PROMETEO […] ascoltate
piuttosto le sofferenze dei mortali, come cioè li ho resi, da
infanti qual
erano, razionali e capaci di pensiero. Ne parlerò non per biasimare
gli uomini, ma per
descrivere la benevolenza dei miei doni: essi prima pur avendo la vista
vedevano
invano, pur avendo l’udito non intendevano, ma simili a forme
di sogno mischiavano
confusamente ogni cosa per la lunga durata della vita, e ignoravano
le case di mattoni
esposte al sole o la lavorazione del legno: abitavano sotterra come
leggere formiche
nella profondità di caverne senza sole. Non avevano un segno
sicuro per distinguere
l’inverno né la primavera fiorita né l’estate
feconda di frutti, ma tutto compivano
senza criterio, finché io mostrai loro il sorgere degli astri
e i tramonti difficili da
discernersi. E il numero, eccellente fra le invenzioni, escogitai per
loro, e l’unione
delle lettere, memoria di tutto, operosa madre delle arti. E primo aggiogai
bestie
selvatiche sottoponendole ai gioghi e ai basti, perché sostituissero
i mortali nelle
maggiori fatiche, e condussi sotto il carro i cavalli resi docili alle
redini, perché
ornassero il ricchissimo fasto. E nessun altro tranne me inventò
i carri dei marinai,
vaganti nel mare con le loro ali di lino. Dopo aver escogitato tali
invenzioni per gli
uomini, sventurato, non ho io stesso il mezzo per liberarmi dal presente
dolore.
[…]
Ti stupirai maggiormente ascoltando il resto, quali arti e risorse ho
immaginato. La
più grande è questa: se uno cadeva in malattia, non vi
era alcun rimedio, né da
spalmare, né da mangiare, né da bere, ma per mancanza
di farmaci si disseccavano,
prima che io insegnassi loro a mescolare le medicine benefiche con cui
ora
respingono tutte le malattie. E classificai le forme svariate dell’arte
divinatoria, e per
primo distinsi fra i sogni quelli che devono realizzarsi, e spiegai
loro le voci difficili a
comprendersi e i segni che si incontrano sulla via. E il volo degli
uccelli dalle unghie
ricurve individuai in modo preciso, quelli per natura favorevoli e gli
infausti, e il tipo
di vita che ciascuno conduce, e le inimicizie reciproche e gli amori
e i raduni, e la
nitidezza delle viscere, e quale colore debbano avere per essere gradite
ai numi, e le
varie forme propizie della cistifellea e del lobo del fegato. E bruciando
le membra
avvolte nel grasso e le lunghe cosce guidai i mortali nella difficile
arte interpretativa,
e resi evidenti i segni svelati dal fuoco, che fino allora restavano
oscuri. Così stanno
le cose: e le ricchezze celate sotterra, benefici per gli uomini, il
bronzo, il ferro,
l’argento e l’oro, chi potrebbe affermare di averli scoperti
prima di me? Nessuno, lo
so certamente, se non vuole cianciare a vuoto. Con breve parola apprendi
tutto in
sintesi: tutte le arti ai mortali vengono da Prometeo.
(Eschilo, Prometeo incatenato, 442-471; 476-506)