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131a. La cosa, l'anticosa e la morte.

Il nuovo sistema - il sistema (biologico) dell'Assenza - genera per conto proprio il suo ecosistema, ovvero simultaneamente a sé produce l'adattamento (al mondo), dando luogo a quell'universo che gli è necessario al suo fine e al suo mezzo.

Il sistema assente dà luogo a un mondo simultaneo a sé medesimo, relativo alle cose del mondo, a quelle cose che sono già prive della 'cosità' simultaneamente all'incontro con l'assenza - con l'anticosa (del mondo).
Generandosi l'anticosa (al mondo) si genera l'antimorte, ch'è la non necessarietà del morire, al fine di (far) tacere la cosa.

La cosa, i corpi solitamente muoiono per accumulo di cosa; è necessario il loro morire affinché la cosa tenti, in tal modo, di appassire, di sparire: ma la morte consueta non è morte reale, non è il silenzio della cessazione: la morte consueta è blocco dell'accumulo di cosa, è intoppo; si muore perché il sistema è intralciato, si nasce per l'identica ragione. Tolto quell'inciampo cessano d'essere al mondo le vite e le morti, così come finora sono state.

(Da: Paolo Ferrari, Numeri, 1991-'92)

 

 

 

150a. Il mondo che pensiamo, vediamo, abitiamo è certamente l'unico o il miglior mondo possibile, stanti così le cose, ovvero stando così la struttura psicofisica dell'essere che pensa e abita quel mondo. Tuttavia, in una prospettiva in cui quell'essere capace di quell'unico pensiero venisse meno, ovvero fosse sostituito da un essere capace d'un ulteriore (e dissimile) attività pensante, non legata alle modalità secondo le quali è organizzata finora la mente di colui che osserva e giudica, allora quel mondo che poniamo, vediamo, abitiamo non sarebbe l'unico, né il migliore possibile. Anzi, quel mondo verrebbe vissuto e conosciuto come mondo non connaturato (al nuovo abitante), come ambiente ridotto, incompleto rispetto alla nuova e più ampia capacità d'osservazione e d'esperienza.

E' stato necessario che l'attività superiore del vecchio essere pensante si organizzasse in modo differente, che il pensiero si raccogliesse meglio attorno a un punto più profondo e centrale, che la visione si destrutturasse dall'essere simmetrica, che anziché la cosa ne fosse esperita l'assenza, che fosse il nulla al posto del mondo, perché tutto fosse cambiato.

Il vecchio pensiero continua a vedere il vecchio mondo così com'era prima della trasformazione; il nuovo pensiero con il nuovo linguaggio produce ad ogni istante un nuovo mondo, il migliore possibile secondo l'attuale più ampia e articolata esperienza, alla quale nulla è necessario perché essa così sia, ovvero in-differenza.

 

(Da: Paolo Ferrari, Numeri, 1991-'92)