Il gesto pensante (in-Assenza) .
Il gesto per il cui tramite il corpo-mente pensa si nutre unicamente del folle scarto che è diretta, abissale apertura a sé: su niente poggia se non su siffatto assoluto vuoto. Nella sua oscillazione all'apparenza priva di senso - a(l) nulla vincolata - il pensiero-pensare suggella infine l'appartenenza a sé - e unicamente a sé - nel porsi ora e per sempre al di fuori d'un contesto conforme; questo è modo soltanto all'apparenza solidale con lo stesso (gesto del) pensare che, talvolta anche in una guisa così servile, avrebbe gradito essere considerato.
(P. F., Aforismi in-Assenza 1997-2005)


Atto pensante/Gesto pensante in-teatro
Pensare la sottrazione: non quando la sottrazione, il mancare, il cessare-morire sono già avvenuti e li si pensa, li si esperisce a posteriori, e li si dà per scontati, ma pensare il finire, l’ultimo tratto nella presenza dell’esistere-non essere quale precedere dell’intelletto e dell’affetto.
Un essere quindi sul filo del mancare, una necessità all’origine dell’attività pensante più complessa dell’uomo sapiens. Il finire come luogo dell’anti-iniziare.
Un incominciamento (iniziazione) che è già cessazione, e pertanto si fa attività sia del pensiero più ardito, sia dell’esperienza più ordinaria del vivere quotidiano. Finire come necessità dell’essere e dell’essere qui; dell’inserire l’umano e la cosa di cui partecipa nel tempo d’una realtà che chiama all’esperienza d’un nulla – finito e fecondo.
(P. F., Op, cit.,pp.173 )


Del gesto teatrale e dell’attore
(…) Il gesto, l’atto, la parola, il pensiero nel teatro dell’Assenza manifestano il loro mancare peculiare: la mancanza di eccesso di realtà – vulnus entro il tessuto compatto senza interstizi – permette anche una relazione d’altro genere che prende luogo, in uno spazio che si dà affettivo e appropriato mentre impara a sentire. Scende entro le fibre del corpo nel quale prende dimora, ad esso sostituendosi pressoché interamente – ed è il corpo immentato. (…)
(P. F., Op, cit.,pp. 122 )


“Il corpo è il corpo / è solo / non ha bisogno d’organi “ / il corpo non è un organismo / gli organismi sono nemici del corpo / le cose che si fanno si producono semplicemente, senza / il concorso di nessun organo / ogni organo è un parassita, / riveste una funzione parassitaria / destinata a far vivere un essere che non dovrebbe trovarsi là. / Gli organi non sono fatti che per dare da mangiare agli / esseri, allorché questi sono stati condannati nel loro principio / e che non hanno ragione alcuna di esistere. / La realtà non è ancora costruita perché i veri organi / del corpo umano non sono ancora stati combinati e sistemati. / Il teatro della crudeltà è stato creato per portare a termine quest’opera / e per iniziare con una nuova danza del / corpo dell’uomo un ribaltamento di questo mondo di microbi / che non è che un niente coagulato. / Il teatro della crudeltà vuol far danzare le palpebre / coppia a coppia con gomiti, rotule, femori, / alluci e che lo si veda. “
(A. Artaud in M. Dotti, CsO: Il corpo senz’organi, pp. 78-79, 2003)

“ Ebbene la conosciamo la lurida storia del Demiurgo / E’ la storia di quel corpo che perseguitava (ma non seguiva) il / mio e che per passare davanti e nascere / si è proiettato attraverso il mio corpo / ed è nato dallo sventramento del mio corpo / di cui ne custodiva un pezzo / alfine di farsi passare per me / e non c’era nessuno tranne noi / Lui un corpo abietto / che gli spazi non volevano / io un corpo che si stava facendo / e quindi non ancora giunto al suo stadio completo / ma che si evolveva / verso la purezza integrale / e non verso l’empietà integrale / come quella del sedicente Demiurgo / il quale sentendosi inaccettabile / e volendo ugualmente vivere ad ogni costo / non ha trovato di meglio / per essere / che nascere a costo del mio / assassinio”
(A. Artaud in M. Dotti, op. cit.)