale ora mi interessa entrare, mentre in precedenza
ne stavo al di fuori perché la realtà era stata del tutto saltata
ed esisteva un linguaggio che, comprendendola interamente, poneva una nuova
'ontologia' del reale - ontologia in senso improprio perché comunque
veniva posto un ente concreto, pur se astratto, vuoto o zero.
Attualmente, di fronte a un reale che si è allargato ed è più
ampio, lo solletico, lo saggio, lo voglio capire; voglio che il reale si apra
ulteriormente perché intendo vedere, nell'ambito dei vari linguaggi -
quello della medicina per esempio - come il sistema biologico sia andato formandosi
dal punto di vista sia della sua strutturazione iniziale, della genetica, che
della malattia o della psicobiologia. E lo saggio, lo solletico per andare a
capire quanto, di tutto il sistema che ho messo in moto, possa avere un valore
nella relazione con il mondo biologico, ovvero con l'idea di mondo biologico.
E' chiaro che il mondo biologico è un'idea dell'uomo, non esiste di per
se stesso, è un momento della storia dell'uomo: il pensiero umano ha
visto la struttura del mondo come ente biologico, fisico, come ente concreto,
corporeo, fisiologico ed anche come ente psichico e poi psicobiologico. Tuttavia,
nel momento stesso in cui l'umano pensiero pensa l'ente psicobiologico, esso
si fa: ormai tutti pensiamo in termini biologici, tutti vediamo i corpi biologicamente.
Non credo che i Bizantini, quando disegnavano quelle figure assolutamente astratte
nei loro mosaici, vedessero il mondo biologicamente come lo vediamo noi, non
soltanto dal punto di vista culturale, ma proprio da quel punto di vista strutturale,
fisico per cui la vita è un ente così potentemente concreto.
All'interno del nuovo livello, voglio andare a sondare a poco a poco che cosa
sia l'ente biologico, cosa sia la vita, perché e come essa si trasformi
e diventi il livello zero; che cosa c'entri nel livello zero, per esempio, il
livello della morte, perché la morte si ponga all'interno della vita
e quale substrato essa sia.
Tra i vari sistemi che uso per saggiare tutto ciò, la musica in particolare
segue il procedere della ricerca: le mie composizioni musicali attuali sono
in un certo senso più consone alla struttura di realtà - quel
muro della realtà con cui di solito ci si confronta. La mia musica è
ora maggiormente consona alla realtà così come è fatta,
pur avendo al suo interno un metodo completamente altro, diverso, un suo andare,
un modificarsi, un variare, un idearsi che costituiscono già un'altra
realtà - misuriamoci con i due termini di realtà: una realtà
scientifica, biologica, anche quotidiana, e una realtà che ha la valenza
dello zero, del suo annullamento, del suo valore altro.
Uno dei sistemi che uso è quello di saggiare con la musica, l'altro è
quello di saggiare con il disegno, con la pittura, per cui stanno nascendo nuovi
segni. Ho visto ultimamente che al segno circolare si sta opponendo il segno
più frammentato che indica il distacco, quel problema del distacco di
cui abbiamo parlato - lo si può vedere nel quadro posto al centro della
sala d'ingresso. Ma la frammentazione, nel momento stesso in cui si forma, per
me significa già la comprensione d'un altro livello, di un qualche cosa
che avviene all'interno degli organismi biologici e mi fa scoprire che il distacco
è una microscopica frammentazione, che piccole pause si producono all'interno
del sistema biologico nel momento stesso del distacco o nel momento stesso del
suo respirare, del suo prodursi, del suo venire alla vita. Sono cose che sto
indagando.
Tutti i campi in cui mi sto applicando, tuttavia, si misurano e si commisurano
continuamente con la realtà scientifica, con la realtà dell'arte,
con la realtà della filosofia, sono continuamente combacianti, anche
se prendono la loro via, la loro strada.
Un altro e recente metodo che sto usando è quello di scrivere brevissimi
racconti, in cui tutto sia spiegato chiaramente, rapidi e lievi come un soffio,
ma il cui linguaggio sia di altissima precisione e racchiuda per intero la scienza
di cui sto parlando; è un modo di saggiare le parole diversamente da
come ho fatto in termini scientifici, nei 'foglietti', piuttosto che nel poema
'Europa' in via di pubblicazione. Nella forma di brevi racconti, quasi fossero
piccole parabole, io stesso mi tocco, mi saggio, mi provoco per andare a capire
all'interno del ritmo in cui le parole si formano, all'interno di una linea
assolutamente precisa e specifica in cui non può stare alcun altro tipo
di vocabolo o di concetto: e il formularsi del sistema piccolo del racconto
produce in me, e spero anche negli altri, un nuovo procedimento di conoscenza.
Voglio fare un esempio e ve ne leggo uno, il primo della raccolta. Si chiama
"Il distacco":4
"Con un breve moto del capo gli mostrai ciò che gli stava davanti:
"Sposta più in là, anche di poco, quell'albero, ché
il mondo risorgerà". Mi fissò con aria interrogante incerto
sul da fare; gli indicai allora con un cenno quella parte - una porzione in
luce del parco dov'eravamo - non indifferenziata.
Fece quel che avevamo scambiato tra noi replicando nel pensiero l'idea del luogo
su cui c'era stata l'intesa: il prato e il tronco scuro e largo che in esso
era compreso si staccarono quasi all'istante senza rumore, con un tratto netto
e spezzato di forma circolare; l'immagine e la sostanza che per milioni e milioni
di anni s'erano lì rapprese scomparvero subito dopo - noi lo vedevamo
con chiara precisione - insieme con quelle dell'intero universo che non troppo
ingenuamente ci avevano fino allora, in quel modo, in sé confinato."
Ogni parola è assolutamente significante, ogni riga è significativa
con tutto il resto, ogni struttura comprende l'intera scienza del linguaggio
di cui sto parlando.
La lettura fa perdere in chi ascolta alcuni elementi che dovrebbero, invece,
essere presi in mano, soppesati perché le parole hanno pesi diversi,
i suoni si formano in maniera differente, e così la timbrica, i colori,
il significato, la struttura della frase.
"La sonorità del nulla":5
"Poiché del nulla aveva parlato tutta la vita - d'un nulla assai
particolare, per il quale l'attività umana potrebbe prendere nuova spinta,
sollevarsi a più intensa e ricca ideazione - si spense senza alcun rimpianto
accomodandosi entro una cavità profondissima, uno spazio formato a mo'
di scodella venuta dal basso, come dal centro della terra, nella quale avrebbe
potuto finalmente attardarsi ad ascoltare, con grande voluttà e per tutta
l'estensione, gli intervalli infiniti dei suoni che fuoriescono dal nulla, ora
che l'universo, mondato di vita e di morte e di ogni sua cosa, è libero
di dare avendo acquistato l'arbitrio a proprio fondamento."
Il racconto che segue parla un poco della 'Legge d'Inclusione', di quel procedere
passo a passo compiuto dall'umano pensiero che è una realtà, la
quale si rende idonea e, rendendosi idonea, rende a sua volta l'uomo idoneo;
parla di come la realtà non sia ente distaccato, bensì compreso
nell'umano pensiero e come insieme, invece, si facciano elementi distaccati
e vuoti nel loro passaggio successivo.
"La realtà 'punta scheggiata":
"Riteneva che troppi fossero un milione di anni, o giù di lì,
perché i primi uomini arrivassero a piegare la pietra, avendo appreso
a scheggiare la selce: non riusciva a capacitarsi di come si fosse dovuto attendere
tutto quel tempo per un atto, in fin dei conti, non complicato anche per degli
uomini con idee non evolute...
Finché un giorno gli fu chiaro come anche la realtà fosse misera,
piena di stenti ai suoi inizi così come lo era il pensiero nato da poco...
E come, poi, questa condizione migliorasse assai lentamente, a passi microscopici,
non evidenti, con fatica e grande resistenza del cervello e del mondo ad esso
esterno.
Soltanto una felice e, per altro, non affatto probabile combinazione - un incontro
quasi perfetto, una chiave che giusta s'infila nella toppa - avrebbe permesso
quel nuovo evento fatto di realtà punta-scheggiata e d'umanità
capace d'adottarla. "
Quest'ultima lettura mostra gli infiniti tentativi che sto facendo nell'ambito
dell'assenza, nel mio metodo, perché la realtà si muova e venga
al sistema più ampio; mostra altresì come vi sia la possibilità
che l'encefalo maturi ulteriormente e produca un'ideazione che è vuota
e che avviene dove il sé assorbe, compie e, a sua volta, produce il linguaggio.
Il linguaggio che anche stasera abbiamo compiuto si è formulato, direi
in un modo quasi perfetto rispetto ad altre volte, su un livello 0, 01, 02,
03 e non l'ha mai perso, anche riguardo alla relazione con tutti voi: su una
struttura più potente, più larga, non è stato mai concesso
il fatto di scendere a patti. Abbiamo, cioè, compiuto un'operazione scientifica,
un'operazione sulla realtà la quale, da una parte, ha aperto una breccia
in cui ci siamo infilati, dall'altra, è realtà costituita da noi
stessi che ci siamo fatti zero: l'ente reale, formandosi, assume in se stesso
il valore di vuoto, il valore di assoluta precisione, di forma che non può
essere altro che quella e, nel momento stesso in cui assume ciò, si distacca.
E' un distacco simile a tutti i distacchi profondi che avvengono nella vita,
nella vita altra, più compiuta; ed è probabilmente simile a quando
la morte si svuota e, svuotandosi, assume il valore di materia capace di una
forma di vita di ulteriore complessità. Lascio aperto tale argomento
perché fa parte proprio di ciò che avviene nella storia biologica
di ognuno di noi, nella quale continuamente ci sono i passaggi tra vita e morte:
in ogni secondo, in ogni millesimo di secondo continuano a verificarsi infinitesimi
passaggi tra l'essere e il nulla, tra il vuoto e il pieno, in una modulazione
tra la vita e la morte su un piano profondo che può essere ascoltato
soltanto sul livello di cui sto parlando, sul nuovo livello scientifico
22 aprile 1993