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I
Seminari in-Assenza 2004-2005
Assenza è
quel margine, dato il quale e attorno al quale, l’attività
superiore del
cervello umano ha la possibilità d’assumere la consapevolezza
di sé (il tutto privo
di forma e di contenuto), se non per i brevissimi istanti in cui
assenza si dà in ex-
sistenza (estensione al di fuori di sé).
(Paolo Ferrari, Aforismi in-Assenza, 2004)
Assenza
è alterità: senza che dell’altro si debba sapere alcunché.
Altro è ricco del suo mancare. Mancare del mancare, quindi.
Pari alla necessità d’essere altro, perciò essere
quel niente di cui l’altro è istruito.
(P. F., op. cit.)
Cosa significa In-Assenza?
All’apertura di un nuovo ciclo de I Seminari riproponiamo la domanda
circa l’Assenza: Cosa significa In-Assenza? Come pensare il campo
di cui ci occupiamo e il metodo che lo caratterizza in relazione all’attuale
dibattito scientifico e culturale? Quali differenti prospettive il
nostro discorso è pronto a dischiudere rispetto all’attuale
condizione antropologica di Homo sapiens? Il progetto pluriennale
de I Seminari intende raccogliere questi e ad altri interrogativi
in modo da far emergere e rendere riconoscibile un dominio ancora
poco noto – quello descritto da Paolo Ferrari secondo il modello dell’Asistema
in-Assenza. Per la nostra ipotesi, si ritiene che esistano talune
proprietà del sistema nervoso superiore, filogeneticamente
appartenenti in modo esclusivo al campo esperienziale e conoscitivo
umano, riconoscibili e descrivibili proprio a partire dal modello
asistemico. I Seminari proporranno l’esplorazione dei concetti e delle
proprietà, ma anche degli atti razionali e affettivi idonei
a far emergere il sostrato ad alta complessità - (a)complessità
- proprio del campo in-Assenza. Nel corso dell’anno saranno presentate
le attività del Centro Studi Assenza, dell’omonima associazione,
dell’equipe multidisciplinare diretta da Paolo Ferrari e le collaborazioni
scientifiche e artistiche con altre associazioni cittadine.
Il
modello dell’Asistema complesso in-Assenza
E’ forse possibile considerare l’esistenza di una nuova categoria
del vivere e del pensare, capace - secondo la nostra ipotesi - di
modificare l’esperienza e la conoscenza della realtà? Come
pensare un nulla di nuovo genere, non distruttivo né terrifico
– come è scritto nel Prologo di Astratta Commedia - bensì
portatore di sanità per la mente-corpo di Homo sapiens? L’ipotesi
è quella di un ulteriore affrancamento dai retaggi di specie
di origine animale, verso un’attività(-passività) della
mente-corpo (e dell’affetto) di Homo maggiormente incline al mancare
– attività in-assenza - in grado di modificare gli antichissimi
equilibri di specie nella direzione di una minor presenza coattiva
dell’oggetto cosa-concreta e delle pulsioni primarie ad esso collegate.
Il modello gnoseologico che abbiamo utilizzato si ispira alle scienze
della complessità: si tratta di un particolare sistema complesso
– l’Asistema in-Assenza - al cui fondamento abbiamo posto la proprietà
del mancare. Un mancare catalizzatore di processi tendenti a indurre
la autoorganizzazione del sistema secondo una costante di dematerializzazione-rimaterializzazione
che abbiamo chiamato k (in-a).
Ma come pensare in-assenza? Nel corso dei Seminari ci confronteremo
con diversi ambiti scientifici e artistici, quali la filosofia, la
psichiatria e la psicoanalisi, l’architettura e l’urbanistica, la
poesia, la letteratura, la linguistica, il teatro, la musica, la danza,
i linguaggi multimediali, proponendo il modello asistemico, i teoremi,
i concetti e i valori propri del dominio di cui ci occupiamo.
Ma quale è la qualità del nuovo gesto del pensare, l’atto
razionale e relazionale complesso, di nuova generazione, che stiamo
proponendo? E’ così arduo e per nulla scontato per l’essere
umano vivere ogni giorno ciò che manca o viene perduto! La
madre che esce dalla stanza è fonte di angoscia profonda per
il bambino piccolo che ogni volta teme di averla persa per sempre.
E pure l’elaborazione di questa mancanza – e di altre simili, anche
più precoci, quali l’esperienza della nascita e del taglio
del cordone ombelicale - sarà di fondamentale importanza per
lo sviluppo della capacità di pensiero (e dell’affettività)
del bambino e conseguentemente dell’adulto, come ci ha insegnato nel
secolo scorso la psicoanalisi, da Freud a M. Klein, a Winnicott, Bion
etc.- Sappiamo come nell’essere umano talune gravissime psicopatologie
siano associate all’impossibilità di elaborazione del distacco
dall’oggetto-cosa-concreta. Condizioni quali la schizofrenia, in cui
la realtà è unicamente cosa, oggetto concreto e desertico
che incessantemente occupa l’attività mentale e affettiva tendendo
ad impedire qualsiasi processo di astrazione. Ogni distacco, qualsiasi
mancare evoca angosce profondissime indistinguibili da uno stato di
morte. Ne deriva la paralisi degli investimenti emozionali e affettivi,
uno stato di totale solitudine, di separatezza e di estraneità
dal mondo. Proprio la condizione schizofrenica, in cui l’angoscia
di morte può essere così profonda e i tentativi di evitarla
tanto estremi, ci sembra essere la dimensione antropologica più
vicina a uno stato di morte vissuto durante la vita. Riprendiamo la
nozione di pulsione di morte formulata da Freud a partire da Al di
là del principio di piacere (1919). Secondo la nostra ipotesi
la malattia schizofrenica è pensabile quale metafora della
condizione umana, estrema espressione della pulsione di morte presente
nell’essere umano come tendenza inconscia a ritornare ad uno stato
di quiete simile a quello della materia inorganica e contraddistinto
dall’assenza completa di stimoli e da una totale inerzia. In accordo
con il pensiero di Paolo Ferrari, abbiamo proposto il modello asistemico
quale paradigma di sanità (e di cura) (cfr. S. Verri, L’asistema
in-Assenza e la cura, 2003) - come fattore anti-schizofrenia - rispetto
alla condizione che abbiamo definito schizofrenia di specie e sulla
quale ci siamo a lungo soffermati nel corso dei seminari.
All’inizio di un nuovo ciclo, riproponiamo – a noi stessi ancor prima
che ad altri – il tema del mancare: la perdita, il venir meno, la
sconfitta, nel significato che questi termini hanno assunto negli
ultimi anni quali nuove categorie secondo le quali orientare l’osservazione,
la lettura e l’elaborazione della realtà, il lavoro, le relazioni,
gli affetti. L’(a)sistema complesso, il distacco, l’oggetto assente:
nodi di una rete concettuale ed esperienziale catalizzatrice di un’autoorganizzazione
asistemica per la mente-corpo di Homo sapiens.
La
nozione di oggetto assente e il Manifesto del Teatro dell’Oggetto-Mancato
(T-O-M)
In che modo pensare l’Assenza? “Ciò che manca affinché
la realtà prenda esistenza”
(P.F.)
La nozione di oggetto assente, introdotta a partire dai Seminari
1997-98 - Studio sull’oggetto reale assente (oggetto in-assenza) -,
costituisce il punto di partenza per l’elaborazione circa l’oggetto-mancato.
Il termine oggetto assente – come appare nel programma dei seminari
di quell’anno – si riferisce all’individuazione di un nuovo tipo di
oggetto reale. Propone uno spostamento epistemologico: la realtà
pensata attraverso la categoria del mancare, osservata (- esperita)
ponendo l’attenzione su ciò che viene meno, è assente
– invece che su quanto è presente. In campo clinico, l’elaborazione
circa l’oggetto assente o in-assenza propone un’ulteriore prospettiva
accanto all’attuale dibattito psicoanalitico tra la teoria freudiana
delle pulsioni e quella kleiniana degli oggetti interni. Mentre la
scuola freudiana tende a dare il massimo rilievo alla teoria delle
pulsioni, la scuola kleiniana sostiene l’importanza della relazione
oggettuale primaria e degli oggetti interni (ovvero la dialettica
tra molteplici oggetti interni parziali, secondo la distinzione oggetto
buono/oggetto cattivo) quale fondamentale e ineludibile premessa per
determinare le natura e le modalità di sviluppo delle istanze
psichiche e le caratteristiche del rapporto mondo interno/mondo esterno.
Secondo la nostra ipotesi, l’emergenza nella realtà di un oggetto
reale assente e delle proprietà (a)-relazionali che lo caratterizzano,
tende a modificare l’interazione soggetto-oggetto nella direzione
di una maggiore complessità, secondo modelli di autoorganizzazione
modulati dai sistemi complessi in equilibrio sui margini del caos.
Come abbiamo altrove sostenuto (cfr. S. V., op. cit.), a livello psicologico
le particolari proprietà del sistema nervoso superiore che
abbiamo chiamato in-assenza tendono a indurre un cambiamento di organizzazione
nella direzione sistema à asistema. L’aumento di complessità
che si verifica grazie alla nuova configurazione è in grado
di diminuire la fissità del sistema sottraendolo all’antica
patologia di specie e al predominio della pulsione di morte.
Con il Teatro dell’Oggetto-Mancato (T-O-M) – la più recente
formulazione del Teatro in-Assenza – il tema epistemologico circa
la natura dell’oggetto reale investe il processo di creazione artistica
e la genesi dell’opera teatrale. Il teatro è pensato come catalizzatore
di una metamorfosi astratta, luogo di trasformazione dell’interazione
homo-realtà. L’oggetto-cosa, troppo concreto, povero e fisso
per la duttilità della mente umana e per le sue capacità
d’astrazione, nel teatro è proiettato sui margini del mancare,
portato ad oscillare sul limite del proprio finire e così sottratto
ad una storia ripetitiva di perenne immobilità. La scena è
luogo in-divenire ulteriore, da cui è bandita la rappresentazione.
Il teatro generatore di una condizione di esistenza libera di oscillare
e cangiante secondo una costante di dematerializzazione-rimaterializzazione
k(in-a).. La lingua in-assenza come veicolo di parole, immagini, suoni
in-stratificazioni molteplici e senza accumulo. Gesti a-mentali ad
alta complessità che agiscono come catalizzatori per nuovi
equilibri (disequilibri) della mente-corpo verso una condizione a
maggior sanità. Il Teatro dell’Oggetto-Mancato (T-O-M) e la
schizofrenia della specie: una nozione di sanità e di cura
che tramite il teatro, fuoriesce dalla stanza dell’analisi (la stanza
dell’inconscio). Esce all’aperto oltrepassando la dimensione della
psicopatologia (l’aperto inteso anche in senso metaforico, con riferimento
agli ampi significati che il termine assume nell’omonimo libro di
G. Agamben). Movimento di secolarizzazione, quest’ultimo, coerente
con i presupposti dell’Analisi in-Assenza. per i quali tra malattia
e sanità vi è differenza ma non radicale distanza ed
estraneità. La malattia mentale, anche quella molto grave come
la schizofrenia, è pensata quale espressione di una malattia
di specie, appartiene al patrimonio specie-specifico e perciò
ad ogni individuo della specie. Secondo tale prospettiva, la stanza
dell’analisi è luogo dell’Altro ed è anche parte della
quotidianità, allo stesso tempo. L’Analisi in-Assenza - attraverso
la complessa stratificazione di tempi e di luoghi altri indotta dalla
relazione terapeutica – raddoppia la vita e la comprende in una nuova
unità asistemica.
Oltre la stanza dell’analisi, in relazione con questa ma già
transitate in-altro-luogo attraverso la scrittura e poi tramite il
gesto teatrale, nascono Le stanze di Rita (2004), ultime piéce
del Teatro dell’Oggetto-Mancato, appartenenti al progetto a lungo
termine e a più episodi Evoluzione! Le stanze di Rita sono
luoghi (a)mentali e affettivi della vita, metafora poetica - il riferimento
classico è alla poesia cinquecentesca del Poliziano - , frammenti
di vita sospesi sul margine del mancare, nel punto in cui la vita
s’ affaccia all’intuizione di una sua possibile cessazione. Come ha
scritto Sabina Villa attrice e regista – con Corrado Accordino - del
Teatro in-Assenza: “Il teatro come creazione che dia luogo a una realtà
più vera del vero, affettiva e sfavillante dietro il velo della
finzione”.
Ipotesi per un teatro veicolo di sanità (e di cura), nel senso
di un rinnovato impegno sociale e culturale secondo il paradigma in-assenza:
“Assenza è alterità: senza che dell’altro si debba sapere
alcunché. Altro è ricco del suo mancare. Mancare del
mancare, quindi. Pari alla necessità d’essere altro, perciò
essere quel niente di cui l’altro è istruito”.
Susanna Verri
DI-STANZE
Pelle,
muri, frontiere, silenzi, significati: pensare e costruire confini
per far esistere mondi da poter abitare.
Porosità, finestre, squarci, vuoti, spaesamenti: decostruire
il confine perché la relazione possa esserci e l’altro
possa esistere.
Se i confini, delimitando uno spazio, definiscono un’identità
(corpo, soggetto, casa, nazione, concetto, …), la rottura o
l’apertura incondizionata di questi sovverte inesorabilmente
l’appartenenza a quell’identità.
Si crea così tra i due componenti – spazi abitati - della
relazione (soggetto e soggetto, oggetto architettonico e città,
migrante e comunità di destinazione, …) un processo di
continua perdita, ricostruzione e definizione di nuova identità.
Quali
sono le leggi che regolano questa interazione?
Cosa avviene in quello spazio altro, diverso dalle identità
originarie di ciascuno?
Che cosa significa abitare?
Chi
è abitato?
Gruppo
architettura e società,
|
AFASIA
Diversamente
dall’opinione comune che la reputa accessoria e strumentale,
la termino-logia (compresa quella in assenza) è fondamentale
e imprescindibile per costruire mon-di, quelli che prima non
c’erano e che l’uomo, con innaturale gesto ideatore, abita “poe-ticamente”.
Al contempo è vero che la terminologia, i ferri del mestiere
dell’essenza per mezzo dei quali si sonda, discrimina, individua
e relaziona in nuove formazioni teoretiche, va su-perata, come
se, giunta al limite ultimo del suo rigoroso compito, essa debba
trarsi da parte, togliersi se non proprio annullarsi.
Questo sacrificio del linguaggio è un sentiero scosceso
sullo spartiacque tra significa-zione e comunicazione, verso
l’adozione di una “saggezza”, né gnomica né orientaliz-zante,
che il logos ha finora tenuto ai confini, di una parola sciolta
dalle corde vocali e prossima ad esprimere lo spiritus, il respiro
emesso dalla persona e generatore della per-sona, se questa
lo accompagna.
Un’a-fasia, dunque, che parla non parlando? All’estremo è
silenzio, sulla via di mezzo è parlare senza alcun oggetto
del discorso, pre-dicare (da prae-dicare, la cui radice è
l’in-tensivo di dicere), pronunciare anticipandoli vocabolo
e suono sorprendendosene; è la meraviglia e lo sviluppo
del logos che, postosi all’origine del pensare, si placa della
sua dismisura e tace, vivace.
Com’è possibile questo a-logos, tale discorso estensivo
(fuoriesce dai limiti della perso-na, indicatore di esperienza)
a priori che pure stiamo pensando?
Luciano
Eletti
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ENUNCIATI,
INTERROGATIVI, INTERROGAZIONI INTORNO ALL’ASSENZA.
L’asistema
in-Assenza è substrato, è realtà al di
sotto, che precede e dà vita all’universo noto. L’asistema
è altresì un’ulteriore e più complessa
possibilità del mondo rispetto a quel mondo che la relazione
naturale tra uomo e realtà incessantemente e invariabilmente
costituisce.
Forse è
corretto il seguente enunciato: ”il reale, ciò che l’uomo
vive, è espressione di una vita che già non è
più; è pensare a posteriori. Dunque si pensa la
traccia, la scia di ciò che fu, anziché ciò
che è nello stesso istante, il nulla. Il pensiero, non
essendo in simultaneità con sé e il reale, coglie
solo la traccia, mentre tutto effettivamente non è già
più.”
Il pensare
in positivo è saturo; ogni nuova estensione dell’universo
è nuovo rispecchiamento puntuale tra sé e la cosa.
Ciò che è visto, percepito, corrisponde sempre
ed esattamente a quanto si trova rappresentato nella mente.
Quando il pensare è scavato nella sottrazione di cosa
e di sé (mancanza), allora si anticipa il pensare e il
pensare anticipa se stesso; si ruota e capovolge la relazione
soggetto e oggetto ed entrambi mutano.
Nell’esatta
e puntuale coincidenza della realtà- soprattutto materiale-
con se medesima, ogni , anche impercettibile, divenire sempre
corrisponde a sé. Nel processo di conoscenza ordinario
non è pensabile niente di altrimenti o di altro, perché
non è, è fuori dalle regole del gioco.
Più
è profondo il processo di apprendimento tanto più
si ha esperienza di un luogo mentale più ampio, i cui
confini si disegnano precisamente e in cui si ha esperienza
di un poco di nulla, una sorta di dematerializzazione della
realtà (barlume dell’Assenza?).
Nicolò
Ferrari
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Il
Centro Studi Assenza è un’associazione scientifico-culturale
no profit, fondata al fine di sostenere lo sviluppo della ricerca
circa l’asistema in-Assenza, di proporre nuovi paradigmi derivanti
dallo stretto intrecciarsi dell’asistema in-Assenza con il sistema
realtà in evoluzione. E in accordo con tale modalità promuovere quelle
attività che più siano congeniali al passaggio da una condizione sistemica
all’altra, in una situazione storica com’è l’attuale improntata da
una complessa e rapida mutazione.
Paolo
Ferrari Scienziato, umanista, artista e musicista, laureato
in medicina e analista in-assenza, studioso delle attività nervose
superiori, in particolare dell’asistema in-assenza, da lui per primo
indagato. Ha pubblicato lavori teorici e sperimentali sui processi
di Inibizione (estinzione) dell’apprendimento condizionato, il romanzo
Paolo e il suo compagno senza morte. Negli anni ’90 il poema Europa
o l’Assenza, i Saggi sull’Assenza e Le lezioni dell’Assenza. Allestisce
in qualità di artista-scienziato in una fabbrica ad alta tecnologia
un Raddoppio artistico scientifico e progetta il livello artistico
architettonico di Altro-Luogo (2001). E’ autore di teatro con Astratta
Commedia e con Nel-cuore di Astratta Commedia entrambe andate in scena
a Milano. Ha pubblicato il saggio-testimonianza In-morte Assente (O
barra O edizioni, Milano 2002). È fondatore e presidente dell’associazione
Centro Studi Assenza.
Susanna
Verri Laureata in Medicina e specializzata in Psichiatra
a Milano. Svolge attività clinica come psicoterapeuta e analista in-assenza.
Collabora dal 1972 con il Dott. Paolo Ferrari, occupandosi della ricerca
che concerne il dominio in-Assenza e la formulazione di un nuovo paradigma
di sanità e di cura. Ha pubblicato il saggio L’asistema in-assenza
e la cura (O barra O edizioni, Milano 2002). È membro fondatore dell’associazione
Centro Studi Assenza.
Il Gruppo architettura e società, composto
da Alessandro Ferrari (medico specializzando in psichiatria, collaboratore
di un progetto di psichiatria di strada), Nausicaa Pezzoni, (architetto
e urbanista), Simona Riboni, (architetto), indaga - secondo le proprietà
del dominio in-assenza - il mutamento della città contemporanea
dal punto di vista delle trasformazionisono in atto nella relazione
tra lo spazio abitato e la società.
Luciano
Eletti Dottore in filosofia presso l’Università degli Studi
di Milano. Ha curato il primo volume delle Opere banfiane, pubblicato
la monografia Il problema della persona in Antonio Banfi (Firenze,
1985) e il saggio Lo sguardo oscillante. Oltre l’occhio fotografico
(O barra O edizioni, Milano 2002). Fa parte del Comitato scientifico
dell’associazione Centro Studi Assenza, del Comitato editoriale di
O barra O edizioni ed è consigliere delegato e socio dell’azienda
grafica Elegraf.
Nicolò
Ferrari Laureatosi in medicina nel 1997 a Milano, si è specializzato
in Psichiatra a Pavia nel 2003. Dal 1991 è componente dell’équipe
del Centro Studi Assenza. Partecipa all’attività di ricerca intorno
all’Asistema in-assenza e concorre alla creazione di progetti e alla
realizzazione di iniziative culturali-scientifiche del Centro Studi
Assenza.
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