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I SEMINARI IN-ASSENZA 2002-2003

Prolegomena ai Seminari in-Assenza 2002-2003
Come un raccontino.Alla domanda che ancora una volta un giorno mi fu posta: "Perché oggi parlare, trattare, raccontare, far musica, teatro e poesia intorno a un asistema complesso? Quale rapporto può avere con lo stato già tanto complicato delle cose della storia odierna?".
Rimasi in un breve silenzio e poi, non poco infastidito al mio interno, senza tuttavia che nulla trapelasse all'esterno se non una lieve impazienza che passava al di sotto del tono della voce, incominciai a rispondere con un'argomentazione non semplice e d'una certa estensione che sarebbe servita soprattutto a me che desideravo comprendere ancor meglio. Era anche possibile che quella domanda me la fossi posta io stesso, obbligandomi a una risposta che era un mezzo di riflessione, una via per una relazione - antirelazione - tra due entità che sapevo del tutto dissimili ma anche sorprendentemente concordanti.
"Trattare d'un asistema in-Assenza, d'una realtà altamente complessa e d'uno spazio-tempo d'altro genere, mi sembra essere la migliore proposta possibile al tempo dell'oggi in cui tutto è in subbuglio e l'organizzazione della realtà così come finora s'è manifestata è messa in seria difficoltà, tutte le cose essendo in una fase di rimescolamento. Questo mutamento per ora caotico non si mostra, per il momento, immediatamente alla superficie, per cui nella vita quotidiana - alla cima della piramide con cui rappresentare il comportamento e il sentire degli uomini - nulla appare davvero cambiato. Ma a un'osservazione un poco più fine sotto la superficie delle cose, appena al di sotto la pelle del mondo si può avvertire un ribollire significativo di tutte le componenti della vita e nuove coazioni della morte.
A un incremento dell'instabilità del sistema nel mondo dalle economie avanzate - il mondo ad alta tecnologia - in cui s'è moltiplicato negli ultimi anni a dismisura l'accesso all'informazione, con risultati più o meno validi, a seconda dei punti d'osservazione - s'è inserito un diverso elemento che ha fatto precipitare l'organizzazione nella direzione d'una precarietà sistemica ulteriore: nella trama della vita umana s'è conficcato come un cuneo un fattore ad alto indice di annichilimento - espressione soltanto di distruttività? -, con l'estrinsecazione da parte dell'organismo sociale - l'ente mondo occidentale - d'una reazione generalizzata, simile al prodromo d'un grave sintomo d'angoscia, quando un sentimento di perdita ineluttabile si fissa non elaborato, in meccanismi pulsionali di morte. E' la morte che si presenta, in una forma che mai prima d'ora sera manifestata nel tessuto della storia umana, in tal modo: essa, morte, come mezzo di lotta e di dimostrazione, sposta i confini dell'istinto di sopravvivenza negli uomini, penetrando in tal modo addirittura entro il sistema biologico di Homo s., in cui solitamente una linea netta separa il sentimento di vita dal timore estremo della morte. Su scala planetaria si mostra la vicenda del terrorismo: per chi si fa esplodere dalla carica di dinamite, che ha indossato poco prima, il valore della vita non è affatto superiore a quello della morte, così com'è stabilito in modo perentorio in particolare dalla cultura d'Occidente. E si fa vedere quel buco immane, che s'è prodotto nel cuore pulsante del mondo occidentale, in seguito alla caduta repentina e l'annichilimento delle Torri Gemelle a New York. E' chiamato "ground zero"; il che equivale a piano terra, livello zero, ma anche in analogia con il tedesco Grund, fondamento. Si fa probabile, con il rimescolamento di essere e non-essere, che ormai di continuo tenta la resistenza dell'ordine conosciuto delle cose, il rischio che il sistema-mondo, avendo perduto l'identità sua solita, basata su una configurazione costante  - conforme a un paradigma in cui le differenze e le identità risultano essere ben definite, meno scambievoli e non così simili a un asistema di più complessa e metamorfosica origine - si arrocchi su sé rinserrandosi in uno sterile isolamento. E non sapendo quale nuova organizzazione assumere, inceppatisi i suoi adusati strumenti, incapace di escogitare risposte adeguate, dia via libera a reazioni scomposte, associate a un'espressività priva di senso così come oggi già sta accadendo: un tale squilibrio potrebbe sfociare nella perdita di valori essenziali, con la regressione dell'organismo sociale e politico verso un impoverimento disastroso. Ovvero potrebbe accadere - è questo l'intendimento e l'auspicio anche del nostro proporre - che l'attuale stato delle cose profondamente posto in crisi, muti nella direzione d'un differente paradigma a più alto grado-livello di complessità, in un sistema maggiormente incline ad accogliere nuove istanze vantaggiose per un suo ulteriore sviluppo.
Giunto a questo punto, già mi apprestavo ad ampliare il campo procedendo a un'ulteriore disamina del tema - modificando il punto d'osservazione affinché emergesse il più possibile il piano delle cose che si situa su quel livello zero che m'interessava far emergere - quando interruppi di colpo il mio bussare alla porta d'una realtà che in generale tende a saturare i luoghi e gli spazi invece che a dischiuderli. Io stesso ero sorpreso dall'improvvisa fermata: un certo stupore mi aveva raggiunto. Subito fui consapevole che non avevo intenzione d'andare oltre a chiarire, esplicitare, saggiare la mente altrui perché l'asistema zero, delle cui vie ero a conoscenza, fosse raccolto e fossi io così consolato della differenza davvero inconsueto dell'asistema che mi appartiene e con il quale penso e recepisco il mondo. Mi ero infine seccato di dover pareggiare con le spiegazioni le asimmetrie che così profondamente, e imprevedibilmente, spesso drammaticamente solcano la realtà, rendendola dissimile e diseguale da quanto in genere si è disposti ad ammettere. Era possibile che quella fermata indicasse la mia riluttanza al dover giustificare la conoscenza d'altro, essendo io stesso divenuto altro in altro territorio - esso differente dal mondo noto, eppure anche assai concordante, almeno in alcune pieghe del gesto pensante in-Assenza. Un'area che era esistita e aveva assunto una dimensione reale, d'ampio sviluppo anche teorico, dopo il fatidico (mio) incontro con l'essere-niente. Con l'essere io il mio stesso mancante, una volta dissoltisi i legami che l'attività pensante-vivente contrae con la psicobiologica coazione del vivere e morire.
Ed è anche vero che stavo costatando, una volta di più, che quanto sperimento - un'entità vuota, espressa dalla discontinuità del livello zero - non era poi così differente da come in generale l'attività pensante umana fino ad ora si pensa costruendo l'esistenza d'un mondo popolato d'oggetti, che al loro fondamento hanno il nulla. Ma quella realtà era anche tutt'altra - povera di senso - da quanto ora m'apparteneva. Ma allo stesso tempo non poi così distante.
Un bel rebus ... continue - e discontinue - contraddizioni. Un universo che ha esistenza, ma anche che è cessato lungo una linea - quello che delimita il livello zero: un universo che perciò è fine-di-mondo: apocalisse? Rivelazione? Ma fine-di-mondo è anche quel sentimento di tremenda angoscia che s'incontra nella patologia schizofrenica. Ma è morto in un tempo (passato o futuro) il nostro universo? Si appresta di nuovo a morire? E, dato il suo continuo morire-cessare, ha la possibilità di escogitare un piano d'esistenza idoneo all'attività più fine della corteccia cerebrale, nuova nata nell'evoluzione del vivente? E' così che s'introduce il concetto di morte-astratta, che già ho descritto, esplicitato in tanti aforismi, nei Seminari, e in un Saggio dell'Assenza di vasta complessità?
Si tratta d'una fine che, ribaltando il senso triste d'un nulla non compiuto, trafigge questo mancare incompiuto facendo approdare il pensiero umano là dove la patologia schizofrenica - che sottende l'essere uomo non ultimato - finalmente cessa, rimettendo in moto l'evoluzione dell'attività pensante fino al suo compimento in una nuova idea ed esperienza della realtà equivalente a un nulla di nuova specie?

 Mi sto accingendo a un'ennesima confessione? O esplicazione? Umile richiesta con cui fare affidamento che almeno in parte quanto io pensi, esperisca ed elabori in un modo così altro sia accettato dall'universo già noto, e così scatti la trappola-per-umani, come ho chiamato quest'opera d'inclusione?

Allora, come continuare? ... Cessare, annichilire, perire, essere, non essere, interrogarsi, mancare, comprendere, lasciare, perdere, morire d'altra morte-cessazione: morte-astratta? Ma basta! Andiamo ... Sperimentiamo. Dal vivo. Dal morto in-astratto ... In-morte assente.

 

Sono Antecedenti  in-Assenza:
1. Se alla mente-corpo umana fosse data la possibilità-facoltà d'esprimere l'intero potenziale a sua disposizione - non in funzione di qualche compito cognitivo, e perciò non in una modalità teleologica, bensì in un ambito culturale privo d'immediata finalizzazione - al suo orizzonte si presenterebbe l'esperienza d'un'entità vuota, come un nulla d'altro genere: un oggetto-mondo dematerializzato. In esso le cose sarebbero deprivate del loro eccesso d'ingombro sensoriale-tattile; l'esperienza sarebbe sostenuta da un sentimento di piacere lievissimo, un dolcissimo eros, anch'esso mancante: libertà si respirerebbe invece che la compattezza e la costrizione del tempo-spazio soffocante e vischioso, che l'umana specie è solita esperire a causa dell'interazione tra il soggetto pensante e la realtà interna-esterna non distanziati da quel mancare affettivo che sarebbe necessario a una sana e viva attività di coscienza.
Nel caso in cui quella distanza necessaria fosse definitivamente occlusa dovremmo parlare d'un mondo arresosi alla schizofrenia a causa d'un inaridimento causato dalla mancanza di quel mancante (anticosa, meno cosa, - cosa).
2. Nel mondo della fisica, ad ogni particella di materia corrisponde (simmetricamente) un'antiparticella. Se i due mondi dovessero incontrarsi e coincidere, la materia intera collasserebbe. Su un diverso piano d'osservazione - nel campo in-Assenza - a cosa (oggetto-mondo) corrisponde un'anticosa. Quest'insieme definisce il campo in cui oscilla il mondo umano. L'anticosa rappresenta il calco della cosa, il rovesciamento della cosa, condizione necessaria affinché la cosa possa essere pensata ed entrare in tal modo a far parte delle vie relazionali astratte. Se questa corrispondenza - cosa-anticosa - dovesse venire a mancare, l'intero mondo umano si concretizzerebbe in un'entità oggetto cosa oscura - il buco nero cosa mondo - privo di conoscibilità e di esperibilità per la mente-cervello di Homo sapiens.
In tal caso potremmo parlare d'un mondo arresosi alla schizofrenia a causa d'un inaridimento causato dalla mancanza di quel mancante (anticosa, meno-cosa, - cosa).
3. Imponderabili e impercettibili oscillazioni intorno alla soglia, infinitesime punture di spillo concedono all'esistere il suo (giustificato e consapevole) Dasein.
4.Che tu possa mancare (il bersaglio) d'un infinitesimo!". [Auspicio in-Assenza, per una vita meno incompiuta, non-infelice].

 

S'è fatto necessario inventare al più presto un'attività pensante, un-gesto-del-pensare che sia naturale, libero e potente e quieto, immediato pur nella sua estrema complessità e stratificazione; e che l'attività del pensiero nasca duttile e variegata, lieta del godimento che ha origine dal suo stesso essere generata ed emanata in-Assenza, prima che l'umanità, prigioniera dell'involuzione in cui sta precipitando - secondo un'affermazione recente di Virilio - smetta definitivamente di pensare. Urrah!

   (P.F.)

 

 

 

  L’esistenza di ogni cosa ha come premessa la sua cessazione preventiva.
   (P. F.)

 

(La cura in-assenza)
Attualità dell’Asistema in-assenza ovvero: Che senso può avere pensare l’esistenza di un asistema nella realtà contemporanea?

All’inizio del nuovo anno – il dodicesimo - dei Seminari, riproponiamo la domanda circa l’attualità dell’Asistema in-assenza

Abbiamo definito asistema complesso in-assenza un particolare sistema (a-sistema) complesso di nuovo genere avente proprietà* mutuate dalle scienze della complessità. Come abbiamo visto in seminari precedenti, la nuova entità asistemica funge da modello per descrivere l’universo relazionale (arelazionale) che si viene a costituire – secondo l’ipotesi in-assenza – dato il nuovo tipo di interazione osservatore-osservato che abbiamo chiamato accoppiamento dematerializzante-rimaterializzante in-assenza..

La a di asistema indica una differenza, evidenzia come caratteristica principale del nuovo sistema il suo essere altro in-assenza. La qualità in-assenza sarebbe la proprietà – designata come fattore a - che nel dominio di cui ci occupiamo è pensata alla base di nuove possibilità di relazioni (arelazioni in-assenza o in-differenza).

Pensare l’asistema in relazione alla contemporaneità significa cercare di contestualizzare – oltre quanto già avvenuto negli anni passati - un’entità che per definizione sarebbe invece - assente - intrinsecamente altra.In ciò consiste il paradosso entro cui ci muoviamo: come può essere possibile pensare un alcunché di totalmente altro con le attuali possibilità dell’attività pensante di Homo sapiens s.? .Come pensare un a-sistema dall’interno di un sistema? Potrebbe sembrare una contraddizione insanabile e anche forse rivelarsi una sfida impossibile. Ci occupiamo di un campo conoscitivo posto al limite del pensiero filosofico e scientifico, situato sui margini di un nuovo dominio conoscitivo: lo abbiamo denominato Il sistema sui margini dell’Assenza (A-sistema in-Assenza), a partire dai Seminari 1997-98, dedicati allo Studio sull’oggetto reale assente (oggetto in-assenza). Ci interroghiamo – e lo faremo ulteriormente nel corso dei Seminari di quest’anno – essendoci posti  sul limitare di una differenza. Ma in che modo ci rapporteremo con la nuova entità asistemica? Consideriamo la condizione propria dell’asistema complesso, in oscillazione sui margini del caos secondo le proprietà dei sistemi complessi. Occorrerà probabilmente assumere a nostra volta una condizione di instabilità, essendo disposti ad oscillare - con la mente e con il corpo - secondo le fluttuazioni della nuova entità e in-accoppiamento con questa. Sapremo, ad esempio, avere uno sguardo che accetti l’oscillare degli elementi posti sotto l’occhio senza fissarli univocamente, lasciandoli interagire in relazioni autonome e perciò significative? Uno sguardo capace di cogliere l’alterità e offrirsi quale altro dell’attività visiva, come si esprime Luciano Eletti nel suo saggio Lo sguardo oscillante?

 Secondo l’ipotesi in-assenza, riteniamo sia possibile – e anche auspicabile – indurre uno sfasamento, anche minimo, rispetto alla consueta condizione di osservazione della realtà. Ma perché mai dovrebbe interessarci uno spostamento rispetto al consueto punto di osservazione? Potremmo forse considerare - con Kuhn – il carattere rivoluzionario dell’emergenza di ogni nuovo paradigma scientifico e come ogni rivoluzione scientifica abbia in ultima istanza prodotto una trasformazione del mondo entro il quale veniva fatto il lavoro scientifico?  Siamo forse attratti da quei grandi rivolgimenti della storia del pensiero che, determinando ogni volta la dissoluzione delle tradizioni precedenti, hanno permesso l’ulteriore sviluppo delle conoscenze scientifiche? Come l’antica concezione tolemaica dell’universo, antropocentrica, fu sostituita dalle teorie eliocentriche di Copernico e Galileo, così, in campo psicologico, l’esplorazione freudiana dell’inconscio sancì definitivamente la perdita di centralità – e di potere - dell’Io, aprendo la strada ad un nuovo campo di indagine, fino ad allora non immaginabile.
Nel corso dei nuovi Seminari in-Assenza che stanno per iniziare, saremo disposti a un altro cambio di prospettiva, nella direzione di un ulteriore decentramento del soggetto, anzi, di una sua alterità rispetto a se stesso? Sul piano individuale, potremmo chiederci perché mai cercare la relazione (arelazione) con una differenza (l’asistema) presumibilmente apportatrice di una decontestualizzazione (in-assenza), di uno spaesamento.  Il tema dello spaesamento come sottrazione di familiarità (unheimlich), spostamento dal luogo noto e conosciuto, rimanda a S. Freud, in Das unheimliche, Il perturbante (1919). E anche a quanto scrive M. Heidegger in Essere e tempo: «L’Esserci inautentico si trova in casa propria (Zuhause) nella tranquilla intimità dei suoi rapporti quotidiani. L’Esseci autentico, anticipando la morte, cade nello spaesamento più radicale rispetto al mondo quotidiano». Se l’immissione di un’attività in-assenza entro il soggetto tenderà a produrre sia un aumento di complessità del sistema che un suo minor grado di certezza,  cosa significherà in un siffatto contesto parlare di sanità? Cosa ha a che vedere l’aumento di complessità del sistema con la cura in-assenza?
L’accoppiamento con l’asistema in-assenza, potrebbe favorire l’assunzione – forse l’avvio di un parziale superamento - della condizione paradossale in cui versa Homo s.s., essere umano capace di pensiero e tuttavia ancora vincolato a un corpo con caratteristiche troppo simili a quello dell’antico animale.
Sappiamo come l’ingente sviluppo culturale della specie – attraverso l’espressione di discipline umanistiche e scientifiche quali la filosofia, la psicologia, le neuroscienze - abbia prodotto l’attuale possibilità del pensiero umano di riflettere sulla propria natura, il proprio funzionamento e anche i propri limiti. Nel dominio in-assenza ci occupiamo di un’attività del sistema nervoso superiore mediata da un particolare fattore che abbiamo chiamato fattore a o costante di dematerializzazione-rimaterializzazione in-assenza. Ipotizziamo che sia attualmente possibile ripensare quel limite specie specifico costituito dalla antinomica coesistenza – supposta immodificabile - di eros e thanatos. Lo abbiamo pensato come un equilibrio vita-morte che contraddistingue l’esistenza umana. Sarà forse possibile, per brevi tratti - o per oscillazioni in-assenza – pensare di spostare quell’equilibrio? E se sì, in che direzione? Pensiamo che l’attività in-assenza, con le sue proprietà, potrebbe essere idonea ad indurre una modificazione entro l’equilibrio vita-morte che sembra  iterativamente riproporre l’antico vincolo di specie.
Secondo l’omonima ipotesi, l’attività in-assenza esprimerebbe la facoltà del pensiero umano - inscritta nel patrimonio specie specifico di Homo sapiens - di sottrarsi ai condizionamenti degli antichi retaggi di specie: essi tendono a imporre equilibri sensoriali e percettivi ormai desueti rispetto all’ulteriore sviluppo della corteccia cerebrale umana e delle sue facoltà.
L’operazione a cui ci accingiamo con il ciclo 2002-2003 dei Seminari sembra indirizzarsi nella direzione di un ulteriore accoppiamento in-assenza tra due sistemi di natura differente che caratterizzano l’essere umano – l’uno vincolato al soma di derivazione animale, l’altro, insorto successivamente allo sviluppo corticale, espressione del salto evolutivo prodottosi con l’insorgenza in Homo dell’attività pensante.  Potrà il nuovo accoppiamento indurre, almeno per qualche tratto, le premesse di una nuova organizzazione (asistemica in-assenza) entro la mente-corpo di ciascuno di noi?

 

 

 

*Circa le proprietà dell’Asistema in-assenza
1. L’Asistema come entità non-consensuale rispetto al sistema noto permette l’esistenza di una differenza entro la realtà globalizzata e globalizzante. Funzione politica (in senso lato) dell’asistema.
2.L’Asistema come entità non finalizzata. Secondo le leggi dei sistemi complessi (asistema complesso in-assenza) nel campo asistemico non valgono relazioni semplici del tipo causa-effetto. L’Asistema ha una struttura a rete in cui le relazioni (arelazioni) non sono direzionate verso un unico punto, bensì agiscono a più foci e in più direzioni contemporaneamente.
3.L’Asistema come unità conoscitiva: esprime nuove leggi e diverse organizzazioni di senso tendenti a produrre un nuovo punto di osservazione circa la realtà nota.
4.L’Asistema come (a)differenza in accoppiamento con la quale poter pensare (e vivere) la vita e la morte secondo un differente equilibrio vita-morte. Catalizzatore di uno spostamento dell’equilibrio vita-morte nella direzione di una minor presenza di morte concreta (thanatos).

S.V.

 

 

 Stupore è mancare, mancare stupore

 “Perché il gesto in tempi difficili?” – questa la domanda posta lo scorso anno.
Studiare le condizioni di un gesto pensante nelle calamità del 2001 (segni di radicale aporia dell’umano) significava cogliere il kairós, il tempo opportuno, in cui il peso della mancanza poteva redimersi nella levità del mancare.
Quel gesto che contiene in sé il nulla che genera generando nulla – paradossale proprietà dell’asistema in-assenza – era fede nel salto, ma certezza di abbandonare una posizione sicura o tale ritenuta fino allora, comunque nota. Sarebbe bastato unum verbum affinché il mondo ruotasse e ‘presentasse’ la propria assenza.
Indice e premio del gesto, un essere non-essere in atto che è inazione attiva e  passività agente, e il gesto stesso appaiono ora sotto la forma dello stupore, che non è solo la meraviglia dei filosofi, l’origine del loro filosofare, ma il fulcro dell’oscillazione del pensare, addirittura il crinale discriminante il vero e il falso (ammesso che si debba parlare in termini di verità e non, piuttosto, di congruenza - o d’altro ancora -, tema che il gesto pone in luce annullando ogni preconcetto).
L’ideazione in quanto non psicologica e a-mentale antecede e sorprende, scompiglia il pensiero strumentale che essa oltre a ciò illumina e include. E’ l’io che parla eppure non è più lui (nemmeno il super-io o l’inconscio), come se ciascuno lasciasse profetare l’altro di sé senza timore di perdersi, amando anzi il proprio dissolversi non più nichilistico. Solo dello stupore di cui non siamo padroni possiamo fidarci nel salto. Né mistico né irrazionale, lo stupore raccoglie ogni elemento fondato dello spirito e lo conduce ai margini della sua fondazione affinché, dialogando con tutti gli altri, accetti il rischio presunto della nuova condizione e riconosca il rischio certo della vecchia.
Lo stupore implica un pensare che è esperienza (davvero fenomenologia dello spirito), che non utilizza i suoi oggetti come cose, già date, aritmeticamente da combinare. Stupore è il pensare senza oggetto concettuale e il ritrovarlo alla fine smaterializzato ma evidente a tutti nella sua esatta definizione, mai altrettanto chiara e distinta prima. Reca inoltre con sé l’atto dello sperimentare, il vivere non ancora concretizzato nel vissuto; pertanto è l’esperienza del mancare che scava un vuoto non orrifico.
Stupore è mancare, mancare stupore. L’uno non è senza l’altro: è già l’altro. Lo stupore dona felicità al mancare, questo a quello un’insospettata libertà. Il gesto in quanto pensante, in atto e noncurante di riflettere la continua produzione dell’intelletto che vorrebbe ricondurlo all’ordine, è stupore e mancare libero e felice.

 L. E.

 

 

 

 

 

 

 

I Seminari saranno tenuti dal Dott. Paolo Ferrari, studioso delle attività nervose superiori in-Assenza nelle diverse espressioni (artistica, musicale, teatrale, antropologica, politica e della cura), dalla Dott. Susanna Verri, psichiatra, psicoterapeuta e analista in-Assenza e dal Dott .Luciano Eletti, filosofo e studioso di nuove scienze umane. Si prevedono anche gli interventi del Dott. Nicolò Ferrari, ricercatore dell’asistema in-Assenza, dell’Ing. Andrea Moroni e di altri componenti dell'équipe multidisciplinare del Centro Studi Assenza. Ugo Brancati parteciperà in veste di “libero” percussionista della musica di Paolo Ferrari.

 

Il I Seminario si terrà

 

Giovedì 21 novembre 2002 alle ore 18,30 precise

 

nell'aula-teatro del Centro Studi Assenza, via Stromboli 18, Milano.

I successivi seminari si svolgeranno nello stesso orario secondo il seguente calendario:

 

II Seminario 19 dicembre 2002

III Seminario 16 gennaio 2003                

IV Seminario 13 febbraio '03                  

V Seminario  13 marzo '03                     

VI Seminario  10 aprile '03                    

VII Seminario 15 maggio'03                               

VIII Seminario 12  giugno '03        

 

La partecipazione a un Seminario è libera. Sono previste due quote differenziate di iscrizione al corso, l'una intera di Euro 220,00, l'altra ridotta di Euro 100,00.

L'Associazione Centro Studi Assenza mette a disposizione 5 iscrizioni gratuite a chi ne faccia motivata richiesta.

Rivolgersi alla Dott. Susanna Verri o alla Dott. Anna Lafranconi per ulteriori informazioni.

 

 

 

Il CENTRO STUDI ASSENZA è associazione scientifico-culturale no profit, fondata al fine di sostenere lo sviluppo della ricerca circa l'asistema in-Assenza, di indagare i cambiamenti entro il singolo e la società che dall'emergenza del nuovo processo in-Assenza potrebbero derivare, nonché di promuovere quelle attività che più appaiono idonee a far da mediazione tra le proprietà del nuovo asistema e una realtà in trasformazione.

 

PAOLO FERRARI Umanista, scienziato, artista e musicista, laureato in medicina e analista a-sistemico in-assenza, studioso delle attività nervose superiori, in particolare dell'asistema in-assenza, da lui per primo indagato. Dopo aver pubblicato lavori teorici e sperimentali sui processi di Inibizione (estinzione) dell’apprendimento condizionato, pubblica negli anni '70 il romanzo Paolo e il suo compagno senza morte. Negli anni ‘90 il poema Europa o l'Assenza, i Saggi sull'Assenza e Le lezioni dell'Assenza. Allestisce in qualità di artista-scienziato in una fabbrica ad alta tecnologia un Raddoppio artistico scientifico in-Assenza 1998-2003 (Libro-catalogo Skira) e progetta il livello artistico architettonico di Altro-Luogo (2001). E' autore di teatro con Astratta Commedia, vincitrice del Premio Navarro, e con Nel Cuore di Astratta Commedia entrambe andate in scena a Milano. E' musicista; compone la musica anche per i suoi spettacoli. Di prossima pubblicazione il saggio-testimonianza In-morte Assente.E’ fondatore e presidente dell’Associazione Centro Studi Assenza

 

SUSANNA VERRI Psichiatra e psicoterapeuta, è analista in-assenza. Collabora dal 1972 con il dott.Paolo Ferrari, occupandosi della ricerca che concerne il dominio in-Assenza e la formulazione di un nuovo paradigma di sanità e di cura. Dal 91’ partecipa al progetto de I Seminari seguendo il tema del metodo e della cura secondo il modello dell’Asistema complesso in-assenza. Attende all’attività culturale dell’equipe multidisciplinare del C.S.A. e al lavoro di approfondimento sugli scritti di Paolo Ferrari. Ha pubblicato alcuni articoli sull’attività del C.S.A.; è di prossima pubblicazione un saggio su L’asistema in-assenza e la cura. E’ membro fondatore dell’associazione Centro Studi Assenza.

 

LUCIANO ELETTI, Dottore in filosofia, fa parte dal 1990 dell’équipe di ricerca del Centro Studi Assenza, collaborando a diverse pubblicazioni. Oltre al compito di individuare i contatti e le differenze con l’area filosofica, di disegnare le relazioni tra i piani dell’asistema in-Assenza ed i luoghi della pragmatica quotidiana, tenta di illuminare gli interstizi lasciati dalle disamine storiche e antropologiche nel loro incrociarsi, lavora al progetto di attivazione del pensare come Altro del pensiero sia occidentale sia orientale, come ponte dematerializzato del rapporto tra logos e tao, tema ineludibile di una filosofia della cultura all’altezza dei compiti, in particolare elaborando il progetto teorico della casa editrice ObarraO di collocare segnavia per l’estremo Occidente.