V lezione 1992-1993
Stasera introduce il tema Susanna
Verri; introdurrò poi l'introduzione e penserò e parlerò
del problema delle diverse, innumerevoli introduzioni che si pongono alla base
del tema di cui stiamo trattando.
A te la parola.
S. Verri: Stasera vi abbiamo distribuito un breve testo, il primo capitolo di
uno scritto in progress, il cui titolo è "Introduzione generale
all'Assenza". Esso, frutto di un complesso lavoro di scrittura e riscrittura,
è un'introduzione generale al tema di cui trattiamo nel corso ma è
anche un'introduzione, nel mondo, di un nuovo livello del pensare che comporta
per l'organismo umano una nuova possibilità di esistenza e una nuova
strutturazione del suo sistema biologico pensante e affettivo.
Si tratta di una diversa origine - in nuce, non ancora in atto - che si realizzerà
se avrà luogo il nuovo livello di complessità denominato Assenza.
La nuova origine è quella posta al di là della condizione del
tutto provvisoria - come viene detto nel testo - in cui la specie umana si trova
a vivere e di cui soffre per una limitatezza intrinseca alla sua natura che
le produce l'angoscia dell'esistere, per non avere ancora completato quel salto
che caratterizza il passaggio dall'animale all'uomo.
Viene quindi posta questa "Introduzione generale all'Assenza" affinché
il salto possa avvenire o possa avvenire più facilmente o si cominci
a conoscerne l'esistenza, la possibilità di esistenza e, conoscendola,
a compierne qualche tratto. Per fare ciò l'osservatorio di cui dobbiamo
disporre dovrà essere particolare perché dovremo porci al di fuori
del sistema in cui viviamo: dovremo già porci, almeno in piccola parte,
nel sistema 'altro' per poter vivere e vedere i limiti del sistema in cui siamo.
Il primo passo che il testo introduce è quello di formare, predisporre
l'osservatorio particolare da cui l'uomo possa, essendo nella sua natura attuale,
cominciare a vedere oltre il passo che dovrà fare e, cioè, a vedere
già nella direzione della nuova condizione verso cui occorre che s'incammini,
a cui è lecito sperare che almeno si approssimi.
La difficoltà consiste nel fatto che è necessario osservare al
di là dei limiti attuali entro i quali tutta la nostra cultura ci ha
posto, essendo essa nata ed essendosi sviluppata nella condizione da noi detta
di 'sovrasoglia', condizione che indica la modalità di presenza della
cosa finora al mondo - del mondo tout-court -, caratterizzata dall'essere in
eccesso di cosa, di strabordare, invece che essere 'nulla' - subliminale, ovvero
entro i limiti corretti -, com'è da noi ora osservata dal luogo particolare
in cui ci siamo posti fin dall'inizio al fine di dare il via a una cultura,
una civiltà che sia garantita non tanto dalla presenza prefissata della
cosa, quanto dalla sua profonda mancanza (assenza).
Il testo incomincia a predisporre uno sguardo che leghi i due sistemi, la cosa
che ha esistenza ordinaria e l'anticosa, e a predisporre la possibilità
della lettura della realtà nel suo essere cosa e nel suo essere anticosa
e in tal senso a disporre già il nuovo.
Ciò che si produce all'interno di un processo che possa contenere il
piano intero di lettura è necessariamente una forma rinnovata di apprendimento
che non passa soltanto attraverso il canale esistente ed evidente e che costituisce,
come dicevamo in altre lezioni, una via che interessa in toto l'apparato psicobiologico:
va infatti a formare o attivare - dal termine 'attivazione' già visto
- la capacità di cogliere anche l'elemento assente e quindi la capacità
di produrre le nuove strutture psicobiologiche, quelle più sottili del
pensare e dell'esistere, quelle che consentiranno al sistema umano di farsi
più umano, oltre l'animale, e di abbandonare via via quella che è
la traccia più concreta, più materiale della natura umana animale
per predisporsi alla transizione verso la natura umana altra, più disposta
all'altro che è, nel nostro linguaggio, l'assente.
In tale passaggio si incomincia a delineare la fuoriuscita dalla malattia della
specie: è il passaggio verso una specie che, se compie l'ultimo passo
evolutivo, esce dalla sindrome dell'essere 'cosa-cosa' e si predispone al nuovo,
dirigendosi anche verso una possibilità di diversa coscienza della vita
e della morte - come si accenna nell'ultima parte del testo - e dove la coscienza
si può aprire verso l'elemento altro da sé, verso una struttura
che non abbia soltanto la necessità di conoscere e di sapere quanto sia
la conferma del già esistente, del già dato, di ciò che
sa già, ma può cominciare a procedere anche in assenza, per cessazione,
e perciò ad apprendere l'elemento di cessazione.
Questo è l'iter, seppure molto abbreviato, del primo capitolo del testo
che è in progress e, pertanto, è posto e composto in una forma
che ammette possibili revisioni, rifacimenti, proprio perché le maglie
di questa scrittura, del processo logico-cognitivo e di esistenza che viene
prodotto dalla scrittura possano via via, nei rifacimenti successivi, essere
fatte più larghe, includendo una sempre maggior quantità di informazioni
e di possibiltà per il lettore di avvicinarsi a ciò che è
maggiormente assente, aperto, tale per cui si possa cominciare a predisporre
l'origine nuova.
Mi fermerei qui.
P. Ferrari: Dicevo che avrei introdotto l'introduzione; ho introdotto l'introduzione,
ho introdotto Susanna che ha parlato di un'introduzione.
Mi ha interessato molto sentire come si introduceva un'introduzione scritta
da me e pensata nel nuovo sistema, sapendo quanto sia difficile e complesso
parlare in un altro sistema, in un sistema che non è mai stato dato,
che non ha un linguaggio e che per averlo deve usare quello del sistema precedente,
del sistema minore, ponendolo nel suo iter e facendolo diventare maggiore.
Il linguaggio di tali introduzioni, come quello che uso per le lezioni, è
particolare anche se usa gli elementi a disposizione del linguaggio razionale,
affettivo, emotivo, dato dal sistema umano. Da anni sto forzando il linguaggio
perché possa essere adatto, idoneo a produrre la nuova specie, il nuovo
pensiero, il pensare altro.
Come abbiamo visto nelle lezioni precedenti, il linguaggio è uno dei
fattori fondamentali del progresso della specie: l'uomo è nato da un
nuovo linguaggio, questo s'è fatto perché l'uomo è nato,
ma senza di esso l'uomo non sarebbe mai nato: il linguaggio produce encefalizzazione,
cultura.
Attraverso il linguaggio do le forme possibili a condizioni d'esistenza o non
esistenza, d'alterità e aggiungo non alterità - come vedete pongo
i due termini accanto ( esistenza - non esistenza ) -1 in quanto mi sono posto da ultimo, nel progetto
in progress, in una condizione cha sta nel mezzo, in cui l'esistenza si fa non
esistenza, la non esistenza si fa esistenza; la non esistenza è la non
cosità, è la libertà dall'essere cosa, cioè la libertà
dall'essere uomo; come ultimamente sto scrivendo, è la non necessità.
Si tratta di un sistema complesso, un sistema che ha diverse articolazioni,
le quali sono poste come in una successione spaziale-temporale compresa in un
unico insieme ove però ogni elemento è distinto l'uno dall'altro.
Ho chiamato tale procedimento di 'simultaneità assente' in quanto gli
elementi di esistenza, non esistenza, non cosità, cosità, non
necessarietà, evenienza, non evenienza, i paradossi per opposti possono
essere compresi in un'unica condizione di assenza, di simultaneità, ma
in cui tutti gli elementi, nel momento stesso in cui pongo il pensare o lo scrivere,
devono comunque essere compresi ed essere distinti e non vi sia alcun elemento
che faccia confusione e vada a fondersi con l'altro elemento. E' la condizione
che ho chiamato di 'relazione per assenza' e che, come abbiamo visto l'anno
scorso, pone la particolare 'relazione di distacco per assenza'.
In tal modo sto già parlando di un linguaggio nuovo: quello che sto disegnando,
quello di cui sto parlando è un linguaggio altro. Mi accorgo che sto
parlando in un linguaggio altro anche perché sento, elaboro, conosco,
vedo, vivo ciò che succede nella vostra mente, nel vostro cervello. Incomincio
a sentire nascere dall'attività del vostro pensiero, del vostro corpo,
del vostro organismo e del vostro cervello, dal processo di encefalizzazione
che sto ponendo, come delle fuoriuscite, dei meccanismi che si mettono in moto,
dei procedimenti di resistenza e nello stesso tempo di accoglimento.
Il lavoro che sto compiendo attraverso le introduzioni, ognuna delle quali accompagnata
da un'introduzione dell'introduzione, è posto perché si produca
un alcunché che assomigli al nuovo linguaggio, alla vastità, alla
profondità del linguaggio in cui ogni parola non è persa, ogni
parola, ogni frase è formata ma, nel momento stesso in cui è formata,
in quanto cosa, si perde nella cosa, diventa altro e perciò diventa pensiero
che pensa se stesso in assenza di sé.
Dicevo che mi interessava molto seguire il discorso di Susanna perché
era obbligata attraverso le parole che conosceva, attraverso il linguaggio 'monoarticolato'
della conoscenza ordinaria, della scienza, della filosofia, della matematica,
a produrre un alcunché che fosse similare o che si introducesse all'interno
della grande introduzione che è un nuovo linguaggio il quale non è
sperimentale ma usa forme, parole, una sintassi in un certo senso anche molto
semplici, della classicità. Non uso neologismi se non per esprimere alcune
strutture semplici come la 'relazione per assenza' che potrebbe essere un neologismo
perché secondo la modalità logica ordinaria è un prodotto
contraddittorio in quanto pone la relazione insieme con l'assenza.
In tale discorso, tuttavia, le parole e le frasi non sono molte e continuerò
a produrre più o meno le stesse frasi, la stessa lingua che però
al suo interno ha la possibilità, nel momento stesso in cui si pone,
di diventare altro, perciò è una lingua variabile all'infinito.
Se ci pensate, ogni volta che ci siamo incontrati, ho parlato sempre della stessa
cosa, la quale tuttavia andava in una profondità tale per cui diventava
anticosa, diventando anticosa, diventando altro, altro linguaggio, essa diventava
un linguaggio il quale perdeva la sua strutturazione ordinaria, la fissità
ordinaria e poteva diventare altro, altro da sé e perciò assumeva
la possibilità di avere, al suo interno, tutte le forme che gli fossero
per se stesso necessarie.
[ Nella pausa del discorso P. Ferrari fa un disegno alla lavagna ]
E' interessante notare che il discorso che parla sempre la medesima lingua -
e quindi per la sua necessità interiore, come ho appena espresso, parla
tutte le lingue del mondo, parla tutte le possibilità delle lingue in
quanto si trasforma, diventa altro e può parlare, all'interno dei linguaggi
di ognuno, dei processi esistenti nella vostra mente, nella struttura del vostro
cervello, comunque esso sia -, tale linguaggio ha la necessità, ogni
volta, di organizzarsi da solo al suo interno, di organizzarsi cioè nel
suo sviluppo in modo tale per cui la relazione per assenza si possa formare.
Ma all'interno del procedimento - dico procedimento ma di fatto è un
atto di simultaneità - si scava nello stesso tempo un elemento molto
profondo, quell'elemento di relazione che avviene attraverso codesto linguaggio
e attraverso il linguaggio e la condizione di chi lo ascolta. Cioè, nel
momento stesso in cui il linguaggio si pone e al suo interno ha la possibilità
della propria variazione, del proprio mondo che è mondo altro, ha la
possibilità, nella relazione con l'altro, di produrre una condizione,
un ente molto profondi, molto scavati.
L'ente così profondo, così scavato costituisce ciò che
ogni volta si ricava nell'incontro che è in atto, per il fatto che nella
vostra mente, nel vostro organismo, in generale, si produce un ente, uno stato
vuoto che è il luogo dove siffatto linguaggio sta e si dice, si fa ulteriormente
assente, producendo a ogni suo darsi un'ulteriore assenza o un ulteriore scavo
nella vostra struttura di organizzazione corporeo-psichica.
Pertanto, viene a crearsi nel tipo di relazione descritta una condizione di
liberazione o di libertà dagli schemi di qualsiasi genere esistenti all'interno
di un organismo. Per vari istanti, per vari punti di cui probabilmente non avete
la consapevolezza, ma all'interno dello scambio di linguaggio che è un
linguaggio vuoto, si forma quell'assenza che è libertà dall'essere
quell'individualità o quella mancanza di specificità in cui la
struttura umana fino adesso è costretta: attraverso lo scavo e il mondo
che si apre, ognuno di voi, nella relazione con tale linguaggio assente, si
fa libero almeno per alcuni istanti - e probabilmente per sempre in tali istanti,
data la temporalità di tipo altro - da tutti i linguaggi limitati al
loro interno, prodotti dai meccanismi di tipo inconscio o di tipo derivante
dalla struttura di vita tesa alla sopravvivenza.
Nell'incontro con codesto linguaggio, orale e scritto, si viene a produrre quella
condizione che stiamo analizzando, che stiamo ponendo nel fondo, per la quale
è possibile passare in uno stato diverso da quello per cui la vita è
nata, è continuamente dettata e che gli uomini hanno chiamato meccanismo
di sopravvivenza. In varie fasi in cui pongo e scrivo il nuovo linguaggio, la
sopravvivenza viene modificata, l'assenza tende a prevalere: l'assenza è
capace di assumere in sé quel genere di linguaggio di sopravvivenza,
di emergenza che finora è stata sovrabbondante, eccessiva, incapace di
produrre un'evoluzione successiva.
Tutto ciò fa parte della condizione che ho chiamato, nel nuovo livello
dell'assenza, di razionalità maggiore, di razionalità aperta,
di complessità della razionalità, la quale tiene conto di tutti
gli eventi al limite, sul bordo, da una parte e dall'altra, dell'esistenza e
della non esistenza, della cosa e della non cosa e tiene conto non solo dell'unitarietà
dei fenomeni ma anche della specificità dei fenomeni di essere non soltanto
uno ma di essere altresì più di uno.
Cerco di spiegare, in quanto sono tutti parametri di una logica molto stretta,
molto complessa.
Il linguaggio che sto ponendo non è soltanto quello che produrrà
o produce l'unità. L'unità è stata un'idea degli uomini
continua, costante, un'idea derivata dal bisogno della vita di produrre un'unità;
un'idea, anche giustificata, della psiche di raccogliersi, di produrre un ente
raccoglitore di tutte le sue varie parti e condizioni, dato l'inconscio con
le sue strutture e dati i meccanismi dell'inconscio che tendono a spezzare una
continuità.
Siffatto linguaggio in un certo senso apre ulteriormente l'unità. Come
vedete nel disegno alla lavagna, è come se avessi delineato un lato destro
e un lato sinistro i quali, tuttavia, non fanno parte soltanto di un'unità
più grande, bensì costituiscono un linguaggio che si è
ulteriormente aperto sui due lati e ha prodotto una dualità, una condizione
ancora più aperta in cui non c'è più bisogno di ricondurre
tutto a un ente unico, a una fissità unica, a un essere unico soltanto
per se stesso.
L'essere capace di moltiplicarsi e diventare altro e altro da sé, diventa
la dualità, acquisisce la possibilità in cui da una parte esiste
l'esistenza, dall'altra la non esistenza, da una parte esiste l'assenza, dall'altra
una non assenza la quale è un'ulteriore presenza di un ulteriore livello.
Voglio dire che la lavagna recentemente acquistata è così grande
perché il linguaggio vi si possa disporre, possa essere totalmente vasto,
in modo tale che l'individuo non si senta prigioniero nella sua individualità:
l'individuo può essere altro, ognuno di voi può essere altro.
Gli elementi di costanza, gli elementi di identità a tutti i costi per
cui ognuno ha un nome, un luogo di nascita, un mondo soltanto, sono convenzioni
che l'uomo ha prodotto perché non sapeva come uscire dall'enorme problematica
nascente dal procedimento di ulteriore encefalizzazione. E' come se l'ulteriore
encefalizzazione si fosse fermata, la specie umana avesse posto un limite al
proprio linguaggio e avesse detto: Mi chiamo così, abito in questo
luogo, sono nato in tale luogo, ho un mondo soltanto, l'universo è uno
solo . E' una convenzione che, per fortuna, è stata posta perché
lo sdoppiamento prima dell'acquisizione dell'unità produce le scissioni
dell'io, produce l'io diviso: uno sdoppiamento prima della formazione di un'integrità
avrebbe prodotto la schizofrenia - l'uomo fino adesso porta dentro di sé
la sua schizofrenia che ha superato attraverso la coscienza dell'unità,
attraverso l'acquisizione di un linguaggio più complesso.
Io vado oltre e porto nel mondo un linguaggio che è duplice, che ha dentro
di sé l'unità, la trinità, la quadruplicità e così
via.
Ma il primo passo fatto è stata la piccola unità che l'uomo ha
prodotto nel suo cervello; tutto ciò che precedeva sarebbe stata la sua
scissione, la sua disgregazione, sarebbe stato uno stato di morte incapace di
produrre vita: lo stato di morte che era nell'uomo, nella specie umana, si è
tradotto in vita, in vita pensante tramite la primitiva unità, ma questa
porta con sé tutto il mondo scisso, frammentato e frammentario - precario
- che è la storia stessa dell'encefalizzazione umana.
La specie umana non è ancora uscita dalla sua encefalizzazione, è
una specie in una fase schizofrenica, frammentata in mille parti, tenuta insieme
da convenzioni mentali che l'uomo stesso si è costruito e che sono diventate
integrazioni naturali. Ma la natura della specie non è certamente costituita
di un'unità così piccola, o meglio fino adesso la natura della
specie è stata di un certo tipo, adesso dico che ce n'è un'altra
molto più complessa la quale riprende in mano il procedimento di moltiplicazione
dei processi, di simultaneità della moltiplicazione, di una temporalità
più complessa. Perciò, date la temporalità e la spazialità
più complesse, l'unità può essere posta in un luogo più
ampio, più aperto, più capace di essere altro senza dovere arrestarsi
a quella strutturazione elementare semplicistica che ha prodotto alla fin fine
il mondo della cosa - quello di cui stiamo discutendo - che è il mondo
della realtà, quella che l'uomo ha posto e ha detto essere l'unica o
il migliore mondo possibile. E' stato il migliore mondo possibile fino adesso,
fino a che il procedimento altro, più complesso, più razionale,
più affettivo, più aperto non ha potuto parlare il proprio linguaggio.
Parlo siffatto linguaggio attraverso l'introduzione che sto facendo, attraverso
la lezione - la lezione è un'introduzione, le lezioni precedenti sono
altre introduzioni, così come il corso dell'anno scorso. E' come poter
dare un principio, poter dare alcuni punti, alcuni luoghi da cui partire che
siano essi stessi vuoti e privi di una struttura chiusa: da tali luoghi continuo
a produrre introduzioni2 perché il mondo del
linguaggio duplice o quadruplice, del linguaggio vuoto, del linguaggio altro
è talmente più grande e complesso del mondo noto che per avere
una possibilità di scambio, perché i due mondi possano comunicare
l'uno con l'altro, occorre che l'uno e l'altro si aprano in maniera complessa
attraverso i procedimenti di cui ho parlato poc'anzi e che le diverse introduzioni
possano essere poste.
Il mondo del linguaggio della complessità o dell'assenza non ha punti
di inizio, non ha principî, luoghi dove iniziare e perciò inizia ovunque:
l'inizio posto dalle introduzioni, dalle lezioni è in certo qual modo
una convenzione, affettiva, emotiva, una convenzione di nuova specie perché
anch'esso è materia, è soffio, è linguaggio in un luogo
più complesso. Perciò, come diceva Susanna, le introduzioni sono
in progress, a ogni introduzione ne seguirà un'altra, ogni introduzione
avrà un altro tipo di linguaggio che avrà maglie diverse, che
introdurrà diversamente il nuovo universo in modo che possa scambiare
con l'altro universo, possa avere un'introduzione nell'altro universo - come
quello che sto ponendo in questo istante attraverso un linguaggio all'interno
del vostro, essendo passato attraverso i vari punti che, senza un'introduzione,
non avrebbero mai potuto essere detti.
Il linguaggio altro è vuoto, assente, è della simultaneità,
del nulla ma, in quanto postosi in relazione assente, incomincia a produrre
le assenze, introduce i linguaggi dell'assenza di cui abbiamo parlato stasera
i quali dal loro canto, ogni volta che sono emessi, che sono posti, producono
quello scavo che si fa assente, dando così la libertà a che un
nuovo processo più complesso e più assente si possa fare.
E' difficile per me parlare di codesti inizi che sono vuoti; è difficile
porre la rotazione in modo che il grande universo vuoto, assente si ponga nella
relazione con la cosa. Ed è interessante per me scoprire a mano a mano
perché il cervello della specie si sia così arrestato, si sia
così bloccato, non abbia voluto parlare il linguaggio più ampio,
più complesso; se ciò è avvenuto anche giustamente per
le ragioni dette prima, ha tuttavia comportato il fatto che gli uomini fossero
nevrotici o che ci fosse la malattia della specie oppure che gli uomini fossero
ammalati o prigionieri del loro corpo o della loro sessualità.
E' tuttavia interessante per me scoprire ogni volta un pezzetto del legame,
del passaggio, di stati che partono da un punto e portano all'altro per cui,
ogni volta, per porre un inizio, per poter scrivere l'inizio del linguaggio
che si fa assente eppure prende la presenza del linguaggio appartenuto alla
specie minore, il discorso deve spogliarsi, liberarsi ma dire un alcunché
che sia capace di essere nulla, deve farsi ogni volta nella relazione con voi,
perciò ogni volta deve organizzarsi da capo. Ciò che succede in
ogni lezione è un'organizzazione nuova, è un procedimento nuovo.
Quello che vi dico, un istante prima non lo so e non si saprà mai perché
è già prodotto all'interno di una condizione futura, in quanto
il tempo in questo caso non ha un passato, ma è posto in una dimensione
in cui l'inizio continua a essere inizio e continuerà fino alla fine
a essere inizio senza porsi una condizione diversa, senza dovere a tutti i costi
essere quell'inizio unico; perciò c'è la libertà di un'infinità
di inizi i cui principî, liberi dal loro iniziare, sono pertanto in progress,
sono un procedimento, sono un altro che si fa, come se un 'io' si rinnovasse
in continuazione ma non fosse neppure 'io' perché non c'è bisogno
di esserlo.
La libertà dalla fissità dell'io, la libertà dalla fissità
di ogni e qualsiasi linguaggio è tale che, quando prima mi sono messo
a disegnare e ho visto il linguaggio che si apriva a tutte le diverse introduzioni,
a tutti i possibili inizi, non riuscivo più a porlo nella relazione con
l'universo minore, con l'universo della specie bloccata, anche perché,
nel frattempo, l'organismo in cui c'è la fissità umana aveva prodotto
le sue resistenze, il vostro linguaggio interno aveva prodotto le resistenze
per cui il mondo piccolo si poneva di fianco, si poneva in un angolino e non
voleva più essere pronto a raccogliere il linguaggio maggiore.
17 dicembre 1992