Prima unità assente

1    La fase dell'Inizio dell'(essere) assente: l'esperienza astratta e concreta d'una condizione mai prima esistita

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                                                                                                             Il gesto per il cui tramite il corpo-mente (in-Assenza) pensa,

 si nutre unicamente del folle scarto  che è abissale apertura a sé:

 su niente poggia se non sull'infinita ricchezza

che gli deriva dall'essere tutt'altro, compiutamente.   (P. F.) 

                                                                                                             

Del pensare e dell'assenza

Ha poco senso per me considerare di non poter essere altro, affatto diverso da me e che la realtà sia tutta lì di fronte estesa e distesa e io, fermo di qua, la osservi e la giudichi.

Mi sembra sciocco pensare che io sia entro me e l'altro di fuori; e che tutto funzioni così.

Che quel rumore risuoni là e io, qui, al calduccio della mia persona, ascolti e discrimini invece che andar fuori e, così fuoriuscito, mi tralasci essendo tra quei rumori, io rumore insieme con gli altri.

Mi sembra perciò saggio pensare di poter viaggiare oltre me; non essere prigioniero né del nome né dell'origine.

Non mi è ormai estraneo il pensarmi slegato da ogni vincolo della materia che ho conosciuto, differente e, al medesimo tempo, tutt'uno con me; mancante ulteriormente di tale equivalenza, affatto differente da me, privo di qualsiasi persona che abbia attinenza con l'essere me. Credo pertanto d'appartenere all'ordine di nuova specie dell'essere e dell'esperirmi quale altro e un altro ancora a seconda di come gli eventi si manifestino - se per necessità o per caso - , ovvero a seconda di come io stesso li guidi contribuendo a costruire una realtà complessa e molto meno ingombrata e ingombrante rispetto a quella finora conosciuta, una realtà che abbiamo sopportato e che ci ha recato notevole intralcio e non poca sofferenza.

Ma gli uomini se ne stanno lì immoti, privi di vita e inquieti a parlottare della cosa e a pensare con quella proiettata lì fuori ritenendola vera: essi non hanno esistenza reale. Non c'è cosità; niente ha esistenza fissa e concreta come finora è stato creduto; al centro sta l'immenso vuoto che mi è consono; riconosco in-assenza quanto in me è schiuso e vibrante e, così essendo, ne ho beatitudine.

Eppure gli uomini non si stancano di considerare vera la cosa di cui essi, con la realtà che li contraddistingue, sono impastati; oggetti concreti, fattisi cosa della cosa agiscono secondo il dettame di questa: non c'è stato altro al mondo se non l'oggetto concreto (il corpo e la cosa) ed eventualmente il suo opposto; questo tuttavia non si discosta poi molto dall'idea che proviene dall'emanazione elementare che connota lo spirito e la mente. Si tratta di proprietà intrinseche all'universo che tutti conosciamo; ad esse attribuiamo in sovrappiù valori speciali, senza considerare il fatto che non diversamente dal corpo e dalla cosa anch'esse hanno impresso il tragico difetto di stipare anche lo spazio più piccolo che abbia l'imprudenza - e l'impudenza - di mostrarsi aperto e beante.

Perciò gli uomini in realtà hanno conoscenza di ben poco; neppure loro è palese e a portata di mano la disposizione a pensare e ad operare perché un'esistenza non fissa si manifesti, e questa non sia ottusa a causa dell'insistenza della cosa e persino della stessa esistenza che agli uomini concerne (composta della cosa medesima): non appaiono ancora pronti ad accedere dove io sono, o non sono - ciò non è in opposizione; in questo luogo, dov'è lecito entrare e partecipare d'altro, dell'assolutamente altro; luogo che ho chiamato Assenza*, e recentemente in-Assenza. Qui c'è dovizia di consapevolezza e d'affetto oltre il limite del senso e del consenso usuali, alla cui ben modesta potenzialità referenziale e comunicativa e alla cui scarsa facoltà generatrice il mondo - l'oggetto pensato e abitato - fin dall'inizio sembra essere destinato.

                                                                               (Da: Paolo Ferrari, In-Assenza, 2001)



* Recentemente - siamo nei primi mesi del 1998 - in-Assenza, come luogo meno vuoto (astratto), più vibrante d'altro senso e d'altra materia.