I
SEMINARI IN-ASSENZA 2002-2003
Prolegomena
ai Seminari in-Assenza 2002-2003
Come
un raccontino.Alla domanda che ancora una volta un giorno mi fu posta:
"Perché oggi parlare, trattare, raccontare, far musica, teatro
e poesia intorno a un asistema complesso? Quale rapporto può
avere con lo stato già tanto complicato delle cose della storia odierna?".
Rimasi in un breve silenzio e poi, non poco infastidito al mio interno,
senza tuttavia che nulla trapelasse all'esterno se non una lieve impazienza
che passava al di sotto del tono della voce, incominciai a rispondere
con un'argomentazione non semplice e d'una certa estensione che sarebbe
servita soprattutto a me che desideravo comprendere ancor meglio. Era
anche possibile che quella domanda me la fossi posta io stesso, obbligandomi
a una risposta che era un mezzo di riflessione, una via per una relazione
- antirelazione - tra due entità che sapevo del tutto dissimili
ma anche sorprendentemente concordanti.
"Trattare d'un asistema in-Assenza, d'una realtà altamente
complessa e d'uno spazio-tempo d'altro genere, mi sembra essere la migliore
proposta possibile al tempo dell'oggi in cui tutto è in subbuglio e
l'organizzazione della realtà così come finora s'è manifestata è messa
in seria difficoltà, tutte le cose essendo in una fase di rimescolamento.
Questo mutamento per ora caotico non si mostra, per il momento, immediatamente
alla superficie, per cui nella vita quotidiana - alla cima della piramide
con cui rappresentare il comportamento e il sentire degli uomini - nulla
appare davvero cambiato. Ma a un'osservazione un poco più fine sotto
la superficie delle cose, appena al di sotto la pelle del mondo si può
avvertire un ribollire significativo di tutte le componenti della vita
e nuove coazioni della morte.
A
un incremento dell'instabilità del sistema nel mondo dalle economie
avanzate - il mondo ad alta tecnologia - in cui s'è moltiplicato negli
ultimi anni a dismisura l'accesso all'informazione, con risultati più
o meno validi, a seconda dei punti d'osservazione - s'è inserito un
diverso elemento che ha fatto precipitare l'organizzazione nella direzione
d'una precarietà sistemica ulteriore: nella trama della vita umana s'è
conficcato come un cuneo un fattore ad alto indice di annichilimento
- espressione soltanto di distruttività? -, con l'estrinsecazione da
parte dell'organismo sociale - l'ente mondo occidentale - d'una reazione
generalizzata, simile al prodromo d'un grave sintomo d'angoscia, quando
un sentimento di perdita ineluttabile si fissa non elaborato, in meccanismi
pulsionali di morte. E' la morte che si presenta, in una forma che mai
prima d'ora sera manifestata nel tessuto della storia umana, in tal
modo: essa, morte, come mezzo di lotta e di dimostrazione, sposta i
confini dell'istinto di sopravvivenza negli uomini, penetrando in tal
modo addirittura entro il sistema biologico di Homo s., in cui
solitamente una linea netta separa il sentimento di vita dal timore
estremo della morte. Su scala planetaria si mostra la vicenda del terrorismo:
per chi si fa esplodere dalla carica di dinamite, che ha indossato poco
prima, il valore della vita non è affatto superiore a quello della morte,
così com'è stabilito in modo perentorio in particolare dalla cultura
d'Occidente. E si fa vedere quel buco immane, che s'è prodotto nel cuore
pulsante del mondo occidentale, in seguito alla caduta repentina e l'annichilimento
delle Torri Gemelle a New York. E' chiamato "ground zero";
il che equivale a piano terra, livello zero, ma anche
in analogia con il tedesco Grund, fondamento. Si fa probabile,
con il rimescolamento di essere e non-essere, che ormai di continuo
tenta la resistenza dell'ordine conosciuto delle cose, il rischio che
il sistema-mondo, avendo perduto l'identità sua solita, basata su una
configurazione costante - conforme a un paradigma in cui le differenze
e le identità risultano essere ben definite, meno scambievoli e non
così simili a un asistema di più complessa e metamorfosica origine
- si arrocchi su sé rinserrandosi in uno sterile isolamento. E non sapendo
quale nuova organizzazione assumere, inceppatisi i suoi adusati strumenti,
incapace di escogitare risposte adeguate, dia via libera a reazioni
scomposte, associate a un'espressività priva di senso così come oggi
già sta accadendo: un tale squilibrio potrebbe sfociare nella perdita
di valori essenziali, con la regressione dell'organismo sociale e politico
verso un impoverimento disastroso. Ovvero potrebbe accadere - è questo
l'intendimento e l'auspicio anche del nostro proporre - che l'attuale
stato delle cose profondamente posto in crisi, muti nella direzione
d'un differente paradigma a più alto grado-livello di complessità, in
un sistema maggiormente incline ad accogliere nuove istanze vantaggiose
per un suo ulteriore sviluppo.
Giunto a questo punto, già
mi apprestavo ad ampliare il campo procedendo a un'ulteriore disamina
del tema - modificando il punto d'osservazione affinché emergesse il
più possibile il piano delle cose che si situa su quel livello zero
che m'interessava far emergere - quando interruppi di colpo il mio bussare
alla porta d'una realtà che in generale tende a saturare i luoghi e
gli spazi invece che a dischiuderli. Io stesso ero sorpreso dall'improvvisa
fermata: un certo stupore mi aveva raggiunto. Subito fui consapevole
che non avevo intenzione d'andare oltre a chiarire, esplicitare, saggiare
la mente altrui perché l'asistema zero, delle cui vie ero a conoscenza,
fosse raccolto e fossi io così consolato della differenza davvero inconsueto
dell'asistema che mi appartiene e con il quale penso e recepisco
il mondo. Mi ero infine seccato di dover pareggiare con le spiegazioni
le asimmetrie che così profondamente, e imprevedibilmente, spesso drammaticamente
solcano la realtà, rendendola dissimile e diseguale da quanto in genere
si è disposti ad ammettere. Era possibile che quella fermata indicasse
la mia riluttanza al dover giustificare la conoscenza d'altro, essendo
io stesso divenuto altro in altro territorio - esso differente dal mondo
noto, eppure anche assai concordante, almeno in alcune pieghe del gesto
pensante in-Assenza. Un'area che era esistita e aveva assunto
una dimensione reale, d'ampio sviluppo anche teorico, dopo il fatidico
(mio) incontro con l'essere-niente. Con l'essere io il mio
stesso mancante, una volta dissoltisi i legami che l'attività pensante-vivente
contrae con la psicobiologica coazione del vivere e morire.
Ed è anche vero che stavo costatando, una volta di più, che quanto sperimento
- un'entità vuota, espressa dalla discontinuità del livello
zero - non era poi così differente da come in generale l'attività
pensante umana fino ad ora si pensa costruendo l'esistenza d'un mondo
popolato d'oggetti, che al loro fondamento hanno il nulla. Ma quella
realtà era anche tutt'altra - povera di senso - da quanto ora m'apparteneva.
Ma allo stesso tempo non poi così distante.
Un bel rebus ... continue - e discontinue - contraddizioni. Un universo
che ha esistenza, ma anche che è cessato lungo una linea - quello che
delimita il livello zero: un universo che perciò è fine-di-mondo:
apocalisse? Rivelazione? Ma fine-di-mondo è anche quel
sentimento di tremenda angoscia che s'incontra nella patologia schizofrenica.
Ma è morto in un tempo (passato o futuro) il nostro universo? Si appresta
di nuovo a morire? E, dato il suo continuo morire-cessare, ha la possibilità
di escogitare un piano d'esistenza idoneo all'attività più fine della
corteccia cerebrale, nuova nata nell'evoluzione del vivente? E' così
che s'introduce il concetto di morte-astratta, che già ho descritto,
esplicitato in tanti aforismi, nei Seminari, e in un Saggio dell'Assenza
di vasta complessità?
Si tratta d'una fine che, ribaltando il senso triste d'un nulla
non compiuto, trafigge questo mancare incompiuto facendo approdare il
pensiero umano là dove la patologia schizofrenica - che sottende l'essere
uomo non ultimato - finalmente cessa, rimettendo in moto l'evoluzione
dell'attività pensante fino al suo compimento in una nuova idea ed esperienza
della realtà equivalente a un nulla di nuova specie?
Mi sto accingendo a un'ennesima confessione? O esplicazione? Umile
richiesta con cui fare affidamento che almeno in parte quanto io pensi,
esperisca ed elabori in un modo così altro sia accettato dall'universo
già noto, e così scatti la trappola-per-umani, come ho chiamato
quest'opera d'inclusione?
Allora,
come continuare? ... Cessare, annichilire, perire, essere, non essere,
interrogarsi, mancare, comprendere, lasciare, perdere, morire d'altra
morte-cessazione: morte-astratta? Ma basta! Andiamo ... Sperimentiamo.
Dal vivo. Dal morto in-astratto ... In-morte assente.
Sono
Antecedenti in-Assenza:
1. Se alla mente-corpo
umana fosse data la possibilità-facoltà d'esprimere l'intero potenziale
a sua disposizione - non in funzione di qualche compito cognitivo, e
perciò non in una modalità teleologica, bensì in un ambito culturale
privo d'immediata finalizzazione - al suo orizzonte si presenterebbe
l'esperienza d'un'entità vuota, come un nulla d'altro genere: un
oggetto-mondo dematerializzato. In esso le cose sarebbero deprivate
del loro eccesso d'ingombro sensoriale-tattile; l'esperienza sarebbe
sostenuta da un sentimento di piacere lievissimo, un dolcissimo eros,
anch'esso mancante: libertà si respirerebbe invece che la compattezza
e la costrizione del tempo-spazio soffocante e vischioso, che l'umana
specie è solita esperire a causa dell'interazione tra il soggetto pensante
e la realtà interna-esterna non distanziati da quel mancare affettivo
che sarebbe necessario a una sana e viva attività di coscienza.
Nel caso in cui quella distanza necessaria fosse definitivamente occlusa
dovremmo parlare d'un mondo arresosi alla schizofrenia a causa d'un
inaridimento causato dalla mancanza di quel mancante (anticosa, meno
cosa, - cosa).
2. Nel mondo della fisica, ad ogni particella di materia corrisponde
(simmetricamente) un'antiparticella. Se i due mondi dovessero incontrarsi
e coincidere, la materia intera collasserebbe. Su un diverso piano d'osservazione
- nel campo in-Assenza - a cosa (oggetto-mondo) corrisponde
un'anticosa. Quest'insieme definisce il campo in cui oscilla il
mondo umano. L'anticosa rappresenta il calco della cosa, il rovesciamento
della cosa, condizione necessaria affinché la cosa possa essere pensata
ed entrare in tal modo a far parte delle vie relazionali astratte. Se
questa corrispondenza - cosa-anticosa - dovesse venire a mancare,
l'intero mondo umano si concretizzerebbe in un'entità oggetto cosa oscura
- il buco nero cosa mondo - privo di conoscibilità e di esperibilità
per la mente-cervello di Homo sapiens.
In tal caso potremmo parlare d'un mondo arresosi alla schizofrenia
a causa d'un inaridimento causato dalla mancanza di quel mancante (anticosa,
meno-cosa, - cosa).
3. Imponderabili e impercettibili oscillazioni intorno alla soglia,
infinitesime punture di spillo concedono all'esistere il suo (giustificato
e consapevole) Dasein.
4.Che tu possa mancare (il bersaglio) d'un infinitesimo!".
[Auspicio in-Assenza, per una vita meno incompiuta, non-infelice].
S'è fatto necessario inventare al più presto un'attività
pensante, un-gesto-del-pensare che sia naturale, libero e potente e
quieto, immediato pur nella sua estrema complessità e stratificazione;
e che l'attività del pensiero nasca duttile e variegata, lieta del godimento
che ha origine dal suo stesso essere generata ed emanata in-Assenza,
prima che l'umanità, prigioniera dell'involuzione in cui sta precipitando
- secondo un'affermazione recente di Virilio - smetta definitivamente
di pensare. Urrah!
(P.F.)
L’esistenza di ogni cosa ha come premessa la sua cessazione preventiva.
(P. F.)
(La
cura in-assenza)
Attualità dell’Asistema in-assenza ovvero: Che senso
può avere pensare l’esistenza di un asistema nella realtà contemporanea?
All’inizio
del nuovo anno – il dodicesimo - dei Seminari, riproponiamo la
domanda circa l’attualità dell’Asistema in-assenza
Abbiamo
definito asistema complesso in-assenza un particolare sistema
(a-sistema) complesso di nuovo genere avente proprietà*
mutuate dalle scienze della complessità. Come abbiamo visto in seminari
precedenti, la nuova entità asistemica funge da modello per descrivere
l’universo relazionale (arelazionale) che si viene a costituire
– secondo l’ipotesi in-assenza – dato il nuovo tipo di interazione
osservatore-osservato che abbiamo chiamato accoppiamento dematerializzante-rimaterializzante
in-assenza..
La
a di asistema indica una differenza, evidenzia come caratteristica
principale del nuovo sistema il suo essere altro in-assenza.
La qualità in-assenza sarebbe la proprietà – designata come fattore
a - che nel dominio di cui ci occupiamo è pensata alla base di nuove
possibilità di relazioni (arelazioni in-assenza o in-differenza).
Pensare
l’asistema in relazione alla contemporaneità significa cercare
di contestualizzare – oltre quanto già avvenuto negli anni passati -
un’entità che per definizione sarebbe invece - assente
- intrinsecamente altra.In ciò consiste il paradosso entro cui
ci muoviamo: come può essere possibile pensare un alcunché di totalmente
altro con le attuali possibilità dell’attività pensante di Homo
sapiens s.? .Come pensare un a-sistema dall’interno di un
sistema? Potrebbe sembrare una contraddizione insanabile e anche forse
rivelarsi una sfida impossibile. Ci occupiamo di un campo conoscitivo
posto al limite del pensiero filosofico e scientifico, situato sui
margini di un nuovo dominio conoscitivo: lo abbiamo denominato Il
sistema sui margini dell’Assenza (A-sistema in-Assenza),
a partire dai Seminari 1997-98, dedicati allo Studio sull’oggetto
reale assente (oggetto in-assenza). Ci interroghiamo – e lo faremo
ulteriormente nel corso dei Seminari di quest’anno – essendoci posti
sul limitare di una differenza. Ma in che modo ci rapporteremo con la
nuova entità asistemica? Consideriamo la condizione propria dell’asistema
complesso, in oscillazione sui margini del caos secondo le proprietà
dei sistemi complessi. Occorrerà probabilmente assumere a nostra volta
una condizione di instabilità, essendo disposti ad oscillare - con la
mente e con il corpo - secondo le fluttuazioni della nuova entità e
in-accoppiamento con questa. Sapremo, ad esempio, avere uno sguardo
che accetti l’oscillare degli elementi posti sotto l’occhio senza fissarli
univocamente, lasciandoli interagire in relazioni autonome e perciò
significative? Uno sguardo capace di cogliere l’alterità e offrirsi
quale altro dell’attività visiva, come si esprime Luciano Eletti nel
suo saggio Lo sguardo oscillante?
Secondo
l’ipotesi in-assenza, riteniamo sia possibile – e anche auspicabile
– indurre uno sfasamento, anche minimo, rispetto alla consueta condizione
di osservazione della realtà. Ma perché mai dovrebbe interessarci uno
spostamento rispetto al consueto punto di osservazione? Potremmo forse
considerare - con Kuhn – il carattere rivoluzionario dell’emergenza
di ogni nuovo paradigma scientifico e come ogni rivoluzione scientifica
abbia in ultima istanza prodotto una trasformazione del mondo entro
il quale veniva fatto il lavoro scientifico? Siamo forse attratti da
quei grandi rivolgimenti della storia del pensiero che, determinando
ogni volta la dissoluzione delle tradizioni precedenti, hanno permesso
l’ulteriore sviluppo delle conoscenze scientifiche? Come l’antica concezione
tolemaica dell’universo, antropocentrica, fu sostituita dalle teorie
eliocentriche di Copernico e Galileo, così, in campo psicologico, l’esplorazione
freudiana dell’inconscio sancì definitivamente la perdita di centralità
– e di potere - dell’Io, aprendo la strada ad un nuovo campo di indagine,
fino ad allora non immaginabile.
Nel corso
dei nuovi Seminari in-Assenza che stanno per iniziare, saremo
disposti a un altro cambio di prospettiva, nella direzione di un ulteriore
decentramento del soggetto, anzi, di una sua alterità rispetto a se
stesso? Sul piano individuale, potremmo chiederci perché mai
cercare la relazione (arelazione) con una differenza (l’asistema)
presumibilmente apportatrice di una decontestualizzazione (in-assenza),
di uno spaesamento. Il tema dello spaesamento come sottrazione di familiarità
(unheimlich), spostamento dal luogo noto e conosciuto, rimanda
a S. Freud, in Das unheimliche, Il perturbante (1919). E anche
a quanto scrive M. Heidegger in Essere e tempo: «L’Esserci inautentico
si trova in casa propria (Zuhause) nella tranquilla intimità dei suoi
rapporti quotidiani. L’Esseci autentico, anticipando la morte, cade
nello spaesamento più radicale rispetto al mondo quotidiano». Se l’immissione
di un’attività in-assenza entro il soggetto tenderà a
produrre sia un aumento di complessità del sistema che un suo minor
grado di certezza, cosa significherà in un siffatto contesto parlare
di sanità? Cosa ha a che vedere l’aumento di complessità
del sistema con la cura in-assenza?
L’accoppiamento
con l’asistema in-assenza, potrebbe favorire l’assunzione – forse
l’avvio di un parziale superamento - della condizione paradossale in
cui versa Homo s.s., essere umano capace di pensiero e tuttavia ancora
vincolato a un corpo con caratteristiche troppo simili a quello dell’antico
animale.
Sappiamo
come l’ingente sviluppo culturale della specie – attraverso l’espressione
di discipline umanistiche e scientifiche quali la filosofia, la psicologia,
le neuroscienze - abbia prodotto l’attuale possibilità del pensiero
umano di riflettere sulla propria natura, il proprio funzionamento e
anche i propri limiti. Nel dominio in-assenza ci occupiamo di
un’attività del sistema nervoso superiore mediata da un particolare
fattore che abbiamo chiamato fattore a o costante di dematerializzazione-rimaterializzazione
in-assenza. Ipotizziamo che sia attualmente possibile ripensare
quel limite specie specifico costituito dalla antinomica coesistenza
– supposta immodificabile - di eros e thanatos. Lo abbiamo pensato
come un equilibrio vita-morte che contraddistingue l’esistenza
umana. Sarà forse possibile, per brevi tratti - o per oscillazioni
in-assenza – pensare di spostare quell’equilibrio? E se sì, in che
direzione? Pensiamo che l’attività in-assenza, con le sue
proprietà, potrebbe essere idonea ad indurre una modificazione entro
l’equilibrio vita-morte che sembra iterativamente riproporre l’antico
vincolo di specie.
Secondo
l’omonima ipotesi, l’attività in-assenza esprimerebbe la facoltà
del pensiero umano - inscritta nel patrimonio specie specifico di Homo
sapiens - di sottrarsi ai condizionamenti degli antichi retaggi di specie:
essi tendono a imporre equilibri sensoriali e percettivi ormai desueti
rispetto all’ulteriore sviluppo della corteccia cerebrale umana e delle
sue facoltà.
L’operazione
a cui ci accingiamo con il ciclo 2002-2003 dei Seminari sembra indirizzarsi
nella direzione di un ulteriore accoppiamento in-assenza tra
due sistemi di natura differente che caratterizzano l’essere umano –
l’uno vincolato al soma di derivazione animale, l’altro, insorto successivamente
allo sviluppo corticale, espressione del salto evolutivo prodottosi
con l’insorgenza in Homo dell’attività pensante. Potrà il nuovo accoppiamento
indurre, almeno per qualche tratto, le premesse di una nuova organizzazione
(asistemica in-assenza) entro la mente-corpo di ciascuno di noi?
*Circa
le proprietà dell’Asistema in-assenza
1. L’Asistema come
entità non-consensuale rispetto al sistema noto permette l’esistenza
di una differenza entro la realtà globalizzata e globalizzante. Funzione
politica (in senso lato) dell’asistema.
2.L’Asistema come entità non finalizzata. Secondo le leggi
dei sistemi complessi (asistema complesso in-assenza) nel campo
asistemico non valgono relazioni semplici del tipo causa-effetto. L’Asistema
ha una struttura a rete in cui le relazioni (arelazioni) non
sono direzionate verso un unico punto, bensì agiscono a più foci e in
più direzioni contemporaneamente.
3.L’Asistema come unità conoscitiva: esprime nuove leggi
e diverse organizzazioni di senso tendenti a produrre un nuovo punto
di osservazione circa la realtà nota.
4.L’Asistema come (a)differenza in accoppiamento con la quale poter
pensare (e vivere) la vita e la morte secondo un differente equilibrio
vita-morte. Catalizzatore di uno spostamento dell’equilibrio
vita-morte nella direzione di una minor presenza di morte concreta
(thanatos).
S.V.
Stupore è mancare, mancare stupore
“Perché il gesto in tempi difficili?”
– questa la domanda posta lo scorso anno.
Studiare le condizioni di un gesto pensante nelle calamità del
2001 (segni di radicale aporia dell’umano) significava cogliere il kairós,
il tempo opportuno, in cui il peso della mancanza poteva redimersi nella
levità del mancare.
Quel gesto che contiene in sé il nulla che genera generando nulla –
paradossale proprietà dell’asistema in-assenza – era fede nel
salto, ma certezza di abbandonare una posizione sicura o tale ritenuta
fino allora, comunque nota. Sarebbe bastato unum verbum affinché
il mondo ruotasse e ‘presentasse’ la propria assenza.
Indice e premio del gesto, un essere non-essere in atto che è
inazione attiva e passività agente, e il gesto stesso appaiono ora
sotto la forma dello stupore, che non è solo la meraviglia dei
filosofi, l’origine del loro filosofare, ma il fulcro dell’oscillazione
del pensare, addirittura il crinale discriminante il vero e il falso
(ammesso che si debba parlare in termini di verità e non, piuttosto,
di congruenza - o d’altro ancora -, tema che il gesto pone in luce annullando
ogni preconcetto).
L’ideazione in quanto non psicologica e
a-mentale antecede e sorprende, scompiglia il pensiero strumentale che
essa oltre a ciò illumina e include. E’ l’io che parla eppure non è
più lui (nemmeno il super-io o l’inconscio), come se ciascuno lasciasse
profetare l’altro di sé senza timore di perdersi, amando anzi il proprio
dissolversi non più nichilistico. Solo dello stupore di cui non siamo
padroni possiamo fidarci nel salto. Né mistico né irrazionale, lo stupore
raccoglie ogni elemento fondato dello spirito e lo conduce ai margini
della sua fondazione affinché, dialogando con tutti gli altri, accetti
il rischio presunto della nuova condizione e riconosca il rischio certo
della vecchia.
Lo stupore implica un pensare che è esperienza (davvero fenomenologia
dello spirito), che non utilizza i suoi oggetti come cose, già date,
aritmeticamente da combinare. Stupore è il pensare senza oggetto concettuale
e il ritrovarlo alla fine smaterializzato ma evidente a tutti nella
sua esatta definizione, mai altrettanto chiara e distinta prima. Reca
inoltre con sé l’atto dello sperimentare, il vivere non ancora concretizzato
nel vissuto; pertanto è l’esperienza del mancare che scava un vuoto
non orrifico.
Stupore è mancare, mancare stupore. L’uno non è senza l’altro: è già l’altro.
Lo stupore dona felicità al mancare, questo a quello un’insospettata
libertà. Il gesto in quanto pensante, in atto e noncurante di riflettere
la continua produzione dell’intelletto che vorrebbe ricondurlo all’ordine,
è stupore e mancare libero e felice.
L.
E.
I Seminari
saranno tenuti dal Dott. Paolo Ferrari, studioso delle attività
nervose superiori in-Assenza nelle diverse espressioni (artistica,
musicale, teatrale, antropologica, politica e della cura), dalla Dott.
Susanna Verri, psichiatra, psicoterapeuta e analista in-Assenza
e dal Dott .Luciano Eletti, filosofo e studioso di nuove scienze
umane. Si prevedono anche gli interventi del Dott. Nicolò Ferrari, ricercatore
dell’asistema in-Assenza, dell’Ing. Andrea Moroni e di
altri componenti dell'équipe multidisciplinare del Centro Studi Assenza.
Ugo Brancati parteciperà in veste di “libero” percussionista della musica
di Paolo Ferrari.
Il I Seminario si terrà
Giovedì 21 novembre 2002 alle ore 18,30
precise
nell'aula-teatro
del Centro Studi Assenza,
via Stromboli 18, Milano.
I
successivi seminari si svolgeranno nello stesso orario secondo il seguente
calendario:
II
Seminario 19 dicembre 2002
III
Seminario 16 gennaio 2003
IV
Seminario 13 febbraio '03
V Seminario 13
marzo '03
VI
Seminario 10 aprile '03
VII
Seminario 15 maggio'03
VIII
Seminario 12 giugno '03
La
partecipazione a un Seminario è libera. Sono previste due quote differenziate
di iscrizione al corso, l'una intera di Euro 220,00, l'altra ridotta
di Euro 100,00.
L'Associazione
Centro Studi Assenza
mette a disposizione 5 iscrizioni gratuite a chi ne faccia motivata
richiesta.
Rivolgersi
alla Dott. Susanna Verri o alla Dott. Anna Lafranconi per ulteriori
informazioni.
Il
CENTRO
STUDI ASSENZA è associazione scientifico-culturale
no profit, fondata al fine di sostenere lo sviluppo della ricerca circa
l'asistema in-Assenza, di indagare i cambiamenti entro il singolo
e la società che dall'emergenza del nuovo processo in-Assenza
potrebbero derivare, nonché di promuovere quelle attività che più appaiono
idonee a far da mediazione tra le proprietà del nuovo asistema
e una realtà in trasformazione.
PAOLO FERRARI Umanista, scienziato, artista e musicista, laureato
in medicina e analista a-sistemico in-assenza, studioso delle
attività nervose superiori, in particolare dell'asistema in-assenza,
da lui per primo indagato. Dopo aver pubblicato lavori teorici e sperimentali
sui processi di Inibizione (estinzione) dell’apprendimento condizionato,
pubblica negli anni '70 il romanzo Paolo e il suo compagno senza
morte. Negli anni ‘90 il poema Europa o l'Assenza, i Saggi
sull'Assenza e Le lezioni dell'Assenza. Allestisce in
qualità di artista-scienziato in una fabbrica ad alta tecnologia un
Raddoppio artistico scientifico in-Assenza 1998-2003 (Libro-catalogo
Skira) e progetta il livello artistico architettonico di Altro-Luogo
(2001). E' autore di teatro con Astratta Commedia, vincitrice
del Premio Navarro, e con Nel Cuore di Astratta Commedia
entrambe andate in scena a Milano. E' musicista; compone la musica
anche per i suoi spettacoli. Di prossima pubblicazione il saggio-testimonianza
In-morte Assente.E’ fondatore e presidente dell’Associazione
Centro Studi Assenza
SUSANNA VERRI Psichiatra e psicoterapeuta,
è analista in-assenza. Collabora dal 1972 con il dott.Paolo Ferrari,
occupandosi della ricerca che concerne il dominio in-Assenza
e la formulazione di un nuovo paradigma di sanità e di cura. Dal 91’
partecipa al progetto de I Seminari seguendo il tema del metodo
e della cura secondo il modello dell’Asistema complesso in-assenza.
Attende all’attività culturale dell’equipe multidisciplinare del C.S.A.
e al lavoro di approfondimento sugli scritti di Paolo Ferrari. Ha pubblicato
alcuni articoli sull’attività del C.S.A.; è di prossima pubblicazione
un saggio su L’asistema in-assenza e la cura. E’ membro
fondatore dell’associazione Centro Studi Assenza.
LUCIANO ELETTI, Dottore in filosofia, fa
parte dal 1990 dell’équipe di ricerca del Centro Studi Assenza, collaborando
a diverse pubblicazioni. Oltre al compito di individuare i contatti
e le differenze con l’area filosofica, di disegnare le relazioni tra
i piani dell’asistema in-Assenza ed i luoghi della pragmatica
quotidiana, tenta di illuminare gli interstizi lasciati dalle disamine
storiche e antropologiche nel loro incrociarsi, lavora al progetto di
attivazione del pensare come Altro del pensiero sia occidentale sia
orientale, come ponte dematerializzato del rapporto tra logos
e tao, tema ineludibile di una filosofia della cultura all’altezza dei
compiti, in particolare elaborando il progetto teorico della casa editrice
ObarraO di collocare segnavia per l’estremo Occidente.