Introduzione

C'è sembrato opportuno, anzi indispensabile, che ad Europa, il poema dell'Assenza, fosse anteposta una premessa almeno, un preludio in forma di spiegazione che ne anticipasse anche di poco il significato e introducesse al miglior ascolto chi si appresta alla sua fruizione.
E' importante che chi legge e ascolta lo svolgersi dell'andamento e delle infinite variazioni comprese nelle vicende di Europa - che ha in sé una particolare forma di espressione epica e musicale - nel modo migliore si disponga nella mente e nel corpo ché Europa è il principio nuovo del nuovo, d'un mondo non mai conosciuto né vissuto. Il poema è composto di sviluppi che avvengono nel tempo e oltre il tempo, nello spazio e oltre lo spazio, in una dimensione di luogo e di tempo sue specifiche e del pensiero che le sorregge e le sprofonda.
Ogni istante del poetare è vuoto, è, pertanto, inafferrabile alla logica e alla tensione normali della mente che sarebbe indotta, dal suo stare consueto e attuale, a perdersi, a lasciare - a non comprendere in sé ciò che è nuovo e diverso - a non aprirsi se non fosse fortemente sospinta a vigilare: ogni istante è vuoto ed è il luogo dove nasce un tutto, un intero, il quale, a sua volta, è suddiviso in infiniti interi - tutti i niente - tòpoi dell'inesauribilità, della complessità dei mondi vuoti e simultanei.
Europa anticipa il mondo e lo pone in esistere. In esso è già il futuro e la cosa-non cosa - che compone il nuovo mondo d'altra materia - sta nel suo posto appropriato mille volte cangiante - è annullata la radice consueta di cosa: infiniti sono i nulla che coniano il reale di specie dissimile, un poco o del tutto discosto da quello attuale, più profondo e vincolato al centro, donde ha origine la natura altra, la nuova radice meglio adatta alla facoltà rinnovata del vivere che nel poema è prospettata e in chi legge nel miglior modo persino è già esperita.

Europa intende porre fine al limite ineluttabile, incoercibile che la mente e il soma dell'uomo portano fisso entro le loro più riposte fibre: che mai possa essere (il) niente, ovvero che mai possa esistere qualcosa di diverso, di realmente diverso da quanto già è, da quanto, cioè, è visionato, recepito - costruito dall'attività nervosa superiore - entro la mente che è ancorata ad arcaiche modalità della reazione, della conoscenza e dell'esperienza.
Pensare è per l'uomo attuale - per la specie Homo sapiens sapiens - obbligatoriamente pensare un alcunché, non c'è possibilità per esso di pensare (il) niente, di pensare vuoto, di pensar nuovo. La struttura pensante e vivente della specie 'immatura' cui appartiene l'uomo attuale è di stretta derivazione animale, con le limitazioni intrinseche a quella. Non l'intero passaggio è stato compiuto nel senso dell'astrazione, del distacco nell'ultima fase dell'evoluzione, quella che attraverso progressive tappe dell'encefalizzazione - il completamento evidente della struttura biologica del cervello - ha dato luogo alla specie attuale, per mezzo dell'attivazione del linguaggio articolato e verbale, e della mediazione dell'intelligenza astratta, con i quali il mondo ha incominciato ad essere costruito nella sua dimensione più formata, secondo equilibri maggiormente modulati divenendo con la nuova relazione idoneo a ricevere gli sviluppi ulteriori della specie.
Ma se pure, com'è nella nostra tesi generale e com'è raccontato in Europa - dove tutto il presente, passato e futuro si specchiano e nuovi s'evolvono - , un'evoluzione sufficiente della materia biologica s'è avuta - capace in potenza d'altro, rispetto a quanto finora è dato di vedere - non altrettanto è maturato nella specie il livello della sua espressione: l'attività nervosa superiore è imbrigliata in vecchi legami, l'attività del pensare è povera e precaria; il linguaggio è misero, l'affetto è scadente e il sesso - il vecchio e onnipotente sesso bisognoso di continua affermazione - fa da padrone ogni tanto inframmezzato da qualche colpo dell'intelletto o dell'attenzione. Manca di profonda reattività il sistema nervoso: il pensare è fioco e mal distribuito nella totalità del soma; il corpo è sordo e lento, e non ha sentimento: la coscienza è timida e racchiusa un una zona limitatissima dell'intero.
Il linguaggio non è mai mutato nella sua radice; sempre l'identica lingua parla l'umano, da qualunque parte la si rigiri e la si disponga, o la si manipoli. Essa poggia, difatti, sullo schema mai rinnovato d'un corpo abitato da un io entrambi non diversi da quelli che nacquero all'inizio.
Quel corpo e quell'io - quell'io fisico - sono fissati in un luogo ch'è stabilito, trascinati lungo una dimensione del tempo che non cambia e che mostra il suo battito sordo e privo d'un significato accettabile e costante.
L'inconscio - il mondo oscuro e sottostante, fatto di paura e di ostilità, in uno stato perenne di coazione - ha quasi per intero occupato lo spazio, ben poco permettendo ad altro di compiere un passo.
Allora la 'cosa' è sovrana: 'cosa' è l'universo, 'cosa' sono l'Essere e il pensiero e nulla d'altro è possibile all'esistenza; un sentimento di chiuso, di saturo domina, fin dal principio, l'intera estensione del cosmo.
Con Europa scopriamoli il niente, l'assenza, la vita che è altra da morte; la cosa che è altra da cosa: la luce che vibra d'assenza e di nulla nell'aprirsi della cellula, di ciascuna particella d'un corpo ch'è vivo, non saturo, attraversato da un pensare che è altro da spirito e da cosa, vuoto di immagine concreta, seppure non privo d'una materia che si genera appena raccolta dalla scrittura all'istante.

Non è vero che il mondo che vediamo e viviamo sia il migliore dei mondi possibili così com'è detto essere, in scienza soprattutto, senza possibilità di altre soluzioni. Da quanto andiamo dimostrando è quello attuale sì l'unico mondo possibile e, forse, il migliore, ma soltanto se è data la realtà come unica e immutabile così come finora è esperita e pensata. Ma l'essere che pensa la realtà è, a nostro avviso, soltanto l'espressione d'una tappa di quanto può produrre l'attività pensante; espressione, come detto, d'un pensiero che s'è bloccato e, di conseguenza, fissato in stadi non a sufficienza evoluti a comprendere in modo più complesso, affettivo e con la giusta e matura astrazione la realtà di sé e quella fuori di sé.
Se così è, e così riteniamo che sia poiché è nostra esperienza e conoscenza quotidiana - così come in Europa è esplicitato - allora il mondo - tutta la realtà esistente - è ben diverso e più ampio di quello finora conosciuto; il mondo che abbiamo conosciuto finora non è affatto il migliore dei mondi possibili; anzi è un mondo molto limitato e abbruttente per ciò che è la facoltà attuale della specie, racchiusa entro il confine della cosa; ma ancora di più lo sarebbe se altrimenti non fosse lo sviluppo, in particolare, delle relazioni complesse e assenti, come in Europa sono espresse, per le quali la realtà s'adatta ad essere altra, si modella nel modo più ampio del solito finito, abitata da uno stadio di vita e del pensare oltre l'intoppo subìto, una volta che la specie si sia fatta giustamente matura dell'Assenza.
Manca all'attuale fase dell'evoluzione una più vasta ideazione; soprattutto un'ideazione che sappia esserci su più piani all'istante e che sia capiente a sufficienza e vuota, capace di contenere ciò che è differente, ciò che è altro, tutt'altro da quanto finora nel pensiero o nel soma s'è verificato.
Occorre - ed Europa lo scrive e lo attua - una mente che sia almeno duplice, ma non scissa, aperta ad essere altra, e non ostile a ciò che accade al di là del suo schema categoriale. Ché il pensare e la mente si schiudano e raddoppino almeno il loro comprendere, in modo tale che la differenza - l'assoluta diversità - si faccia compagna, invece d'essere respinta perché straniera, perciò aliena e distruttrice.
In Europa il mondo è duplice ed è della più ampia differenza; è esso stesso il differire, l'essere Altro, l'essere e lo stare del nulla, d'un nulla speciale, fatto dell'anti, dell'anticosa - quando la cosa e l'umano si sono rivoltati sul loro asse e sono come scesi in avanti e, così mossisi come per venire al mondo, hanno perduto dell'antico impatto duro e contrario.
Cosiffatta nel mezzo la realtà è sorgiva, composta di più ampie e numerose relazioni che libere abbondano nell'universo ed è sufficiente dare loro uno sguardo appena attento per raccoglierle tutte e conoscere il mondo.
Di queste relazioni a ogni passo Europa è ricca e orgogliosa le mostra perché siano continuamente apprese.
Il lettore è invitato a questa fonte che mai s'esaurisce. Ogni volta che ne beve, di nuovo la realtà e lui stesso ne nascono, l'ideazione che lì è scritta mai si spegne, e non occupa spazio e non introduce rumore: è l'ideare senza soggetto e senza oggetto, è puro pensare che si sostanzia quando s'origina e pone il reale. Il mondo è questo, Europa è il suo dire composto della stessa sostanza uguale al pensiero che, al suo manifestarsi scompare, perché non necessaria, non della necessità satura della paura che ha costretto finora la vita a non terminare - a (poter) nascere compiuta (e assente).

 

Con Europa si segna e si attua - è nostra precisa intenzione - il superamento dell'antica forma del poetare e del fare il mondo. Ci siamo posti oltre il confine, fuori dei limiti con i quali la forma - l'ossessione della forma della civiltà occidentale - ha tenuto in piedi la realtà finora esistita.
In Europa si va al di là della forma consueta, oltre il muro del contenuto, del significato, per dar senso ed esistenza ad altro, all'Altro, alla nuova condizione della vita (e del morire), essendo cessata l'antica modalità dell'Essere e dell'Esistere.
Con Europa - il nostro poema - si indica anche la caduta d'un muro, quello che si è finora esperito come spartiacque fra conscio e inconscio, tra vivere e morire, tra essere e non essere; analogamente, seppur nel mondo della vita consueta, negli ultimi anni è caduta una divisione di grande concretezza e di pesante ingombro qual è stata quella conservata per tanti anni dal Muro di Berlino. E il poema nasce nella sua attuazione concreta, nella sua scrittura proprio in seguito alla caduta di quel muro che ha indicato o avrebbe dovuto indicare l'origine d'un mondo nuovo, d'una nuova Europa senza barriere, senza ostilità. Specificatamente prende lo spunto da una conversazione piacevole e sottile con il sig. Conti, dello staff editoriale, nella quale si era osservato come l'Europa - l'antica nostra Europa, rinnovata dagli avvenimenti dell''89 - non avesse un poeta, non un'epopea del presente che raccontasse il luogo e il tempo cui stavamo andando incontro.
In realtà, oggi, 1993, il tempo e il luogo non hanno prodotto quella novità di libertà e di pace che ci si aspettava, forse, con troppa superficialità e spinti da un desiderio un poco immaturo, quell'illusione che le cose concrete si portano appresso, d'una loro immediata e radicale modificazione in seguito ad avvenimenti che, invece, giacciono limitati tra gli eterni accadimenti della Storia e soltanto la scuotono un poco - sussulta la Storia. In realtà nulla d'altro è stato possibile finora, nulla è mutato davvero perché la realtà è racchiusa e fissata nel suo minuscolo campo pigro, indolente e timoroso al cambiamento, per di più a quello ch'è radicale, che è valido per noi, che in Europa è scritto e attuato, il finire conosciuto, il cessare dell'esistenza nota, per il quale l'azione nuova e profonda è nel modo ch'è già stato l'estinzione del vecchio soma e dello spirito perché davvero l'Altro e la sua Assenza abbiano il tempo e lo spazio opportuni e dovuti.
Perciò il lettore sappia nell'approssimarsi e nel partecipare del nostro poema che in esso troverà la più radicale innovazione e sovvertimento della realtà mai fino ad ora ideati e compiuti, e che si troverà di fronte a un compito arduo, quasi impossibile ad essere assolto - lo era del tutto fino a qualche tempo fa, fino a quando 'Europa' e altre opere dell'Assenza non erano ancora state composte e, pertanto, la via era oscura, se non, per la maggior parte, occlusa - che è quello di tenere con sé l'interezza (del poema) - pur considerato nelle sue parziali sezioni - perché quell'interezza richiede una mente vigile e capace, una mente rinnovata - e vuota - adeguata alle entità fatte di forma e contenuto sostanziati in altra materia che mai s'esaurisca e, che nel mostrarsi, subito sparisca.
Comprenderà il lettore come l'intero sia ampio e sia a più sistemi simultanei, e come la memoria che ha sempre usato non gli sia da supporto a sufficienza, ché quella era meccanica, poco affettiva, una memoria fatta d'oggetti, mentre ora occorre un campo più largo, una memoria non fissa perché liberamente il poema s'iscriva e si faccia ogni volta che chi legge arretri dalla cosa e un poco, almeno, il pensare si modelli sull'impronta del nulla (nuovo) e dell'amorevole vuoto.
Indìzi di struttura.
Europa non ha struttura da mostrare in modo evidente: non l'è necessario.
Origina naturale e spontanea, ma per nulla casuale; è libera sì dai legami con cui il mondo consueto trattiene pensieri e cose al fine della propria o della loro esistenza; è vincolata unicamente - come già largamente esplicitato - a sue proprie leggi, che, pure, a mano a mano, per sé forma, come ad esempio i legami per assenza.
Nasce vuota e in ciò ha inizio: non uno solo degli inizi, ma infiniti sono i suoi principiare; vuoti i livelli su cui Europa poggia, due-tre dei quali mostra in modo esplicito: il primo (01), il secondo e il terzo (02, 03).
Sono i livelli dell'ascolto e del silenzio, di larghe maglie del nulla, su cui poggiare, donde iniziare, ognuno dipendente dagli altri e, al medesimo tempo, svincolato da essi.
Se la mente fosse capace di essere due, tre - di duplicarsi, triplicarsi o altro - , allora potrebbe anche raccogliere nel medesimo campo la differenza dei livelli, scoprendo così il generarsi d'un piano insieme con l'altro, nella cui relazione il mondo è ancor più libero d'assentarsi.
Sono premessi alcuni titoli che indicano in modo generale un argomento del quale il poema è nel pensare.
Termina Europa attratta da un nulla speciale, nel quale s'arresta, senza che sia necessario.
Addentrarsi e concludere senza addensare, in finire ...... assenza oltre la quale s'ascolta il gran differire pronto a cessare.

 

Gli stadi dell'opera.

Europa è l'ultimo e più recente stadio di un'opera a più vaste dimensioni dal titolo "Evoluzione", nata alla fine dell''88, nella quale è scritta quasi giorno per giorno, in una particolare scrittura - era per era, ciclo per ciclo - la profonda mutazione, assente al mondo evidente, che s'era iniziata producendo il radicale cambiamento dell'Assenza. Mutazione, per altro, che risale molto all'indietro e nella sua evidenza storica possiamo indicare il suo principio nei lavori teorici e sperimentali che, verso la fine degli anni '60, l'Autore fece circa i procedimenti dell'Inibizione condizionata nell'apprendimento.
A Europa seguiranno altri scritti; uno, già in preparazione, nella forma e nel contenuto di tipo teoretico. Altri, in altri linguaggi e su differenti livelli, atti a contenere e a dare luogo e tempo alla nuova condizione che sta interessando alle radici il pensiero e la struttura della vita (e della morte) della specie, al fine di renderli vuoti e compiuti, più amorevoli e aperti per intero - come ci auguriamo e come noi stessi sperimentiamo di quel mondo che quotidianamente, lì fuori, si costruisce insieme con noi e, più in là, autonomo, da sé assente e altro.

Secondo il nostro parere e come in Europa è concepito, l'evoluzione non attua un'idea più vasta, a numerose dimensioni, nella quale sia possibile comprendere la complessità che impone l'assunzione su di sé della diversità, della reale alterità ovvero dell'Assenza. Nessun organismo è, per ora, in grado di dar forma e sostanza a un'idea più ampia dell'Uno, disposta a contenere l'Altro diverso da sé, separato, ma non scisso, che abbia di conseguenza la comprensione nel medesimo luogo e nel medesimo tempo di Due (o più) unità distinte, separate l'una dall'altra, eppure totalmente presenti a sé e all'altro.
L'attuale condizione del pensiero prevede come sua facoltà di grande importanza la possibilità d'una comprensione unitaria, d'una mente intera, ma unica, capace di immettere in un unico tempo e in un unico spazio la frammentarietà più semplice, priva di completezza cui la materia ha tendenza, causa d'una sua propensione alla disorganizzazione e separatezza a maggior grado d'entropia, che è aumento della destrutturazione ovvero dell'annichilimento (negativo).
La struttura mentale della specie Homo sapiens sapiens non è matura; è come se la sua costruzione si fosse fermata a metà e qui non si fosse mai più ripresa e completata. Essa riesce a malapena a raccogliere in un un unico spazio, un unico tempo, in uno schema, in un pensiero quella tendenza descritta alla negazione, ma di più non può. La diversità, la piena alterità, è esclusa, per ora. La mente non è due, non si fa in due, se non nei casi della patologia quando essa stessa è scissa ed è parte del mondo inconcluso e destrutturato della persona malata.
In Europa la mente s'è fatta complessa, a più unità, nelle quali il diverso è contemplato; anzi, solamente la diversità dall'attuale - che è ormai l'antico - , l'Alterità, la nuova radice del pensare e del cantare, del ragionare sono comprese in uno spazio mentale e psicologico che s'è modificato all'uopo, adatto a modellare il mondo nuovo, non più fissato nella semplice dimensione unitaria - luogo della difesa e dell'antico timore paranoide - bensì aperto a poter essere compiuto a più dimensioni simultanee (e assenti).
Allora, non è verosimile che il mondo così come è quello attuale sia il migliore dei mondi possibili, ovvero l'unico; è piuttosto vero, invece, che il mondo attuale sia soltanto l'espressione di quanto finora l'apparato nervoso del sistema biologico con le sue implicazioni mentali e psicologiche e linguistiche è riuscito a produrre.
Europa è, pertanto, il livello del mondo nuovo, capace dell'assenza, di quel pensare e di quell'azione privi della forma costrittiva - della forma a difesa delle cose - , libero della natura arcaica del cervello - dell'attività modesta e incompleta delle strutture superiori - , avendo in sé i semi del nulla, del linguaggio ch'è astratto, non perché separato dal suo oggetto, non perché si è allontanato da quello per respirare, per avere spazio e distanza rispetto la cosa, ma che è tale perché tanto capiente, affettivo e duttile da toccare vuota, chiara e silenziosa quella materia che, allora, s'apre, avviandosi a farsi sentire, raccogliere e completare nella più pura alterità e assenza.
 
L'attività inconscia è quell'attività che più di ogni altra ha occupato, fino ad ora, lo spazio dell'umana specie; sopra le altre attività essa ha prevalso, indirizzando la coscienza sui sentieri da sé tracciati; non permettendo che fosse per davvero formato un livello capace del libero pensare, non condizionato nel suo interiore da un'attività pulsante e perenne che ad ogni passo ha come la necessità d'interferire secondo la propria natura che è quella dell'occultamento, dell'omissione piuttosto che non quello della chiarezza, - dell'idea chiara e distinta - , della proposizione articolata e complessa.
Proprio da tale condizione del vivente, a nostro parere, è messo in moto il meccanismo che convoglia lo stato di morte entro i corpi e gli spiriti. E' dell'inconscio la spinta a rendere pieni gli interstizi, ad impegnare spazi e tempi di realtà fatte di cose concrete e banali, vacanti e superflue, cose prive della giusta misura e d'un contenuto capiente di significato.
La realtà umana quotidiana è, per lo più, non significativa, priva di progettualità ad ampio respiro e, come detto, povera di contenuto e di volontà sua propria, adatta a proporre in continuazione temi e valori di cui nutrirsi in vita e in morte, eventualmente.
La vita umana si conclude, in generale, carica di peso di morte, di non compiutezza, d'infelicità; e l'attività inconscia ha dominato, lasciando piccolo margine alla razionalità, all'affetto. Poco o nulla è stato fatto, perché la sessualità, quella d'antica origine animale, sia costituita da un'attività maggiormente 'astratta', di concezione più complessa e aperta, fuori delle sue antiche origini, ora a servizio dell'intelligenza e dell'affetto, invece che chiusa in se stessa, attenta solamente alla soddisfazione del bisogno immediato legato a un'idea che si conclude, muore entro le mura erette dal sesso a propria protezione e a proprio esaurimento senza evoluzione.

Con il nostro poetare vogliamo che sia fatta, generata la cosa - com'è nella giusta intenzione del termine "poièô" - e che nasca speciale - non ordinaria - , esista un mondo oltre i confini del vecchio, appaiano un cielo e una terra d'altra natura e d'altra materia a definire un luogo dove l'origine è nuova.
Con Europa si pone un principio non dato, mai fissato, non unico, illimitato, una dimensione in cui tutto ruota ed è cangiante in ciascuna particolarissima sua cellula che, già nel suo porsi, al centro è vuota, oltre se stessa.
Con Europa è nostra intenzione far nascere una lingua non nota, diversa da quella usata, pur con le parole udite da sempre: il significato è scomparso insieme con il suo suono. Altro rimane: è la relazione complessa che anticipa il niente, un verbo annullato, al posto del quale far sorgere un affetto più ampio e sottile, più aperto, sereno e profondo, più maturo, che non il lògos.

Segue all'introduzione in parole e frasi dal significato e dal suono del discorso scritto e parlato un preludio, un'apertura d'altra specie, della specie musicale della musica nuova (del nuovo pensare); un pezzo per pianoforte doppio, ovvero per due pianoforti (vuoti) nell'identico spazio, nell'identico tempo.
E' composto anch'esso, come Europa, secondo due livelli - il livello 01, il livello 02 - per i quali il secondo livello funge come da contrappunto rispetto al primo, con il quale suona simultaneo e genera un ulteriore livello d'assenza, di vuoto, di anti suono.
E' un pezzo che è come una canzone, un augurio, un canto ad E.U.R.O.P.A, come luogo non luogo entro ed oltre il tempo conosciuto: in esso si creano sonorità assai particolari che offrono un sentimento nuovo dell'Altro e della coscienza che muta al mutare dell'universo.
A ogni nota - anti nota - corrisponde un nulla profondo fino alla vertigine, il valore d'un anti suono compiuto, staccato da ogni altro, separato dall'insieme, esso stesso il singolo tutto, concluso nell'idea ch'è libera d'immagine e da parola: E.U.R.O.P.A. è scomposta nelle sue singole lettere ed è ultimata nel ricomporsi dell'uno (e di altro) insieme complesso che è regolato da leggi sue proprie (e di altro), nuove rispetto a quanto finora s'è pensato.
In questa musica s'alternano il nuovo e l'antico linguaggio: un nulla, un tratto di spazio fra le maglie di quello; un canto nasce dall'intero sistema ch'è EUROPA, simbolo senza significato, dove a vita nuova siano condotti lo spirito e il corpo.
La parola percorre il nulla, si amplia in quel vuoto ed è contenuta, s' apre e si dilata dove (il) niente diventi lo spazio.
Quel vuoto, quello spazio è canto, voce dell'uomo - humana vox - che articola la parola anticipando il vero insieme con il verso che è pronto a cominciare.