I SEMINARI DELL'ASSENZA 2001/2002
Poniamo la domanda
"Ha senso in un contesto tanto drammatico e precario qual è
quello attuale e così ingombro di oggetti concreti - l'aggressività,
la morte, la paura, la regressione, la difesa, l'offesa e la distruzione
- introdurre il fattore K in-A, costante in-Assenza, catalizzatore dematerializzante,
che ha origine in una post-evoluzione, dove ogni oggetto - e pensiero
- ha in sé il non essere, il già finito e l'ulteriore, essendo
privo di necessità e perciò di qualunque meccanismo di autoconservazione?".
E di seguito una seconda interrogazione più generale: "Esiste
una qualche probabilità nell'attuale situazione storica e antropologica
che il gesto del pensare, nella sua specifica e giusta radicalità,
sia collocato in quel luogo in-Assenza, che è distanza da sé,
scoperta dell'altro e della differenza, oltre le regole stabilite, al
di là della soglia consueta davanti alla quale il pensiero finora
in atto, con le sue funzioni cognitive d'antica e sorpassata specie e
con il suo procedere ignavo, s'è arrestato non dando fine al passo
evolutivo cui esso stesso attiene?
Il gesto, per
il cui tramite il corpo-mente pensa, si nutre unicamente del folle scarto
che è abissale apertura a sé: su niente poggia se non sull'infinita
ricchezza che gli deriva dall'essere tutt'altro, compiutamente. (Dagli
aforismi del-pensare)
La nostra risposta
- non senza un non breve ondeggiare sopra e sotto la soglia del pensare
- è sì. Riteniamo che sia interessante, se non necessario
proprio a causa della situazione di profondo rimescolamento delle idee
e della storia qual è quella attuale, proporre un'alternativa secca
al pensiero corrente. Un'attività pensante che assuma alla sua
radice la proprietà della differenza - a-differenza nella lingua
in-Assenza -, che ad essa appartiene e che è implicita nell'atipicità
che l'ha caratterizzata fin dal suo apparire sulla scena del mondo.
Poniamoci pertanto in osservazione - e in ascolto - di quest'atto peculiare
nella sua scaturigine piuttosto che delle sue funzioni e delle sue cause.
Coinvolgiamoci con esso.
Còlto in flagrante (come) folle scarto, apertura e abisso di fronte
a sé ed esso stesso tale.
Scarto? Folle? Scartare è azione che implica una cernita e un'eliminazione.
Un più vero(=radicato) pensare - pensaaare ho più volte
scritto nell'Astratta Commedia - è così esposto all'essere
tolto di mezzo, eliminato come una carta che non serve più al gioco.
E ancora: improvviso, imprevedibile scostamento dalla direzione prevalente
e - aggiungiamo - dal senso univoco di uno scorrimento già in atto.
Scarto da una procedura stabilita. Follia della radicalità, del
mancamento, della perdita che si fa sotto i piedi d'una materia mai abituata
prima al suo cessare interno, al morire e trasformarsi, privata di se
stessa - della sua identità rispecchiata -, quando nella cavità
cerebrale incominciarono ad essere secreti piccoli nuclei, vuoti nel centro,
strani oggetti ricchi d'assenza - secondo una descrizione, un po' ardita,
che renda conto dei mattoni a fondamento della costruzione degli stadi
complessi e astratti d'un cervello-mente, organo dematerializzato e dematerializzante
non previsto né prevedibile fino al suo emergere entro la storia
della materia vivente.
Con questa fase s'era verificato nell'iter dell'evoluzione un'inversione
del solito procedere: invece di entità concrete, vieppiù
complesse, organismi abilitati ai più sofisticati accoppiamenti
con la realtà esterna al fine d'un migliore adattamento, si fece
avanti un'attività astratta - la cultura di Homo così l'ha
concepita - qual è quella del gesto pensante, azione sovversiva
per tutti gli oggetti del mondo collocati là dove prima nulla esisteva
e un nuovo nulla aveva dimora. Il mondo incominciò ad essere luogo
di osservazione, descrizione e conoscenza, strumento dell'azione e mezzo
per lo sviluppo della vita, agibile, essendo stadio deconcretizzato, scostato
rispetto alla sua massa ingombrante: la nascita della parola aveva fatto
sì che un oggetto concreto fosse nominabile e la sua forma e il
suo contenuto fossero trasmissibili da individuo a individuo, da generazione
a generazione senza che occorresse la fissità d'una presenza materiale.
Un cambiamento radicale improbabile, secondo l'evidenza fino allora espressa;
una deviazione dall'asse principale evolutivo, avvenuta in un iter temporale
lungo e complesso, ma anche attraverso un imprevedibile e improvviso venir
meno. Il pensare è gesto che si autodetermina sull'orlo dell'abisso,
oltre la soglia della cosità dell'oggetto concreto. Su niente poggia
...
Mancante di se stesso; non è niente se non il suo stesso essere
finito, il suo cessare entro l'apertura che esso genera diversamente da
sé, dal suo medesimo originare.
Scarto è residuo di scarso valore. Una carta che non serve più.
Gettata via per mancanza di necessità.
Pensare è
gioco della mancanza. Esso distingue il genere umano da tutti gli altri
enti naturali e materiali. E' fuori-gioco. Follia di cessazione e di perdita,
vincolo con il nulla. Ambivalenza sulla soglia della morte(-non morte).
Sconfitta di thanatos, timore e ricerca di nulla. Il bambino nascendo
dall'utero si distacca da chi lo ha generato e custodito. Il cordone ombelicale
è reciso; grandi e spesso insolubili problemi insorgerebbero per
la mente umana con l'occupazione di spazi inappropriati - deputati invece
allo scoperta dell'altro - da parte d'una cosità pesante e non
pensante, qualora il neonato - solo all'apparenza inconsapevole - non
generasse un'autonomia (a-mentale) dalla madre fin dagli inizi della sua
vita. La vita pensante, già dai primissimi tempi della nascita,
ha l'obbligo e l'accortezza d'assumere un atto che ha in sé il
morire precoce - mors abstracta -, il distacco senza ritorno da un luogo
che ha abitato per nove lunghissimi mesi - l'eternità d'un continuum
che potrebbe inglobare e annientare la discontinuità del tempo
del vivere soffocandolo in uno spazio indifferenziato. Scarto (è)
il pensare, avanzo, rimasuglio, ciarpame, feccia il gesto tuttora inconcluso.
Incominciamo di nuovo, riproviamo quel gesto, mancante dal principio.
Raddoppiamo.
Allora pensare come chi manchi dal principio - antecedere da tutto il
tempo che precede e per l'intero arco del tempo che rimane: ugualmente
allo spirito che nell'augurare a se medesimo il giusto transitare in questo
nostro lasso di tempo annuncia il suo non palese procedere in-altro, dileguandosi
in-fine - sorpreso nello stesso stupore dell'esserci - nel nulla dell'inatteso.
In-Assenza, dov'è il mancare come vuoto, nell'essere nascituro
di niente; in-perdita. Nulla vale niente, perché l'intero oscillare
già è disposto ad essere quello. Il principio è terminare.
Concludersi è principiare, apertosi lo spirito vacuo all'abisso
del più inammissibile dis-connettere. Vigilare dunque, dimenticare,
difettare, arguire, simulare e dissimulare, obliare e disvelare morendo
in-niente. Simillimum in-abstracto complexu.
Tutte le cose
del mondo - gli universi più vasti e i dettagli più minuti
che a questi appartengono, le idee più astratte e le masse più
concrete - si collocano dove l'occhio non vede, l'orecchio non ode, il
pensiero - com'è ora - non comprende.
P. F.
"L'atto del pensare - dell'io penso - è
conseguenza
del modo secondo il quale la morte astratta fa parte
del sistema vivente-pensante. Quanto più tale carat-
teristica è parte integrante del sistema vivente-pen-
sante, tanto più questo assume la tendenza a recepi-
pire l'atto (-gesto) del pensiero, a trattenerlo ed ela-
borarlo, e a manifestarlo con libertà e piacere."
(P. F., Aforismi in-Assenza, 2000)
E' possibile considerare
l'Asistema in-Assenza come un catalizzatore capace di attivare in Homo
sapiens s. una nuova condizione di sanità?
Nell'attuale momento
storico in cui tragici eventi di guerra e distruzione stanno radicalmente
modificando non solo la situazione politico-economica internazionale ma
anche la condizione antropologico-esistenziale di ogni singolo individuo,
la quotidianità appare caratterizzata rispetto al passato da un
grado molto maggiore di instabilità, percorsa da un'inquietudine
che ultimamente da alcuni è stata descritta come "la nuova
dimensione dell'angoscia". Sembra che in un siffatto contesto antropologico
Homo s. si stia confrontando con la perdita di quelle certezze e di quei
riferimenti che avevano precedentemente consentito l'organizzazione del
vivere politico, economico, sociale e culturale della specie. Si avverte
l'esigenza - probabilmente la necessità - di nuovi modelli concettuali
ed eventualmente di differenti espressioni dell'attività pensante
ed affettiva capaci di consentire l'elaborazione e l'assunzione dell'attuale
condizione di instabilità.
E' possibile che un siffatto mutamento implichi variazioni profonde all'interno
degli equilibri specie-specifici. Per l'essere umano l'adattamento a condizioni
di perdita di stabilità comporterebbe probabilmente una maggiore
separazione dalla sua provenienza animale con lo sviluppo ulteriore delle
capacità di astrazione e di pensiero, attività queste ultime
caratterizzate dallo svolgersi in mancanza rispetto alla presenza della
cosa concreta caratterizzante i processi di tipo sensoriale-percettivo
connessi al soddisfacimento dei drives primari istintuali.
L'Asistema in-Assenza - così come descritto da Paolo Ferrari nei
diversi modelli teorici* - è organizzazione complessa di nuovo
genere, continuamente in trasformazione attraverso un divenire nell'ulteriorità
(in-divenire ulteriore) che ne attua la differenza da sé come principale
condizione di esistenza (assenza) e di apertura (in-differenza) all'altro.
Un'attività di decostruzione e ricostruzione (dematerializzazione-rimaterializzazione
in-Assenza) si origina incessantemente, in simultaneità complessa
su più piani e a più dimensioni, determinando oscillazioni
che avvengono in una dimensione del tempo e dello spazio caratterizzata
dalla variabile K in-A (costante di dematerializzazione-rimaterializzazione
in-Assenza) .
Circa il tema iniziale e il significato del termine sanità, si
può considerare l'asistema in-assenza come modello di un'organizzazione
complessa di nuovo genere, capace per le sue intrinseche proprietà
di vivere le perdite e le mancanze quali variazioni di equilibrio (oscillazioni
in-assenza) capaci di indurre un cambiamento di livello entro la propria
organizzazione sistemica. Secondo tale considerazione ciò che viene
meno, è mancante, è più significativo di ciò
che invece si conserva ai fini dell'aumento di complessità del
sistema. La perdita è pensabile come fattore di disorganizzazione
e riorganizzazione complessa di un sistema in mutazione, elemento attivo
capace di indurne la crisi e la mutazione nella direzione di un aumento
dell'attività globale del sistema e di una sua minor fissità.
La nuova entità asistemica (asistema complesso in-assenza) sembra
pertanto idonea a contrastare (superare) il peso di quell'antica inerzia
depositata nella profondità dei retaggi di specie che Freud ha
chiamato pulsione di morte*(1920).
*Pulsione di morte
(thanatos) e sanità.
In psicoanalisi,
a partire dallo scritto di Freud Al di là del principio di piacere,
si è definita pulsione di morte la tendenza fondamentale di ogni
essere vivente a ritornare allo stato inorganico. Si tratterebbe di una
forza che tende alla riduzione completa delle tensioni e ad uno stato
di quiete totale. La pulsione di morte esprime altresì la tendenza
inconscia e coattiva - si ripete incessantemente sotto la spinta di una
coazione (coazione a ripetere) - a conservare, a non perdere, a non modificare
alcunché; opponendosi alle pulsioni di vita, essa tende a realizzare
una condizione di totale fissità, un'immobilità simile a
quella della materia non vivente (stato inorganico della materia).
Dal punto di vista del dominio in-Assenza, la pulsione di morte (thanatos)
rappresenta l'espressione di una grave patologia situata a livello di
specie (malattia della specie) tendente a bloccare ogni processo evolutivo
del sistema, favorendone le tendenze regressive a scapito dello sviluppo
delle attività nervose superiori e della maturazione delle capacità
affettive e relazionali. Si può inoltre ritenere che l'inibizione
indotta dalla pulsione di morte si attui altresì opponendosi ad
ogni attività di tipo asistemico.
S. V.
Perché
il gesto in tempi difficili?
Perché studiare le condizioni di un gesto pensante in tempi calamitosi?
Anziché di un gesto dall'incerto significato, non è bene
occuparsi piuttosto della concretezza di un mondo che perde la sua netta
figura e si oscura mettendovi rimedio con le regole e le conoscenze a
disposizione, solo utilizzandole con maggior cura ed impegno?
Perché in tempi difficili il pensiero abituale lascia la sua presa
in modo palese e più non com-prende; perché il gesto (pensare)
in-Assenza è un credere in-nulla, non necessità di alcuna
convinzione, presunta certezza o sicurezza prestabilita, anzi apre senza
sosta una cavità nel loro massiccio solidificarsi.
Il nulla che genera (generando nulla) è una fede nel salto, un
fidare nella svolta. Ma non è una forma di speranza, né
di carità del pensiero, sebbene inveri laicamente le virtù
teologali.
Dove radicale è la mancanza, la perdita del mondo noto, là
si apre, evitando però fuga o privazione di coscienza, una nuova
via. Se il suono del verbo si fa muto, il balbettare inventa una nuova
lingua per una voce dissonante atta a nominare altrimenti il mondo.
Invece della naturale tendenza all'accumulo, al sempre più, la
costante è il meno. Disoccuparsi, un'alta e altra presenza, è
atto complesso che agisce sulla persona e sul mondo e con essi interagisce
in modo non meccanicistico.
Basta una parola, unum verbum, purché realmente espressa, prodotta,
generata; una profonda e vuota parola nell'esatto insieme con chi pronuncia
e nel silenzio compiuto di chi la pensa mentre in sé la pronuncia:
all'istante pronunciata e pensata, è tale che il mondo ruota e
altro si presenta.
Il fare, a differenza del suo manifestarsi comune e di quanto si crede,
è totalmente immobile, ovvero si produce nell'immobilità
della mente e dell'essere umano. Il pensare che è fare autentico,
che differenzia il prima dal dopo, si forma da solo, sospendendo il pensiero
corrente. Pensare senza pensare è la sorgente dell'azione diretta,
priva d'intenzionalità ed efficace, dell'inazione attiva, della
passività agente.
Perciò antecedere e sorprendere è caratteristico dell'ideazione.
A tal fine è necessario ma sufficiente che proprio a nulla si pensi,
nella rinuncia al pensiero strumentale. In ciò consiste il compito
di ciascuno. Occorre tacere, differire la parola in punta di lingua, che
la persona non sovrapponga il suo immaginare e il mondo il suo sedimentato
opinare. Ciò che è davvero semplice è difficile.
Ma in tempi difficili è peccato l'ignavia.
L. E.
I Seminari
saranno tenuti da Dott.Paolo Ferrari, studioso delle attività
nervose superiori in-Assenza nelle diverse espressioni (artistica, musicale,
teatrale, antropologica, politica e della cultura), da Dott. Susanna
Verri, psichiatra e psicoterapeuta e da Dott,Luciano Eletti,
filosofio e studioso delle nuove scienze umane. Si prevedono anche gli
interventi del Dott.Nicolò Ferrari, ricercatore dell'asistema in-Assenza
e di altri componenti dell'équipe scientifica del Centro Studi
Assenza. Lisetta Carmi parteciperàin veste di pianista della Musica
in-Assenza.
Il I
Seminario si terrà
Giovedì
22 novembre 2000 alle ore 18,30 precise
nell'aula-teatro
del Centro Studi Assenza, via Stromboli 18, Milano.
I successivi
seminari si svolgeranno secondo il seguente calendario:
II Seminario 20
dicembre '01 ore 18,30
III Seminario 17
gennaio '02 ore 18,30
IV Seminario 14
febbraio '02 ore 18,30
V Seminario 14
marzo '02 ore 18,30
VI Seminario 11
aprile '02 ore 18,30
VII Seminario 09
maggio'02 ore 18,30
VIII Seminario 13
giugno '02 ore 18,30
La partecipazione a
un Seminario è libera. Sono previste due quote differenziate di
iscrizione al corso, l'una intera di L.380.000, l'altra ridotta di L.160.000.
L'Associazione Centro Studi Assenza mette a disposizione 5 iscrizioni
gratuite a chi ne faccia motivata richiesta.
Rivolgersi alla Dott. Susanna Verri o alla Dott. Anna Lafranconi per ulteriori
informazioni.
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